martedì 25 maggio 2021

Turandot e l'Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba

Turandot e l'Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba (Museo del Tessuto, Prato dal 22 maggio al 21 novembre) è il frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca compiuto dal Museo sullo straordinario ritrovamento di un nucleo di costumi e gioielli di scena risalenti alla prima assoluta della Turandot di Puccini e provenienti dal guardaroba privato del grande soprano Iva Pacetti.

Un'esposizione inedita, suggestiva, multidisciplinare e di ampio respiro, che nasce grazie alla collaborazione di enti e istituzioni pubblici e privati italiani di grande prestigio che a vario titolo hanno contribuito a questo ambizioso progetto: ricostruire le vicende che hanno portato il grande compositore toscano  Giacomo Puccini a scegliere Galileo Chini per realizzare delle scenografie per la Turandot, andata in scena per la prima volta al Teatro alla Scala il 25 aprile 1926, dire da da Arturo Toscanini.

Co-organizzatore della mostra è il Sistema Museale dell'Ateneo fiorentino nel cui Museo di Antropologia e Etnologia è conservata una collezione di oltre 600 cimeli orientali di Galileo Chini - grande interprete del Liberty italiano - al rientro dal suo viaggio in Siam nel 1913 e da lui personalmente donati nel 1950 al Museo fiorentino. A questi si aggiungono importanti enti prestatori: Musei, archivi, Fondazioni e collezionisti privati.

Tutto ha avuto inizio nei primi mesi del 2018, quando al Museo venne proposto di acquistare un misterioso baule contenente materiale eterogeneo proveniente dal guardaroba del soprano pratese Iva Pacetti. Gli studi condotti dalla conservatrice del Museo, Daniela Degl'Innocenti, hanno permesso di riconoscere i due costumi e due gioielli di scena quelli disegnati e realizzati dal costumista del Teatro alla Scala Luigi Sapelli (in arte Caramba) per la prima assoluta dell'opera e indossati da Rosa Raisa, il primo soprano della storia a interpretare il ruolo della "Principessa di gelo":

Partendo dallo straordinario ritrovamento, la mostra ripercorre la genesi complessiva dell'opera e il sodalizio artistico tra il grande compositore Giacomo Puccini e l'artista amico Galileo Chini, voluto fortemente dal Maestro per la realizzazione delle scenografie.

Puccini volle affidare l'atmosfera orientale di Turandot - ambientata all'interno del palazzo della Principessa principessa Principessa Principessa cinese ad un Principessa cinese

venerdì 21 maggio 2021

La BIENNALE ARCHITETTURA 2021

 


La Biennale di Venezia 'sfida' la pandemia e apre al pubblico fino al 21 novembre 2021, la 17. Mostra internazionale di Architettura.

"Abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale. in un contesto caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da disuguaglianze economiche sempre maggiori, chiediamo agli architetti di immaginare degli spazi nei quali vivere generosamente insieme"..ed è proprio How will we live together? il tema della Mostra Internazionale di Architettura.


"Gli architetti invitati a partecipare alla Biennale Architettura 2021" dichiara il curatore Hashim Sarkis "sono stati incoraggiati a coinvolgere nella loro ricerca altre figure professionali e gruppi di lavoro: artisti, costruttori, artigiani, ma anche politici, giornalisti, sociologi e cittadini comuni. La Biennale Architettura 2021 vuole così affermare il ruolo essenziale dell'architetto, che è quello di affabile convener e custode del contratto spaziale. Allo stesso tempo questa mostra vuole affermare l'idea che è proprio in virtù della sua specificità materiale, spaziale e culturale che l'architettura orienta i vari modi di vivere insieme. E in tal senso abbiamo chiesto ai partecipanti di evidenziare gli aspetti prettamente architettonici del tema principale".


La Mostra Internazionale comprende opere di 122 partecipanti da 46 Paesi con maggiore rappresentanza da Africa, America Latina, organizzata in cinque "scale" (o aree tematiche), tre allestite all'Arsenale e due al Padiglione Centrale: Among Diverse Beings, As New Households, As Emerging Communities, Across Borders e As One Planet.

63 partecipanti nazionali animano gli storici Padiglioni ai Giardini, all'Arsenale e nel centro storico di Venezia, con 4 paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Granada, Iraq, Uzbekistan e la Repubblica dell'Azerbaijan.

Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal Ministero della Cultura Generale Creatività contemporanea, è a cura di Alessandro Melis.


Il programma della 17. Mostra è arricchito dai Meeting on Architecture, incontri con architetti e studiosi di tutto il mondo. I protagonisti cercheranno di rispondere alla domanda How will we live together? in una serie di dialoghi sulle nuove sfide che il cambiamento climatico pone all'architettura sul ruolo dello spazio pubblico nelle recenti rivolte urbane, sulle nuove tecniche di ricostruzione e le forme mutevoli dell''edilizia collettiva; sull'architettura dell'educazione e l'educazione dell'architettura, 


"L'attuale pandemia globale - ha spiegato Hashim Sarkis - ha senza dubbio reso la domanda posta da questa Biennale ancora più rilevante e appropriata, seppure in qualche modo ironica, visto l'isolamento imposto. Può senz'altro essere una coincidenza che il tema sia proposto pochi mesi prima della pandemia. Tuttavia, sono proprio le ragioni che inizialmente ci hanno portato a porre questa domanda - l'intensificarsi della crisi climatica, i massicci spostamenti di popolazione, le instabilità politiche in tutto il mondo e le crescenti disuguaglianze razziali, sociali ed economiche, tra le altre - a condurci verso questa pandemia e a diventare ancora più rilevanti. Non possiamo più aspettare che siano i politici a proporre un percorso verso un futuro migliore. Mentre la politica continua a dividere e isolare, attraverso l'architettura possiamo offrire modi alternativi di vivere insieme. La Biennale Architettura 2021 è motivata dai nuovi problemi che il mondo sta ponendo all'architettura, ma è anche ispirata dall'attivismo emergente dell'architettura per affrontare queste sfide.


Nel corso della cerimonia di inaugurazione della Biennale Architettura 2021, sabato 22 maggio 2021, sarà celebrato il riconoscimento del Leone d'oro speciale a memoria attribuito a Lina Bo Bardi: "La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell'architetto importante, come creatore di visioni collettive. Lina Bo Bardi incarna inoltre la tenacia dell'architetto in tempi difficili, siano


essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazioni e la capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza"

M.P.F.

lunedì 17 maggio 2021

CAMBIARE


 <<Cambiare>> mette in mostra questo movimento che riguarda il cosmo e le specie e le coscienze, mettendoci in ascolto della mente e del cuore di grandi artisti che hanno imparato cosa significhi cambiare nella carne viva delle loro storie personali, piene di conquiste e di ferite, e facendoci riscoprire le storie narrate delle più belle pagine della nostra civiltà: la mitologia classica, la Sacra Scrittura, la letteratura e il teatro, la storia delle rivoluzioni e delle trasformazioni dell'Occidenti. E anche il diario della nostra vita, fosse pur scritto solamente sui fogli impalpabili della memoria segreta, conserva pagine simili: visitare la mostra di Illegio (a cura di don Alessio Geretti, aperta fino al 17 ottobre 2021) sarà ritrovare qualcosa di noi stessi, sfogliando l'anima sarà come guardarci allo specchio dopo una vita che ci ha lasciato sul volto le rughe di certi momenti e quel taglio dello sguardo, inconfondibile, ereditato da qualcuno che ci voleva bene con tutta la sua forza,

Come lungo il sentiero che s'inerpica verso una cima tra panorami incantevoli, visitare la mostra è come salire quattro tornanti, corrispondenti alle quattro sezioni del percorso.

La prima dedicata all'impulso di cambiare il mondo attorno a noi, con piglio rivoluzionario, o a quello di reagire ai cambiamenti del mondo, ad esempio quando gli sconvolgimenti della natura e della storia travolgono l'uomo nella sua capacità di reagire e di ricominciare.


La seconda è centrata sui più affascinanti racconti di metamorfosi, della mitologia alle favole, che attraverso simboli e drammi colgono nel cambiamento l'essenza meravigliosa e tormentata del nostro vivere.

La terza parte della mostra ricorda storie di cambiamenti e di ritorno, fino alla misteriosa mutazione che attende ogni vivente sulla soglia dell'eternità. Sarà insomma una meditazione sulle forze che cambia l'uomo


Nella quarta sezione della mostra s'apre il panorama del cambiamento dell'arte be del suo sguardo rivolto alla scena di questo mondo, della prospettiva dei maestri antichi fino alle percezioni dell'Impressionismo e alla ricerca di una nuova profondità e di nuovi linguaggi dal Novecento in poi. Scegliendo alcuni esempi eminenti, la mostra tenta non semplicemente di indicare che l'arte cambia!

