La mostra IL CINQUECENTO A FERRARA, Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso costituisce la seconda tappa di un più ampia e ambiziosa indagine del tessuto culturale e artistico intitolato RINASCIMENTO A FERRARA 1471-1598: da Borso ad Alfonso II d'Este, vale a dire la stagione compresa tra l'elevazione della città ducato e il suo passaggio dalla dinastia estense al diretto controllo dello Stato Pontificio.
Naturale prosecuzione di Rinascimento a Ferrara. Ercole de' Roberti e Lorenzo Costa tenutasi a Ferrara a Palazzo dei Diamanti nel 2023, l'esposizione ripercorre le vicende artistiche del primo Cinquecento, dagli anni del passaggio di consegne da Ercole I D'Este al Figlio Alfonso I (1534) committente raffinato e di grandi ambizioni, capace di rinnovare gli spazi privati della corte come quelli pubblici della città. La scomparsa della generazione di Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de Roberti lascia Ferrara alle prese con la difficoltà di adottare un linguaggio più moderno, addolcito e morbido. All'inizio del nuovo del nuovo secolo si sviluppa così una nuova scuola, meno endemica e più aperta agli scambi con altri centri, che ha come protagonisti Ludovico Mazzolino, Giovan Battista Benvenuti detto Garofalo e Giovanni Luteri detto Dosso.
Mentre Garofalo e Dosso sono noti al pubblico e il loro percorso è stato approfondito in maniera organica in maniera organica in diverse occasioni espositive, per Mazzolino e Ortolano si tratta di un debutto assoluto, e quanto mai necessario per illustrare compiutamente e comprendere meglio il variegato panorama della pittura ferrarese dei primi decenni del XVI secolo.
I due maestri percorrono strade piuttosto diverse: Ludovico Mazzolino (Ferrara, 1487 - 1528), formatosi sui modelli di Ercole de' Roberti e del primo Lorenzo Costa, orienta il suo linguaggio in senso anticlassico, guardando alla pittura e alle incisioni tedesche, da Martin Schongauer as Albert Durer. Nonostante dimostri di conoscere Boccaccino ela pittura veneziana, come anche Raffaello e la cultura antica, la sua arte è sempre animata da accenti visionari e da una vitalità rumorosa che lo pone a buon diritto tra gli "eccentrici" attivi nell'Italia settentrionali. Si specializza in quadri di impeccabile fattura destinati al collezionismo privato raffiguranti scene gremite di personaggi dai tratti fisionomici caricati, quasi grotteschi, del tutto insofferenti agli ideali di grazia ed equilibrio predicato da Perugino e dai sui seguaci.
L'astro bizzarro di Mazzolino spicca con evidenza ancora maggiore quando lo si confronta con l'atteggiamento di Giovanni Battista Benvenuti detto l'Ortolano (Ferrara, 1487 - 1527), caratterizzato invece da un naturalismo convinto e sincero. Dopo l'esordio influenzato dai modi dolci di Boccacino, Costa e Francesco Francia, Raffaello. Accanto alle grandi pale d'altare eseguite nel terzo decennio, veri e propri capolavori connotati da un << classicismo>> naturalizzato per via del lume illusionistico >> (Longhi), produce numerosi quadri destinati alla devozione privata dove l'ispirazione raffaellesca si accende di suggestioni venete, evidenti soprattutto nella resa del paesaggio. Impossibile non rimanere incantati dalla spontaneità con cui l'artista si approccia alla realtà: una luce chiara isola i personaggi e indugia silenziosa sugli oggetti; nella (apparente) semplicità delle composizioni si avverte il senso dell'arcano.
Tra i riferimenti di Ortolano figura certamente Benvenuto Tisi detto Garofalo (Ferrara, 1481 - 1559). Formatosi presso Domenico Panetti e Boccaccino dimostra fin da giovane una grande intelligenza figurativa che gli consente di misurarsi tempestivamente con tutte le novità che andavano nei maggiori centri della penisola. Durante il primo decennio si accosta alla pittura veneziana e a Giorgione, per poi spostare il baricentro dei propri interessi verso l'Italia centrale. Nel corso della sua lunga carriera Garofalo è il principale interprete e divulgatore ferrarese dello stile di Raffaello, di cui comprende perfettamente la portata e di cui segue lo svolgimento con diligenza. Le sue pale d'altare, dalla maniera pacata ed elegante, popolano le chiese cittadine, mentre i preziosi dipinti da cavalletto sono presenti in gran numero in collezioni private.
Parallelamente a Garofalo si muove Giovanni Luteri detto Dosso (Tramuschio 1487 - Ferrara, 1542), uno degli artisti di punta della corte di Ferrara dove lavora. Nato nel piccolo ducato di Mirandola, esordisce a Mantova e nel 1513 si trasferisce a Ferrara dove lavora, insieme a Garofalo, al celebre polittico Constabili nella chiesa di Sant'Andrea (oggi nella pinacoteca nazionale. Durante la giovinezza la sua pittura risente dell'influenza di Giorgione e Tiziano, dai quali trae una magnifica profondità di colore e una luce tutta veneziana. All'epoca della sua prima opera sicuramente datata, la spettacolare Madonna col Bambino e santi per il duomo di Modena (1518-21), è già avvenuto un contatto con Michelangelo e la cultura romana: da qui in poi Dosso sviluppa uno stile personale, colto e divertito, grazie anche a una particolare sintonia con Alfonso I. Se Garofalo monopolizza le commissioni ecclesiastiche, Dosso è padrone del campo delle imprese ducali, in cui affronta temi allegorici, desunti spesso dall'Ariosto..
La scena della pittura cittadina non sarebbe infine completa senza le opere di Domenico Panetti, Lazzaro Grimaldi, Nicolò Pisano, Il Maestro dei Dodi Apostoli: grazie al contributo si questi maestri, presenti assieme ad altri (Fra Bartolomeo, Romanino, Amico Aspertini, Albrect Durer)