lunedì 3 marzo 2025

Silenzio parla HAMMERSHOI


 Il Trait-d'union tra una via deserta di Delft dipinta da Johannes Vermeer nella metà del XVII secolo e un'immobile scorcio cittadino colto da Edward Hopper negli anni '30/40 del Novecento è un'ovattata veduta di Copenaghen, popolata al più da uno stormo d'uccelli che attraversa un celo plumbeo, silenziosa come tutte le opere di Vilhelm Hammershoi (1864-1916).

Il suo quotidiano sobrio e solitario è protagonista sella sua prima mostra in assoluto in Italia: Hammershoi e i pittori del silenzio, a cura di Paolo Bolpagni, è in corso a Palazzo Roverella di Rovigo fino al 29 giugno.

Assorta Immobilità.


Un divano Biedermeier si staglia su una parete grigia, interrotta solo da un ritratto maschile e da una fredda lama di luce. In un altro dipinto una figura femminile è assorta nella lettura di un libro, immobile in una stanza spoglia. E poi ritratti enigmatici, talvolta di spalle, paesaggi danesi dove distese verdi, appena mosse, rivelano un timido mare sullo sfondo o sono "tagliate" da filari di alberi. I dipinti di Hammershoi raccontano una quotidianità silenziosa.


Gli interni che raffigurava erano realmente quelli della sua casa; allestiva dei veri e propri  set spostando un mobile o aggiungendo una ceramica, fino a ottenere un colpo d'occhio desiderato (fu anche a  Roma, dove partecipò alla Quadriennale del 1911 e dove realizzò l'unico dipinto di soggetto italiano, Interno della chiesa di Santo Stefano Rotondo, 1902, esposto a Rovigo),

La Danimarca rimaneva il suo "modello" preferito. Nella mostra di Palazzo Roverella alle sue opere sono accostate quelle di artisti che ne hanno subito il fascino e che hanno fatto dell'intimismo minimalista e della pensosa immobilità la loro cifra, da Umberto Prencipe a Oscar Ghiglia, Vittore Grubecy de Dragon e Sristide Sartorio, da Xavier Mellery e Fernand Khnopff, per citarne solo alcuni.

M.P.F

mercoledì 15 gennaio 2025

PAOLO MANARESI (1908-1991)


Si. è aperta a Bologna la mostra del pittore bolognese Paolo Manaresi (1908-1991),
Nella sala d'Ercole di Palazzo d'Accursio. fino al 2 Febbraio. Palo Manaresiè senza alcun dubbio tra gli artisti, allievi di Giorgio Morandi,  tra i più dotati , fu un autentico <<peintre-graveir>>  - pittore, fra i massimi dell'ambito bolognese, fu anche, grande grafico. Mio maestro all'Accademia di Belle Arti di Bologna, rivelò sempre un aria mite, gentile e affettuosa.

Un'attiviuà grafica che durò esattamente dal 1908 al 1991. Come per altri, gli avvenne ora di trasporre dipinti in acqueforti, ora acqueforti in dipinti; ma non giocò mai d'intrusioni da grafico in pitturaq e, meno che meno, di pittoricismo in grafica. Equivalenze di significato in ben definite diversità di mezzo e del suo impiego.


Primo lavoro, l'acquaforte <<paesaggio bolognese>> del 1912, ispirato da Morandi dove un equilibrio di segno e di legamenti strutturali rendono una splendida freschezza anche se il foglio ha una certa ingenuità, sarebbe dire il cauto incontro con la morsura. Seguono fogli con nature morte dove una memoria cubista, ma sottoposte,ad in riflessivo leggibile ordinamento classico; il  tratto e già più ricco di toni, di finezze dei <<rapporti>> e vario nell'apparente uniformità. Alcune acqueforti su rami (le primissime erano su zinco), sperimentano l'emergere di forme elementaari dai fondi neri, pregni di morditezza che è già uno spessore di tempo; e dell'anno - piuttosto fecondo - s'alternano apparizioni lievissime e concretissime di forme argentate su fondi chiari come <<Natura morta con vaso>>, ed altre in cui nariamente il fondo si infittisce di scuri, o per via di sottili incroci o anche solo di larghi tratti paralleli. Apparente freddo, ma già tutto un programma il  paesaggio dei colli, dal reticolo fitto continuo ma con improvvise mutazioni; mentre la natura morta con bottiglie, è già un compedio è già un compendio di futuri colloqui con uno dei soggetti solitari uscenti dal buio, accostati come esistenze umane. E ci sono anche alcune nature morte con gli oggetti ingigantiti in rapporto al foglio, meno persuasive, ma bene indicative d'una ricerca rinnonata di forma e di segno grafico che non ha mai una debolezza, un cedimento nel minimo punto.


Ecco nella paesaggio più complesso di ponderazioni formali e tonali di <<Figure e cipressi, forse mosesta ma che è un'apertura a nuovo modo di scalar forme geometriche, trovando gli appropriati mezzi neri, mezze tinte, bianchi; così come è apertura di una lunga serie di meditazioni sul fondersi di spazio tempo.

Foglio <<classico>>, di quelli che da soli possano esemplare tutto <<Manaresi>>, è il <<Paesaggio sulla valle>> del '29, strutturato con perfette forme reali divenute stratti di memoria, dominati dal bianco assoluto, vero e fantastico del fiume. Le esperienze si accumolano, sul piano espressivo e sul piano tecnico, senza alcuna materiale di <<sviluppo>>