L’Annunciazione di San Gimignano
Filippino Lippi nasce
dall’avventurosa relazione di Fra’ Filippo con Suor Lucrezia Buti, per due
volte fuggita con lui dal convento prima di essergli legittimamente unita in
seguito all’annullamento dei voti di entrambi da parte di papa Pio II.
Filippino è appena ragazzo
quando il padre muore (1469) a Spoleto dove lo aveva condotto con sé; può
quindi aver appreso poco da lui. Ma il linearismo paterno gli viene trasmesso
dal Botticelli col quale collaborerà poco dopo.
Anche per lui, dunque, è la
linea il mezzo fondamentale di espressione, non la linea idealizzata del suo
nuovo maestro, ma piuttosto un segno sensibile e morbido.
Quando porta a compimento gli
affreschi lasciati incompiuti da Masaccio al Carmine,
egli raggiunge una certa
monumentalità per adeguarsi alla solenne grandiosità del grande predecessore.
Ma resta una grazia raffinata nel modo con cui la linea individua le figure.
Nell’Apparizione della Vergine a San Bernardo (Firenze Chiesa di Badia),
è elegante la figura allungata della Madonna e il fluire della veste del Santo,
mentre la figurazione si complica per molte notazioni e per dettagli
naturalistici. I dettagli nascono dalla
suggestione esercitata sui pittori fiorentini dalla Adorazione di Hugo Van der Goes da poco giunta a Firenze. Ma Filippino si esprime sempre attraverso una linea dolce e aggraziata, visibile in modo particolare nella Madonna.
suggestione esercitata sui pittori fiorentini dalla Adorazione di Hugo Van der Goes da poco giunta a Firenze. Ma Filippino si esprime sempre attraverso una linea dolce e aggraziata, visibile in modo particolare nella Madonna.
Negli affreschi della Cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva a Roma (1489 – 93) e in quelli della Cappella Strozzi in Santa Maria Novella a Firenze (1487 – 1502)
sbriglia la sua fantasia in
complesse composizioni capricciose, risolvendo, a suo modo, in queste evasioni
immaginose, il conflitto determinatosi a Firenze, sulla fine del secolo, fra i
grandi valori ideali e la drammatica realtà.
In mostra assieme ai due
tondi di Filippino, ripresentati vicini come dovevano essere originariamente al
loro ingresso nella collezione della Pinacoteca, sono esposti anche disegni di
grande qualità di mano del pittore, curati in ogni dettaglio, provenienti dal
Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria degli Uffizi e riferibili sempre agli
anni 1482 – 1484.
Si trovano esposti inoltre
anche i documenti relativi alla commissione dell’Annunciazione, un materiale storico custodito da oltre cinque
secoli che animava i Priori e i capitani di Parte Guelfa, appartenenti a
importanti famiglie di San Gimignano, di abbellire la sede del governo
cittadino, in modo analogo a quanto le medesime istituzioni fiorentine stavano
facendo per Palazzo Vecchio.
Nel XV secolo San Gimignano,
sebbene non possedesse più l’antica forza economica e sociale del primo
Trecento, continuò a manifestare una certa vivacità culturale che trovò un
naturale riflesso anche nelle copiose committenze artistiche. La città,
infatti, continuò ad essere meta di artisti tra i più famosi del Rinascimento:
alcuni senesi e, soprattutto a partire dalla metà del secolo, molti fiorentini.
Artisti di indubbia levatura come Benozzo Bozzoli, Piero del Pollaiolo,
Giuliano e Benedetto da Maiano, Domenico Ghirlandaio, Filippino Lippi,
portatori di nuovi stilemi e di un cambio di cultura.
Per la stessa Annunciazione, sei anni più tardi,
furono realizzate le cornici di legno
intagliato, dipinto oltre che dorato e
argentato, forse da attribuire ad Antonio da Colle, il legnaiolo responsabile
della fattura del pulpito (1469) e del coro ligneo (1490) della Collegiata. Le
cornici imitano una corona con foglie di quercia e alloro con ghiande e bacche,
legate insieme da un nastro e, proprio in occasione della mostra, sono state
restaurate dallo “Studio Nadia Presenti” di Forano della Chiana, Arezzo.
Il tondo con l’Angelo Annunziante presenta l’Angelo
inginocchiato su pavimento in
prospettiva centrale a listre grigie su fondo color rosso mattone che ricorda
l’antica pavimentazione di piazza della Signoria a Firenze. È
avvolto in un panneggio
elegantemente annodato e come gonfiato dal vento, contro lo sfondo scuro di una parete con panca, percorsa dai raggi dorati dello Spirito Santo. Sulla sinistra s’intravede un loggiato con balaustra, aperto su un paesaggio “slontanante” e,
elegantemente annodato e come gonfiato dal vento, contro lo sfondo scuro di una parete con panca, percorsa dai raggi dorati dello Spirito Santo. Sulla sinistra s’intravede un loggiato con balaustra, aperto su un paesaggio “slontanante” e,
sulla destra, una nicchia
bianca, forse marmorea, con mensola, su cui sono esposti vasi metallici di
varie forme e dimensioni.
Il tondo suo pendant (Annunziata), appare più arioso
e luminoso per la lama di luce riflessa in diagonale sul pavimento e per il
maggior spazio conferito al paesaggio luminoso, con la solita città nordica e
irta di guglie e tre figure, una maschile e l’altra femminile più in primo piano,
e una terza chinata in avanti, sullo sfondo. La Vergine è inginocchiata,
secondo l’iconografia tradizionale con lo sguardo rivolto in basso, in segno di
umiltà e di accettazione della volontà divina. In primo piano, a destra, si
intravede un faldistorio, luccicante di riflessi metallici, prezioso sedile
riservato ai sovrani e agli ecclesiastici. In secondo piano c’è uno studiolo
con un libro aperto e uno chiuso, ad alludere, probabilmente, a Maria come Sedes Sapientes.
Sopra la Vergine c’è una nicchia in
cui sono disposti, in bell’ordine, alcuni oggetti fra cui si riconoscono
albarelli e un vaso biansato di manifattura ispano-moresca.
Nella parte superiore c’è un
cartiglio con la scritta <<BENE DICTUS DOM>> (Luca, I, 68) riferito
all’Annunciazione, e, fuori dalla
nicchia destra, c’è un orologio meccanico, oggetto raro nelle case e
soprattutto nei dipinti.
La scelta di far dipingere
un’Annunciazione da porre su una parete dell’Udienza dei Signori trae la sua
origine dalla particolare solennità con cui si festeggiava a Firenze, come a
San Gemignano, la Santissima Annunziata ,
essendo il 25 marzo, il primo giorno dell’anno fiorentino, di un calendario che
si diceva, appunto, ab incarnatione.
Maria Paola Forlani
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