“Oltre. In viaggio con cercatori,
fuggitivi, pellegrini.”
<<Trovai un agente, corsi da
lui e, col fiato in gola, gli domandai la strada. Sorridendo mi disse: “Ѐ da me che vuoi sapere
la strada?”. Gli risposi: “Sì, da solo non riesco a trovarla!”. “Rinuncia,
rinuncia!” mi disse, voltandosi come quelli che ridono di nascosto.>>
Mi ha sempre
impressionato questo frammento di un racconto di Kafka, emblematicamente intitolato
Rinuncia! perché può diventare una
parabola dell’<<uomo labirintico>> (alla Borges o alla
Robbe-Grillet) che vive immerso in una rete di parole, voci, idee,
sollecitazioni. Egli naviga nel mare di Internet come un Ulisse che non ha,
però, alle spalle nessuna Itaca e, quindi, non sa dove volgere la prua della
nave per puntare a una meta.
Viaggiare è
il simbolo dell’ insopprimibile desiderio dell’uomo di trovare senso, di
superare se stesso, di vivere in pienezza. La nuova mostra di Illegio (UD) – aperta
fino al 9 ottobre 2016 – narra proprio
questo. E lo fa da subito con il suo titolo:
‘Oltre. In viaggio con cercatori,
fuggitivi, pellegrini’.
Il percorso
suggestivo e raffinato per la rarità delle iconografie e per la profondità e
l’attualità dei temi, presentati in oltre quaranta dipinti su tela e su tavola,
suddivisi in cinque sezioni tematiche, provenienti da 30 collezioni pubbliche e
private italiane e europee. Le opere scelte in un arco temporale di cinquecento
anni (le più antiche, come la tempera su tavola di Mariotto di Nardo, Storie di San Nicola, risalgono al primo
ventennio del Quattrocento, le più recenti, La
Barca di Caronte di Jose Benlliure y Gil, è datata 1919), riconducono a
quattro fonti principali – la letteratura mitologica greca e latina, la Sacra
Scrittura, la letteratura cristiana medioevale, la Divina Commedia – e
immergono il visitatore in percorsi, cammini, naufragi tormentati e ricerche
avventurose, esodi e fughe.
Il cuore
della mostra di Illegio è specialmente in alcuni capolavori, che riflettono le
diverse esperienze di mobilità umana. Uno è firmato dal grande fiammingo Jacob
Jordaens, nel 1652, La Sacra Famiglia in
fuga su una barca –
evento e
prestito eccezionale: proveniente dall’imponente Castello di Skokloster, sul
lago Mӓlaren, non lontano da Stoccolma -:
c’è tutto, in quel quadro, intensità di fede e finezza d’arte, disperati e
spensierati, passato e presente. Ѐ toccante, in effetti, rivedere in
quella scena dipinta dal maestro di Anversa il barcone sul quale Cristo viaggia
sulle rotte dei profughi di oggi. E di fuggitivi si ragiona anche davanti
all’impressionante tavola del museo Borgogna di Vercelli, dipinta da Bernardino
de’ Donati agli inizi del Cinquecento, che mette in scena Enea alla corte di Didone.
Altro
momento forte dell’esposizione è la grandiosa Adorazione dei Magi proveniente dagli Uffizi, opera di Sandro
Botticelli, del 1500 circa, tra le sue ultime opere, mistica, strana e
popolatissima, intrisa degli echi delle profezie del Savonarola. Su quella
tavola dipinta si danno convegno i cercatori di Dio del mondo intero. Quanto ai
pellegrini, ne vediamo di antichi e di recenti, tra predelle di squisita
ricchezza, come quella di
Lorenzo Monaco dal Museo di San Marco di Firenze, San Nicola che salva i naviganti, del
1415 circa, e tele che mostrano le vie della preghiera personale anche
valicando i monti, come nell’infiammato dipinto del 1859, a firma di Ferdinando
Walmüller, Il malore del pellegrino, dal Leopold Museum di Vienna. Sullo
stesso piano, di ciò che era e di ciò che è, anche La barca della vita di Domenico Morell, il quale dipinge pensando
all’Italia come a una barca impaludata. Sulla quale c’è Dante che indica la
strada infervorando i presenti.
Un ricco
nobile che sta seduto su un povero oppresso. Altra gente che pensa agli affari
suoi. E c’è solo un ragazzino che si preoccupa di disincagliare la barca e
fargli prendere finalmente il largo. Ѐ il 1859. La percezione degli
intellettuali sulla situazione italiana vedeva un glorioso passato nelle arti e
nella letteratura, una situazione sociale di immobilità e di oppressioni ancora
evidenti, forse qualche giovane che li farà ripartire. In questo percorso fatto
di ‘cercatori, fuggitivi, pellegrini’, <<la vera conclusione della mostra
– ricorda Alessio Geretti, curatore della mostra – è la sua partenza>>: ‘La Sacra Famiglia in fuga su un barcone’, di
Jacob Jordaens, scelto come ‘copertina’ della mostra. <<La barca della
Chiesa e dell’umanità. Sempre in viaggio in un mare un po’ tempestoso, tra
sereno e temporale nella ipotesi che il nostro viaggio non sia destinato al
naufragio, ma ad approdare a un buon esito>>.
Il comitato
San Floriano con le sue mostre ed attività culturali, ad Illegio ha coinvolto
tutto il paesino di 360 anime, dove si è
costruito, nel tempo, qualcosa di originale e dove tutti sono e si sentono
parte integrante di un unico piccolo-grande progetto.
Dice mons.
Angelo Zanello (presidente del comitato di san Floriano): <<Con le nostre
iniziative desideriamo diventare sempre più capaci di uno sguardo sull’universo
culturale che ha costruito la nostra civiltà.
In questa stagione in cui siamo tentati a fronte di spinte mondiali e
rintanarci nei nostri piccoli mondi chiusi, infastiditi da gente che ci obbliga
comunque a misurarci con una mondialità giunta sulla porta di casa, le proposte
illegiane obbligano a camminare su sentieri in controtendenza perché sono
sempre: un evento di comunità che supera ogni
individualismo, ogni particolarismo e ogni chiusura […].
Le biblioteche, luoghi di studio e di aggregazione,
stanno chiudendo in tutte le Università d’Italia e non solo, a Ferrara Casa
Cini tempio di giovani che amavano la ricerca, le letture e le mostre in una
profonda solidarietà la diocesi estense ha preferito disperdere tutte queste
generazioni di ragazzi e chiudere la ‘loro casa’.
Ad Illegio, insieme a 36 giovani carnici che
conducono i visitatori, ci sono giovani stranieri, con loro, per narrare le
grandi migrazioni da loro stessi drammaticamente vissute.
Dai giorni lontani dell’alluvione di Firenze e degli
<<angeli del fango>> che accorsero a mettere in salvo i capolavori,
il richiamo emotivo dell’emergenza agisce sui giovani come una molla. E ci ricorda sostanzialmente due cose. Che ragazzi,
in mezzo a mille difetti, hanno riserve pressochè inesauribili di entusiasmo di
energia. E che una società capace soltanto di umiliarli e di deprimerli,
affogando i loro sogni esistenziali in lavori sottopagati,
<<stage>> inutili, sta commettendo l’unico delitto che potrebbe
distruggerla: quella della loro speranza.
Maria Paola Forlani
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