Amori fatali, misteriose grazie, sparizioni improvvise, trasformazioni mostruose, scelte drammatiche,


dolori laceranti, cataclismi improvvisi, scoperte esaltanti, non avvengono nel regno di fantasia di quei racconti e di quei dipinti: essi sono una spiegazione generale della vita. Non l'eternamente immobile, né l'aurea e perduta spensieratezza del passato, ma il domani è il luogo della pienezza. Dal riscatto degli oppressi, che deve avvenire nel tempo, fino al superamento del tempo che attendiamo nell'avvenire, la stessa fede biblica spinge con forza l'uomo a vivere guardando avanti. Mai come in questo momento storico abbiamo bisogno di imparare a farlo con nuova passione. E questa mostra tenta di suggerire la via, rammentandoci che si dipingono racconti di cambiamento per non lasciarci cambiare in peggio l'anima dalle brutte storie che abbiamo passato, o dalla rassegnazione, o dalla superficialità.

Un itinerario, insomma, pieno di colpi di scena, che consente di vivere la mostra di Illegio anche come un viaggio nella storia dell'arte, grazie alla narrazione di un percorso magico che rivela la bellezza di un magnifico contesto storico, sociologico, filosofico e spirituale che ha generato quelle opere e lo stile dei loro autori. Al tempo stesso, l'itinerario della mostra segue la raffinatezza delle figure di Antoon Van Dyck fino alla domanda spiazzante che si intravvede dentro i tagli di Lucio Fontana che incide una sua tela, ripercorrendo i messaggi insiti nei soggetti stessi delle opere e ricostruendo le vicissitudini e l'atmosfera da cui presero forma, diventa per il visitatore un viaggio nell'interiorità dell'essere umano le prove della grandezza e delle sue crisi e contraddizioni, le sue aspirazioni, i suoi timori, le aspettative del suo cuore.


lunedì 26 aprile 2021

Un pittura Femminile piccola piccola

























Un focus sulla pittura femminile nella Modena di inizio Ottocento. Un evento espositivo che rende


giustizia alle capacità espressive e artistiche delle nobildonne dell'epoca, alle quali veniva chiesto di essere aggraziate e gentili, di saper ballare, conversare in più lingue, ricamare e dilettarsi di pittura. La mostra-dossier "Una pittura femminile piccola piccola. Anna Campori Seghizzi e il suo tempo" muove dall'esame di alcune tra le opere meno conosciute delle raccolte museali della Galleria Estense, per volgere il discorso sulla condizione femminile del passato.

Si esplora, con la curatela di Gianfranco Ferlisi, un angolo poco frequentato, ma di grande fascino, delle collezioni modenesi. Spiega Martina Bagnoli, direttrice della Galleria, che le miniature di Anna Campori sono uno struggente documento di amore filiale e di solidarietà femminile. Anna visse in una società che non permise di vivere il suo talento artistico da protagonista: talento che oggi è possibile riconoscere e celebrare.


Anna Campori Seghezzi  (1781-1821) figlia di Giuseppe VII marchese di Solina, per rango e per genere potè praticare la pittura solo in maniera dilettantesca. In esposizione si trovano 37 preziose miniature realizzate in avorio, arrivate nella collezione estense grazie alla donazione della figlia Giulia Seghizzi Coccapani Imperiali (1807-1895). Sono visibili assieme a due ritratti di Adeodato Malatesta che permettono di conoscere madre e figlia e il legame privato che le legò.


Accanto sono mostrate opere di Maria Teresa Beatrice d'Austria d'Este di Chambord (1817-1886) figlia del Duca di Modena, la quale, nell'atelier domestico della corte si dedicava con molta attenzione alla medesima attività. In particolare, spicca la sua interpretazione del San Francesco d'Assisi in adorazione del crocefisso, copia da Elisabetta Sirani. La grande tela di Bernardino Rossi (Cortile di Carpi, 1803 - Modena 1865, con La Famiglia di Francesco IV d'Este, illustra Maria Teresa davanti al cavalletto mentre ritrae la sorella, Maria Beatrice Anna (1824-!906).


