Doppio ritratto – Antonio e Xavier
Bueno,
Contrappunti alla realtà tra
avanguardia e figurazione
Fino al 18
settembre 2016 si potrà ammirare a Villa Bardini (Firenze), sede della
Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron, la mostra intitolata “Doppio
ritratto – Antonio e Xavier Bueno, Contrappunti alla realtà tra avanguardia e
figurazione” a cura di Stefano Sbarbaro.
La mostra,
un’intera parabola artistica dei due fratelli Bueno, in parallelo e in un unico
percorso espositivo, è promossa dalla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e
Peyron e dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze in collaborazione con
l’Associazione Culturale Bueno.
L’esposizione
raccoglie oltre 130 opere tra le più significative della produzione dei due pittori
di origine spagnola. Il nucleo più consistente è rappresentato da quelle
concesse dagli eredi a cui si sommano i prestiti provenienti da importanti
realtà museali, da prestigiose fondazioni e da collezioni private con diversi
inediti.
Con questo
progetto si intende celebrare e ripercorrere la vicenda creativa e umana di due
complesse personalità votate alla più autentica pratica pittorica che con
originalità ebbero modo di avvicinarsi al vivace ambiente culturale fiorentino
a partire degli anni Quaranta, guadagnandosi in un lungo e tormentato percorso
di crescita e adattamento stilistico, un ruolo da protagonisti nel panorama
artistico italiano del secondo Novecento. Sullo sfondo dei profondi cambiamenti
culturali nei vivaci anni del dopoguerra, segnati dall’antinomia avanguardia e
figurazione. L’indagine intende per la prima volta approfondire la simbiosi
esistenziale tra i due fratelli mettendone in luce, da una parte i punti di
tangenza nel delicato meccanismo dei reciproci condizionamenti e scambi di
influenze, specie negli anni della formazione, e dall’altra le fasi del
distacco e dell’affrancamento individuale che portarono alle rispettive
maturità stilistiche.
I fratelli
Xavier (1915-1979) e Antonio Bueno (1918-1984) giunsero in Italia nei difficili
anni della guerra dopo un’infanzia trascorsa a Berlino, Ginevra e Parigi al
seguito del padre giornalista, e arrivarono a Firenze nel 1940, motivati dallo
studio della straordinaria eredità artistica rinascimentale della città. Ma
quello che avrebbe dovuto essere un soggiorno breve e temporaneo si trasformò,
per entrambi, in un’esperienza di vita definitiva e totalizzante perché nel
capoluogo toscano trascorsero il resto della loro vita.
Xavier Bueno
nacque a Vera de Bidasoa il 16 gennaio 1915, figlio dello scrittore e
giornalista Javier Bueno (1883-1967), allora corrispondente a Berlino del
quotidiano ABC di Madrid, padre di Caterina Bueno. Trascorse parte
dell’infanzia in Spagna dove frequentò l’Accadamia di San Ferdinando a Madrid
con Velasquez Diaz, ma nel 1925 si trasferì con la famiglia a Ginevra dove si
iscrisse, dopo aver frequentato il liceo, all’Accademia di Belle Arti.
Nel 1937 si
trasferì a Parigi e presentò le sue opere, caratterizzate da una forte impronta
di realismo “spagnolo”, al “Salon des Tuileries”, al “Salon d’Automne”, al
Salon des Indépendants” e al “Salon d’Art Mural”; inoltre espose al Padiglione
Spagnolo della Mostra Universale di New York.
Nel gennaio
del 1940 si trasferì in Italia, dove si unì al fratello Antonio, a Pietro Anigoni
e Gregorio Sciltian nel gruppo dei “Pittori Moderni della Realtà”.
L’esperienza
della guerra civile spagnola prima e di quella italiana poi, indirizzò sempre
più l’artista verso un realismo legato a motivi di forte contenuto sociale.
Alla fine
degli anni quaranta, in concomitanza con la crisi del gruppo, i rapporti fra
Xavier e il fratello Antonio cominciano a mutare, dopo anni di percorso in
comune. Le cause sono da ricercarsi nella progressiva diversificazione delle
loro rispettive personalità artistiche: specialmente per Antonio, il minore dei
due, parve vitalmente necessaria una rivendicazione d’indipendenza dal fratello
ex maestro d’arte e detentore di un’autorità (vera o presunta). Si trattava
tuttavia di un dissenso più stilistico-concettuale che non umano-personale.
Dopo la
separazione, la collaborazione tra i due andò man mano esaurendosi. Ci fu tempo
solo per un’ultima mostra comune, tenutasi nel 1952 alla galleria fiorentina di
“Numero”; serviranno, ancora, sedici anni perché esponessero di nuovo insieme.
Emblematico
è il ricordo di Xavier tracciato dal poeta salvatore Quasimodo:
<<Un’attenzione particolare
meritano le nature morte di Bueno sollevate nello spazio senza fondo, in cui
gli spessori sono creati dal ritmo degli oggetti, sottratti ad una assenza
metafisica>>.
Tra il 1959
e il 1964 Xavier creò il ciclo dei “Bambini”, immagini sofferenti e
malinconiche opere simboliche di un’umanità avvilita ed oppressa, che l’artista
presentò alla rassegna “España libre”.
Da allora la
sua ricerca approfondì questa direttrice, proponendo le sue caratteristiche
immagini di teneri volti ed acerbi corpi adolescenti.
Il 17 luglio
1979 morì nella sua Fiesole.
Antonio
Bueno (Berlino, 21 luglio 1918 –
Fiesole, 26 settembre 1984) svolse gli studi artistici in Spagna e Svizzera.
Nel 1937 fu a Parigi, dove espose al Salon
des Jeunes;
poi nel 1940
col fratello Xavier, si trasferì in Italia.
Dopo un’esperienza post-impressionista,
nell’immediato dopoguerra aderì alla lezione di Gregorio Sciltan
eseguendo
opere trompe-l’oeil e, con Annigoni
ed il fratello, partecipò al gruppo “Pittori moderni della Realtà”.
Sperimentatore accanito ed irrequieto, dopo queste esperienze portò avanti
numerose ricerche: pittore astratto (1950-53) in concomitanza al suo lavoro di
segretario presso la rivista Numero; neometafisico
con la serie di impronte (1960-62); segnaletico e pop a metà degli anni
sessanta; neodada e pittore visivo.
Nell’ecclettismo della produzione, restano noti al grande pubblico soprattutto le sue figure di busti e teste tondeggianti, ragazzi vestiti alla marinara, pompieri, reinterpretazioni di grande opere della storia dell’arte, con caratteristiche tondeggianti e semplificate, neoteniche, che ricordano l’opera di Ferdinando Botero.
Definitiva
consacrazione di Bueno alla Biennale Di Venezia del 1984, giusto pochi mesi
prima della sua morte, quando egli era già gravemente malato: alla mostra
presentò una serie di opere che rappresentano senza dubbio il vertice di tutta
la sua produzione della maturità.
Maria Paola
Forlani
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