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Patrimonio dell’Umanità
Pienza, la città di Pio II,
Umiliata da un' orda di testoni
devastanti
Fra il 21 e il 22 febbraio
1459 Pio II visita il nativo borgo di Corsignano, durante il suo viaggio a
Mantova, e decide di ricostruirlo come sua dimora ideale.
Nel maggio dello stesso anno
il Consiglio generale del Comune di Siena dà licenza all’architetto inviato dal
papa di cavar pietre, tagliare alberi, e impiantare fornaci a titolo gratuito.
L’architetto scelto da Pio II
è Bernardo Rossellino (1409-1464), assistito dal nipote Puccio di Paolo; nel
viaggio a Mantova Pio II è accompagnato da Alberti e senza dubbio si serve del
suo consiglio, sia per la scelta del progettista sia per la definizione del
programma edilizio. Rossellino in questo momento è considerato uno dei più
famosi artisti fiorentini.
Il programma di Pio II è
descritto nella bolla del 13 agosto 1462:<<Costruire dalle fondamenta una
chiesa di magnifica struttura, ornare quel luogo con un insigne palazzo, sul
posto della casa paterna, e con alcuni altri edifici>>. Infatti il papa e
l’architetto rispettano la struttura del borgo medioevale, allineato lungo una
strada sul crinale del colle, ma dove il crinale e la strada formano un’ansa
avvicinandosi alla valle dell’Orcia liberano una vasta area, per costruire un
gruppo di edifici monumentali: la cattedrale, il Palazzo Piccolomini, il
palazzo Borgia (poi vescovile) e il palazzo pubblico che circondano una vasta
piazza quadrangolare; dietro al palazzo pubblico è ricavata una seconda piazza
per il mercato locale.
Visto dalla valle, il volume
della cattedrale forma un saliente che emerge dall’allineamento delle altre
fabbriche, e spicca come elemento dominante senza superare in altezza gli
edifici vicini. Arrivando nella piazza, la facciata si presenta in forte
controluce, ed è inquadrata tra i muri divergenti dei due palazzi che
accorciano visualmente il sagrato e aumentano la scala monumentale
dell’edificio sacro; ai fianchi della facciata restano due ampie aperture, che
fanno intravedere il vuoto circostante e mettono in comunicazione lo spazio
chiuso della piazza col grande spazio aperto della vallata.
Ma è interessante soprattutto
la convinzione che la chiesa, costruita e adornata, debba restare immune da
ogni successiva alterazione. Nel settimo libro del suo trattato Alberti scrive:<<
L’ornamento certo è una cosa infinita, e sempre ne’ tempij ancor piccoli rimane
qual cosa che e’ ti pare che’ vi si possa, e vi si debba aggiungere>>;
tuttavia <<a me piacciono assai quei Tempij, che secondo la grandezza de la Città , tu non gli
desidereresti maggiori>>; nel tempio <<tutte le cose che ti si
apprestano dinanzi agli occhi>> siano sistemate <<a dover essere
eterne>>.
Pio II risolve radicalmente questo problema con la bolla del 16 settembre
Qui si riconosce il segno
della personalità di Pio II, e la città può dirsi veramente, senza
approssimazione retorica, l’immagine concreta del suo ideale culturale; amore
della forma e partecipazione umana si conciliano per un attimo in un clima di
serenità letteraria, come nella prosa dei Commentari,
e producono un equilibrio in qualche modo staccato dal tempo, stranamente
indenne dai contrasti del secolo. Nella storia dell’architettura questo resta
infatti un episodio isolato, che appare remoto e inattuale già a breve distanza
di tempo.
In questo luogo magico è
stata permessa una mostra devastante, di un’artista austriaca che ha plasmato atroci
testoni di grandezza abnorme di fattezze mostruose e poco rassicuranti nelle
forme…Queste opere monumentali sono state affiancate alla cattedrale
distruggendo tutti i fattori prospettici voluti da Pio II e dal suo architetto.
Il Rossellino rinunciò alla tradizionale pianta quadrata
amplificandola dandole forma trapezoidale con i palazzi Papale e vescovile disposti
su linee divergenti verso la facciata del Duomo.
Per chi giunge in piazza seguendo l’itinerario usuale del corso, si accorge
che l’impianto prospettico è capovolto. Questa geniale prospettiva ormai è
preclusa al turista che deve scontrarsi con monumentali testoni di gusto
pseudo-fascista perdendo così il senso
di questo luogo magico che, forse, pensava d’incontrare.
Non so come
Come non ricordare, l’indimenticabile correttezza ed intelligente attenzione del sindaco, proveniente dalla vicina Monticchiello, Marco Dal Ciondolo, che tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000 portò in quei luoghi grandi mostre e indimenticabili concerti, nel rispetto di quella culla del rinascimento.
In America l’arte del passato
è un rarissimo frutto conservato nel
congelatore di lusso che è il museo, il territorio e la sua storia rispettato
in tutte le sue componenti senza mai violentarlo. In Italia, invece, è un
frutto vero, attaccato al ramo del suo albero. E in Italia l’albero, è ancora
più l’insieme di alberi, è più importante dei singoli frutti o della loro somma.
In altre parole, l’arte non è mai solo la singola opera, il pretesto
<<Capolavoro assoluto>>: l’arte è la relazione tra le opere straordinarie
che compongono, ad esempio, l’impianto unico al mondo dell’urbanistica di
Pienza voluta dal Rossellino. Lo ha scritto meglio di tutti Roberto Longhi, nel
1950:
L’opera d’arte, dal vaso dell’artigiano greco alla
Volta Sistina,
è sempre un capolavoro squisitamente<<relativo>>.
L’opera
non sta mai sola, è sempre un rapporto. Per
cominciare: almeno
un rapporto con un’altra opera d’arte. Un’opera sola
al mondo
non sarebbe neppure intesa come produzione umana, ma
guardata
con riverenza o con orrore, come magia, come tabù,
come opera di Dio
o delle stregonerie, non dell’uomo. E s’è già troppo
sofferto del mito
degli artisti divini e divinissimi, invece che
semplicemente umani.
Il centro di Pienza,
progettata dal Rossellino per Pio II Piccolomini, è un esempio di città
concepita come un unica opera d’arte secondo precisi criteri di simmetria,
proporzioni e la bellezza delle forme architettoniche, frutto di una società
che crede nelle virtù dei fenomeni reali e presenti e nella capacità umana di
produrre fatti e valori…
Ma questi valori non debbono
essere violentati ma protetti per continuare a farli conoscere.
Maria Paola Forlani
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