M.P.F.















mercoledì 21 aprile 2021

La scapigliatura. Una generazione contro


 Si è aperta a Lecco, nel Palazzo delle Paure, fino al 2 maggio 2021, la mostra "La Scapigliatura. Una generazione contro".

La rassegna curata da Simona Bartolena, prodotta da VIDI - Visit Different, in collaborazione con il comune di Lecco e Sistema Museale Lecchese, presenta 80 opere, tra pitture e sculture provenienti da musei pubblici e collezioni private, dei suoi maggiori esponenti, quali Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Giuseppe Grandi e dei loro seguaci, per approfondire i molti aspetti di una nuova tendenza che nasce letteraria per esprimersi anche nelle altre discipline.



Il percorso che si sviluppa all'interno delle sale del palazzo sul lungolago leccese, suddiviso in sezioni che indagano i diversi momenti e le differenti personalità che hanno caratterizzato la Scapigliatura, offre un momento di riflessione sulle origini del movimento pittorico, con opere di Giovanni Carnovali detto il Piccio, di Federico Faruffini e degli altri "padri" del nuovo stile, e una chiosa dedicata all'importante eredità dell'esperienza scapigliata, che aprì la strada alla ricerca dei futuri divisionisti, come ad esempio Giuseppe Pelizza da Volpedo e Giovanni Segantini.


La mostra propone un racconto a tutto tondo della Scapigliatura che parte dalle arti visive per approdare alle altre forme espressive, in complesso e suggestivo gioco di rimandi, in sensibile contrasto, i toni lievi e fioriti della pittura e il realismo tematico della scultura, conducendo i visitatori nel clima tormentato e instabile di un movimento, nato e cresciuto tra Milano e Torino ma dalle attitudini internazionali.



martedì 13 aprile 2021

JUDITH LEYSTER

 Judith Leyster


Judith o Judita Leyster, (Harlem, 28 luglio 1609 – Heemstede, 10 febbraio 1660), è stata una pittrice e disegnatrice olandese del secolo d’oro, appartenente alla scuola dell’Olanda Settentrionale, specializzata in pittura di genere e ritrattistica.

Era l’ottava figlia del birraio e tessitore Jan Willemszoon (soprannominato Leyster dal nome della sua osteria, “La stella polare”), che nel 1624 dichiarò bancarotta, e di Trijn Jaspersdr di Haarlem. Suo padre proveniva da Anversa e nel 1592 divenne membro della Chiesa riformata.

Judith fu allieva di Frans de Grebber, Frans Hals e Jan Miense Molenaer.


Già a diciott’anni fu citata in modo lusinghiero in un testo riguardante la cultura di Haarlem, anche se la sua prima opera datata risale al 1629. Nel 1633 era un membro della Corporazione di San Luca della sua città, una delle sole due donne appartenenti a questa organizzazione. A partire dal 1635 ebbe tre allievi, tra cui Willem Wouters.


Nel 1636 sposò il pittore Jan Miennse Molenaer. Da questo momento la sua produzione pittorica diminuì enormemente: probabilmente, a causa della cura dei figli (ne ebbe almeno cinque) e della casa, assistette il marito nel suo lavoro di pittore.

Poco dopo il matrimonio, nel 1637, si trasferì ad Amsterdam con la famiglia, dove rimase fino al 1649 e successivamente nel biennio 1655-1656. Nel 1648 i coniugi Molenaer acquistarono una villa a Heemstede. Nel 1649 i Molenaer ritornarono ad Harlem, dove Judit Leyster rimase fino alla morte. Fino al 1993 si credeva che l’artista si fosse trasferita a Heemstede, ma in realtà visse principalmente a Harlem.


Judith Leyster si dedicò principalmente alla pittura di ritratti e di soggetti di genere, rappresentanti scene di persone che si divertono in taverna o che suonano: temi molto popolari in quel periodo storico presso la classe media a cui appartenevano i principali acquirenti di quadri. Dipinse inoltre nature morte con fiori e frutta, che probabilmente furono ben più numerose delle poche che ci sono giunte. Il concerto, opera dipinta nel 1633 (oggi conservato al National Museum of Women  in the Arts di Washington) rappresenta un significativo esempio della produzione della pittrice, influenzata da una parte dall’opera di Frans Hals e dall’altra da Caravaggio (al quale farà riferimento soprattutto nell’esecuzione di quadri a soggetto religiosi).


