lunedì 14 ottobre 2024

IL CINQUECENTO A FERRARA - Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso


La mostra 
 IL CINQUECENTO A FERRARA, Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso costituisce la seconda tappa di un più ampia e ambiziosa indagine del tessuto culturale e artistico intitolato RINASCIMENTO A FERRARA 1471-1598: da Borso ad Alfonso II d'Este, vale a dire la stagione compresa tra l'elevazione della città ducato e il suo passaggio dalla dinastia estense al diretto controllo dello Stato Pontificio.

Naturale prosecuzione  di Rinascimento a Ferrara. Ercole de' Roberti e Lorenzo Costa tenutasi a Ferrara a Palazzo dei Diamanti nel 2023, l'esposizione ripercorre le vicende artistiche del primo Cinquecento, dagli anni del passaggio di consegne da Ercole I D'Este al Figlio Alfonso I (1534) committente raffinato e di grandi ambizioni, capace di rinnovare gli spazi privati della corte come quelli pubblici della città. La scomparsa della generazione di Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de Roberti lascia Ferrara alle prese con la difficoltà di adottare un linguaggio più moderno, addolcito e morbido. All'inizio del nuovo del nuovo secolo si sviluppa così una nuova scuola, meno endemica e più aperta agli scambi con  altri centri, che ha come protagonisti Ludovico Mazzolino, Giovan Battista Benvenuti detto Garofalo e Giovanni Luteri detto Dosso.

Mentre Garofalo e Dosso sono noti al pubblico e il loro percorso è stato approfondito in maniera organica in maniera organica in diverse occasioni espositive, per Mazzolino e Ortolano si tratta di un debutto assoluto, e quanto mai necessario per illustrare compiutamente e comprendere meglio il variegato panorama della pittura ferrarese dei primi decenni del XVI secolo.

I due maestri percorrono strade piuttosto diverse: Ludovico Mazzolino (Ferrara, 1487 - 1528), formatosi sui modelli di Ercole de' Roberti e del primo Lorenzo Costa, orienta il  suo linguaggio in senso anticlassico, guardando alla pittura e alle incisioni tedesche, da Martin Schongauer as Albert Durer. Nonostante dimostri di conoscere Boccaccino ela pittura veneziana, come anche Raffaello e la cultura antica, la sua arte è sempre animata da accenti visionari e da una vitalità rumorosa che lo pone a buon diritto tra gli "eccentrici" attivi nell'Italia settentrionali. Si specializza in quadri di impeccabile fattura destinati al collezionismo privato raffiguranti scene gremite di personaggi dai tratti fisionomici caricati, quasi grotteschi, del tutto insofferenti agli ideali di grazia ed equilibrio predicato da Perugino e dai sui seguaci.

L'astro bizzarro di Mazzolino spicca con evidenza ancora maggiore quando lo si confronta con l'atteggiamento di Giovanni Battista Benvenuti detto l'Ortolano (Ferrara, 1487 - 1527), caratterizzato invece da un naturalismo convinto e sincero. Dopo l'esordio influenzato dai modi dolci di Boccacino, Costa e Francesco Francia, Raffaello. Accanto alle grandi pale d'altare eseguite nel terzo decennio, veri e propri  capolavori connotati da un << classicismo>> naturalizzato per via del lume illusionistico >> (Longhi), produce numerosi quadri destinati alla devozione privata dove l'ispirazione raffaellesca  si accende di suggestioni venete, evidenti soprattutto nella resa del paesaggio. Impossibile non rimanere incantati dalla spontaneità con cui l'artista si approccia alla realtà: una luce chiara isola i personaggi e indugia silenziosa sugli oggetti; nella (apparente) semplicità delle composizioni si avverte il senso dell'arcano.

Tra i riferimenti di Ortolano figura certamente Benvenuto Tisi detto Garofalo (Ferrara, 1481 - 1559). Formatosi presso Domenico Panetti e Boccaccino dimostra fin da giovane una grande intelligenza figurativa che gli consente di misurarsi tempestivamente con tutte le novità che andavano nei maggiori centri della penisola. Durante il primo decennio si accosta alla pittura veneziana e a Giorgione, per poi spostare il baricentro dei propri interessi verso l'Italia centrale. Nel corso della sua lunga carriera Garofalo è il principale interprete e divulgatore ferrarese dello  stile di Raffaello, di cui comprende perfettamente la portata e di cui segue lo svolgimento con diligenza. Le sue pale d'altare, dalla maniera pacata ed elegante, popolano le chiese cittadine, mentre i preziosi dipinti da cavalletto sono presenti in gran numero in collezioni private.

