Piero della Francesca
La Madonna della
Misericordia
Piero della
Francesca è protagonista, fino all’8 gennaio 2017, in sala Alessi di Palazzo
Marino con uno dei massimi capolavori del Rinascimento proveniente dal Museo
Civico di Sansepolcro “La Madonna della Misericordia”.
“Apre essa
il gran manto azzurro sve-
landone così
il grande rovescio scarlat-
to e
formandone, ad un tempo, un padi-
glione
amplissimo a contenere i devoti,
a
proteggerli. S’inginocchiano costoro
intorno al
fusto vermiglio, disposti in
libero
emiciclo, tranquilli sotto la torre
che li
sovrasta di una tale gigantessa
africana,
sicuri anzi sotto il colonnato
di pieghe.
Nella grande struttura di
questa
Vergine è il segno di una nuo-
va e
impassibile umanità, ma anche di
una nuova
architettura, ché nel vano
di questo
mantello già si respira l’aria
di un
nicchione Bramantesco e della
Scuola di
Atene
Roberto
Longhi, Piero della Francesca, 1927
Molte sono
le ragioni che rendono questo appuntamento e questa mostra, a cura di Andrea di
Lorenzo, (catalogo Skira) denso di significati.
Innanzitutto
il valore assoluto dell’opera che è uno dei capisaldi del Rinascimento italiano
oltre ad essere la prima opera documentata di Piero della Francesca. Si tratta
in effetti dello scomparto centrale del polittico della Misericordia,
realizzato da Piero per la Confraternita della Misericordia di Sansepolcro. Una
recente e impegnativa campagna di restauro ha riportato il polittico, oggi
ricostruito nel Museo Civico di Sansepolcro nel suo assetto originario, prima
che venisse smembrato.
“Salve Regina Mater Misericordiae”, con queste parole inizia il celebre
canto mariano del IX secolo attribuito al monaco Ermanno di Reichenau o, come
propendono alcuni studiosi, a san Bernardo, devotissimo alla Vergine.
Nel 1221 lo
adottarono per primi i domenicani ponendolo obbligatoriamente come ultima
preghiera della giornata, nell’ora di compieta, seguiti successivamente dai
cistercensi, dai certosini e via via dalle altre congregazioni fino alla sua
diffusione nella Chiesa universale.
Nel secolo
XIII nasce una forma per rappresentare il patrocinio di Maria: è quella di
porre le figure dei protetti, generalmente di proporzioni più piccole, sotto il
manto della Vergine. In uno degli Oratori della Blacherne si conservava un maphorion (velo) che la tradizione
diceva esser appartenuto a Maria. Ma l’idea di porre sotto il manto i fedeli
nacque nelle Confraternite italiane del Duecento i cui membri si impegnavano a
fare opere caritative. Costoro avendo scelto Maria come loro patrona, non
trovarono di meglio che farsi rappresentare sotto il manto di lei.
Così infatti
rappresenta i Confratelli il sigillo di una Confraternita Romana del 1250. E
dalle Confraternite della Misericordia derivò il nome di una nuova
composizione: La Madonna della
Misericordia. E in ossequio al Vangelo, che vuole si faccia il bene senza
farsi vedere.
Nel gennaio
del 1445, la Compagnia della Misericordia di Borgo Sansepolcro affida a Piero
della Francesca l’esecuzione di una pala (un complesso polittico formato da
ventitrè tavole) per l’altare della chiesa, stabilendo nel contratto i colori
da usare, la quantità d’oro da impiegare per il fondo, e l’impegno da parte
dell’autore di controllare l’opera per un decennio per correggere eventuali
danni causati dal procedimento misto di tempera e olio usato da Piero
sull’esempio di Domenico Veneziano.
L’opera, che
doveva essere terminata nel 1448, viene conclusa più tardi con l’intervento di
assistenti in alcune zone.
La Madonna
della Misericordia – nella classica rappresentazione della Vergine Maria che
apre il mantello per dare riparo ai fedeli secondo la tradizione medioevale
della ‘protezione del mantello’ – corona anche a livello iconografico la
conclusione dell’Anno dedicato al Giubileo della Misericordia.
Allo stesso
tempo l’opera è emblematica della modernità della ricerca artistica che per lo
studio della prospettiva e della Divina proporzione, fa di Piero della
Francesca un “gigante” del Rinascimento italiano.
Una corona
presa a prestito dal Beato Angelico cinge il capo della Vergine, lasciando
scoperta l’enorme fronte ricurva; dal velo che ne ricade sporgendo le orecchie
dal profondo gheriglio; fronte e orecchie da bonzo, più che da fanciulla.
La sua veste
è una tunica da convessa, con ammirabili pieghe; il manto sotto cui ricovera i
fedeli sembra una cupola muraria: uomini e donne sono entrati dalla strada, con
i loro abiti da passeggio. I diversi ordini sociali vi sono esemplificati con cura: la monaca e il confratello
incappucciato, la signora e il gentiluomo, il magistrato e la popolana.
Quest’ultima veste uno scialletto di lana pelosa triangolare che doveva essere
abituale in casa dei Franceschi. Notevolissime, specie delle donne, le diverse
espressioni della preghiera. Nel complesso è gioco di vicinato, ove tutti si
sono travestiti per un ruolo sacro. Eppure non vi è nulla di profano, nulla che
disturbi l’attenzione: una religiosità plebea, ma grande, domina ovunque.
Maria Paola
Forlani
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