Maria Paola Forlani
Memling
Rinascimento fiammingo
Gli studiosi hanno valutato
che il 20% delle commissioni note di Hans Memling
proveniva da una clientela
italiana e che, tra gli anni Settanta e gli inizi del decennio successivo del
Quattrocento, egli fosse il pittore fiammingo più ricercato in Italia,
soprattutto a Firenze. A Bruges poi risiedeva la colonia italiana più numerosa,
compresi funzionari del Banco dei Medici, appartenenti alle famiglie Tani,
Portinari e Baroncelli. L’imponente trittico del Giudizio Universale,
richiestogli proprio dal banchiere Angelo Tani e oggi conservato al Museo Nazionale
di Danzica, non ha potuto, purtroppo,
raggiungere l’Italia perché considerato troppo delicato, per la prima mostra monografica sull’artista
in Italia, allestita fino al 18 gennaio 2015 alle Scuderie del Quirinale, a
cura di Till-Holger Borchert, responsabile del Memling Museum di Bruges. La
mostra riunisce una quarantina di opere di Memling: soggetti religiosi, dittici
e trittici ricomposti per la prima volta, come il Trittico Pagagnotti (Uffizi,
Firenze; National Gallery Londra); il Trittico di Jan Crebbe (Museo Civico,
Vicenza; Groeningemuseum, Bruges, Morgan Library, New York), il Trittico della
famiglia Moreel (Groeningemuseum, Bruges) e una rilevante sequenza di ritratti
provenienti da raccolte italiane ed estere. È inclusa, inoltre,
una ventina di confronti pittorici di mano, tra gli altri, di Beato Angelico, Ghirlandaio, Hugo van der
Goes, Maestro della leggenda di sant’Orsola e Bernardino Luini, nella
maggior parte dei casi di musei italiani. La figura di Memling (1440-94) e le
sua storia risultano tuttora dense e lacunose. Con maggior cautela è forse
allora più opportuno sostenere che, sia il luogo di apprendistato del Maestro
fiammingo, ci rimangono ancora sconosciuti. L’unica cosa indiscutibile è che
per arrivare nelle Fiandre il pittore doveva passare per Colonia. E le tracce
di questo incontro con la città tedesca si vedono oltre che nell’evidente
impressione che esercitò su di lui il trittico a sportelli del Giudizio universale di Lochner, anche
nelle belle vedute architettoniche raffigurate con cura di dettagli nel Reliquiario di Sant’Orsola.
Nel gennaio 1466,
probabilmente a seguito della morte di Van der Weyden avvenuta l’anno
precedente, Hans si trasferisce a Bruges. Ottenuta la cittadinanza, il pittore
decide di restarvi per tutta la vita. A Memling si attribuisce il merito di
avere introdotto nella ritrattistica il paesaggio come sfondo, forse proprio
per soddisfare i gusti della ricca borghesia italiana. Nel ricomposto Trittico Jan Crebbe, piccolo altare
portatile che prende il nome dal committente, spicca La
Crocifissione (Museo
Civico di Vicenza). Memling affronta in
più occasioni il tema della crocifissione di Cristo anche se il suo temperamento,
sentimentale e venato da una sottile elegia, è lontano dalla drammaticità di
Van der Weyden.
Nella rappresentazione il
Cristo crocefisso è attorniato dalla Vergine, da san Giovanni Evangelista dalla
Maddalena e dall’abate donatore presentato da Giovanni Battista e da un altro
abate. La maggiore drammaticità, rispetto ad altre dello stesso autore, è
dovuta certamente al gruppo di Cristo, scheletrico, l’espressione dolente, con la Maddalena che si stringe
alla croce, ma soprattutto alla figura della Madre avvolta nel blu del manto,
chiusa nel suo dolore. E certo, le due figure di Maria e di Giovanni sono tra
le più espressive, nel rapporto degli atteggiamenti, dei toni di colore, blu e
rosso, dei mantelli, nelle espressioni dei volti. Sullo sfondo, a sinistra, una
città turrita conclude la prospettiva di un paesaggio che sprofonda attraverso
una serie di quinte alberate rocciose. Dunque dall’Italia, proprio nel periodo
di massimo splendore e maturazione raggiunti dall’arte rinascimentale, continua
a manifestarsi nei suoi confronti, soprattutto tra chi è momentaneamente nei
Paesi Bassi, un grande interesse. Appartiene a quel periodo il quadro di Torino
posseduto dai Medici, e attribuito a Memling in modo esplicito dal Vasari nelle
“Vite”. “È di sua mano la tavola di Careggi villa fuori di
Fiorenza della illustrissima casa de Medici”. I due committenti, Tommaso
Portinari, agente bancario dei Medici a Bruges, e la moglie Maria Maddalena
Baroncelli, vi sono rappresentati entrambi in ginocchio. Sempre Tommaso e Maria
Maddalena Portinari sono dipinti in atteggiamento di preghiera, in due ritratti
realizzati poco dopo il loro matrimonio (1470) e facenti parte di un trittico
di cui si è perso lo sportello centrale.
Inoltre il trittico con il Giudizio universale eseguito attorno al
1473 e catturato in mare dal Corsaro Paul Benecke che lo donò al Duomo di
Danzica, dove è tutt’ora,
era in realtà destinato alla
cappella fiorentina di Angelo Tani, anch’egli impiegato alla Banca Medici di
Bruges. E un altro ritratto, un uomo con medaglia, oggi appartenente al Museo
di Belle Arti di Anversa, sembra essergli stato commissionato dal medaglista
italiano Giovanni di Candia, al servizio della corte di Borgogna alla fine
degli anni Settanta.
Uno dei generi per il quale Hans Memling
mantiene, durante tutta la sua carriera, una spiccata predilezione è il
ritratto. Con una costante però: la destinazione deve risultare necessariamente
sacra.
La religiosità è difatti uno
dei principali “leit motiv” dell’opera di Hans Memling.
Lo spiega molto bene Max J.
Friedländer, quando parla del suo modo di dipingere Maria: “
Quando pensiamo al maestro di Bruges, si presentano alla nostra mente
innanzitutto delle Madonne: Madonne a mezza figura, sullo sportello di un
dittico o in mezzo a un’accolta di figure intere – angeli, santi e donatori –
tra le quali troneggia. Fin dai primi tempi Memling aveva trovato lo schema di
composizione definitivo a cui avrebbe apportato in seguito solo piccole
variazioni. Maria è eretta, il viso frontale o leggermente piegato, le palpebre
abbassate, presente per il solo fatto che è presente, oggetto di devozione
pudica e timida. Non la madre felice e premurosa, e neppure la regina celeste:
ma sempre invece la vergine, cosciente in parte della sua consapevolezza. Memling
non ritrasse mai Maria mentre allatta il
bambino. Nessun segno d’affetto turba i tratti regolari del viso un po’ stanco.
(“Hans Memling”, 1949).
Al contrario di Rogier van
der Weiden che esprimeva forti intensità drammatiche, in Memling non esiste
impatto emotivo, bensì una dolce e suadente ripetitività di schemi e immagini
cadenzate attraverso una calma atmosfera in cui la luce è diffusa senza alcuna
tensione; attraverso il quieto ritmo di moduli figurativi essenzialmente
mistici, astratti e isolati dal paesaggio o da qualsiasi opportuna
ambientazione laica del quadro.
Maria Paola Forlani
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