Parallelamente a Garofalo si muove Giovanni Luteri detto Dosso (Tramuschio 1487 - Ferrara, 1542), uno degli artisti di punta della corte di Ferrara dove lavora. Nato nel piccolo ducato di Mirandola, esordisce a Mantova e nel 1513 si trasferisce a Ferrara dove lavora, insieme a Garofalo, al celebre polittico Constabili nella chiesa di Sant'Andrea (oggi nella pinacoteca nazionale. Durante la giovinezza la sua pittura risente dell'influenza di Giorgione e Tiziano, dai quali trae una magnifica profondità di colore e una luce tutta veneziana. All'epoca della sua prima opera sicuramente datata, la spettacolare Madonna col Bambino e santi per il duomo di Modena (1518-21), è già avvenuto un contatto con Michelangelo e la cultura romana: da qui in poi Dosso sviluppa uno stile personale, colto e divertito, grazie anche a una particolare sintonia con Alfonso I. Se Garofalo monopolizza le commissioni ecclesiastiche, Dosso è padrone del campo delle imprese ducali, in cui affronta temi allegorici, desunti spesso dall'Ariosto..

La scena della pittura cittadina non sarebbe infine completa senza le opere di Domenico Panetti, Lazzaro Grimaldi, Nicolò Pisano, Il Maestro dei Dodi Apostoli: grazie al contributo si questi maestri, presenti assieme ad altri (Fra Bartolomeo, Romanino, Amico Aspertini, Albrect Durer) 





















venerdì 31 maggio 2024

BIENNALE DONNA, 40 anni dalla parte delle artiste

 La parola, il corpo, la comunità. Tre termini che costituiscono l'impianto della  edizione di Biennale Donna (fino al 30 giugno), rassegna storica legata a Ferrara che quest'anno celebra quarant'anni di attività con il titolo Yours in Solidarity - Altre storie tra arte e parola, a cura di Sofia Gotti e Caterina Iaquinta, e presenta il lavoro di sei artiste negli spazi di Palazzo Bonacossi: Binda Diaw, Amelia Etlinger, Bracha L, Ettinger, Sara Leghissa, Muna Mussie e Nicoline van Harskamp.

Biennale è un progetto che nasce nel 1984 e incarna quell'arte necessaria, urgente, orizzontale che si fa gesto politico e civile, riflessione collettiva, strumento di formazione critica. Una Biennale dedicata alle artiste, ma che attraverso loro parla anche della parità di genere come diritto universale. Una questione che non riguarda solo le donne, ma che in loro trova figura simbolica. La storia della Biennale, infatti, nasce  dalla volontà tenace dell'UDI, Unione Donne in Italia, associazione femminile tra le più importanti in Europa, nata dalla volontà nel 1944, celebrata in mostra con documenti d'archivio, pubblicazioni, stendardi e fotografie. Biennale Donna rappresenta un caso unico in Italia, un progetto che ha continuato il lavoro iniziato da figure come Mirella Bentivoglio, Carla Lonzi e Romana Loda, e da collettivi tra cui Rivolta Femminile, Il Gruppo del Mercoledì, la Cooperativa del Beato Angelico. Se oggi le artiste hanno conquistato una certa cittadinanza e voce nel mondo dell'arte, negli anni Ottanta non era così, e il mondo di arte femminista, dopo la propulsione degli anni Settanta, sembrava aver perso energia e forza. Nel tempo la Biennale ha invitato artiste appartenenti a geografie lontane, ha aiutato nel riscoprire figure meno note ma fondamentali come Ketty  La Rocca, ha dedicato omaggi a icone come Carol Rama, Patti Smith e Mona Hatoum. 

Anche in questa edizione le artiste sono molto diverse tra loro per generazioni, linguaggi e tecniche ma le lega l'obiettivo di sviluppare forme di solidarietà e di mettersi in gioco sempre in prima persona. La pratica della statunitense Amelia Etlinger (1933-1987) si basava sulla stesura di lettere in busta chiusa indirizzate a figure come Mirella Bentivoglio e Betty Danon. Parole insieme a brandelli di stoffa, materiali organici e naturali residui del quotidiano. Bracha L. Ettinger, artista ma anche teorica femminista psiconalista e filosofa, dipinge su carta e tieni quaderni nati da processi di scrittura/ pittura psico-visiva. Muna Mussie, invece italiana di origine eritrea, indaga quelle parti di memoria collettiva escluse dalla narrazionì ufficiali, collaborando con gruppi di migranti con cui realizza ricami collettivi, mentre l'italo-senegalese Binda Diaw esplora l'influenza sull'individuo di fenomeni come la migrazione, il concetto di appartenenza, la questione di genere. Poi Nicolime van Harkamp, che rilegge attraverso opere video quelle utopie politiche vhe credettero nei legami solidali e nell'autodeterminazione, mescolando voci e immagini tratte da epistolari. E per Sara Leghissa, infine, manifesti che affigge sui  muri di città da Roma a Marsiglia, che contengono estratti dei suoi dialoghi con comunità marginalizzati: gli studenti, per esempio. La sua parola si fa voce corale e il suo manifesto all'ingresso della mostra, tratto dal testo sacro del femminismo come è Against ordinary language: the language of the body di Katty Acker, si pone come cruciale <<Is the equation between destuction and gruwth also a formula for art?>>.