La pittrice affianca un violinista, un suonatore di liuto e una cantante in una metafora della musica come gioia di vivere. Forse nei tratti del suonatore di liuto e della cantante si nascondono i ritratti della stessa Leyster e del marito. Altrettanto interessante, soprattutto per comprendere l’importanza della lezione di Frans Hals sullo stile dell’artista, è il ritratto di bambina della Fondazione Rau (Unicef per il terzo mondo) certamente meno convenzionale dell’opera di Washington.


I rapporti tra Hals e la pittrice sono così stretti da aver portato talvolta la critica ad attribuire al primo le opere della seconda

È il caso, appunto, di questa tavola (Testa di bambina, 1630-1640, che è stata definitivamente restituita alla Leyster grazie alla presenza della giovane modella, da lei ritratta anche in altre occasioni). La pittrice ha differenziato il tratto a seconda della parte che si trova a dipingere: per la giacca ha impiegato una pennellata ampia e sommaria, per i capelli ha preferito segni sottili che rendono la loro morbidezza, mentre nel riprodurre il viso ha usato un tratto morbido e vellutato. Abile nel rendere l’espressione vivace della bambina, l’artista ha saputo creare un’immagine spontanea e rigorosa.


Nonostante la popolarità raggiunta in vita, Judith Leyster fu presto dimenticata dopo la morte. Ma nel 1893, si scoprì che un dipinto, acquistato dal Museo del Louvre, presentava, nascosto sotto una falsa firma di Frans Hals, il suo caratteristico monogramma, costituito dalle iniziali JL con accanto una stella a cinque punte. Si iniziò così a rivalutare l’opera di quest’artista, spesso confusa con quella del più famoso Hals, da cui fu profondamente influenzata.

M.P.F.


lunedì 12 aprile 2021

MODIGLIANI RITRATTI

 


Modigliani

Ritratti

La Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo ospita fino al 4 luglio la mostra Modigliani, opere del Musée de Grenoble, sei opere di grande impatto emozionale: Femme au col blanc del 1917, che raffigura Lunia Czechowska, moglie dell’amico d’infanzia Léopold Zborowski, mercante d’arte e mecenate di Modigliani, e cinque ritratti a matita di personaggi di Parigi degli anni Dieci, dove Modigliani si trasferì lasciando la sua Livorno e dove fu al centro della scena artistica, al tempo dell’avanguardia internazionale.


Le opere esposte grazie alla collaborazione con il Musée de Grenoble intendono far comprendere al pubblico il rapporto fra disegno e pittura in Modigliani e far conoscere i principali riferimenti culturali dal punto di vista di ritrattista.


Per Modigliani il ritratto rappresenta l’unico mezzo espressivo possibile del furore creativo dell’artista, nonché il vitale strumento di esternazione dell’ansia d’intrecciare uno scambio relazionale con altri esseri. Partendo dal fascino per l’essenzialità stilistica della tradizione trecentesca e quattrocentesca senese, per le qualità plastiche della scultura e per la stilizzazione del tratto grafico, Modigliani elabora una concezione originale del ritratto, tenendo conto anche dell’insegnamento di Paul Cézanne e delle maschere africane. In mostro sono presenti importanti esempi di pittura senese e cezanniana e una maschera africana per far comprendere meglio le influenze artistiche.


I capolavori dell’arte francese del periodo in cui l’artista visse e operò, che fanno parte delle raccolte della Fondazione Magnani Rocca (oltre a Cézanne, anche Renoir, Monet, Matisse e Braque, ma anche l’italiano Severini), offrono al pubblico una visione ampia della scena artistica dell’epoca.


Oltre che grande pittore, Modigliani fu grande disegnatore, in grado di catturare la sensibilità e la psicologia dei soggetti ritratti attraverso un tratto volumetrico e bidimensionale allo stesso tempo. I suoi ritratti esprimono le qualità più intime dei soggetti, come uno specchio interiore. I suoi ritratti femminili sono i maggiori esempi della sua sensibilità artistica: i tratti delicati, i colli delicati, i colli affusolati ed eleganti sono divenuti identificativi dell’arte stessa del pittore e la Femme au col blanc ne è uno splendido esempio.


La mostra è a cura di Stefano Roffi con la collaborazione di Alice Ensabella.

M.P.F.