Raffello oltre la mostra
Le
Scuderie del Quirinale riaprono virtualmente le porte della mostra “Raffello,
1520-1483” con video-racconti, approfondimenti e incursioni nel backstage che
attraverso i canali sociali, permettono di ammirare alcune tra le più belle
opere esposte e presentano dettagli e curiosità sull’arte del pittore
rinascimentale e sulla più grande rassegna mai tenuta finora.
Con
l’hashitag è possibile ascoltare il racconto dei curatori e partecipare
virtualmente agli incontri ospitati a palazzo Altemps prima dell’apertura al
pubblico dell’esposizione. Da Silvia Ginzburg, che affronta il tema della
giovinezza di Raffaello, ad Antonio Natali, che racconta il periodo fiorentino
del pittore, fino ad Alessandro Zuccari, che ne approfondisce l’attività nella
Capitale.
Tanti
racconti offerti anche dai curatori della mostra e da importanti studiosi che,
attraverso lo scorrere del video, approfondiscono le opere e le grandi
tematiche relative all’arte di Raffaello. La serie introdotta dalla curatrice Marzia
Faietti con “Qualche ragione, tra le tante, per amare Raffello”, Matteo
Lanfranconi curatore e direttore di Scuderie del Quirinale, che comunica
proprio dal punto in cui parte il percorso espositivo con “La morte di
Raffello”.
A seguire, i co-curatori Francesco Di Teodoro e Vincenzo Farinella approfondiscono la Lettera a Leone X, il progetto di Villa Madama, il rapporto di Raffello con l’antico, con i suoi commentari e gli anni della gioventù, infine lo studioso Achim Gnann presenta una riflessione su “Raffaello e Giulio Romano”.
A seguire, i co-curatori Francesco Di Teodoro e Vincenzo Farinella approfondiscono la Lettera a Leone X, il progetto di Villa Madama, il rapporto di Raffello con l’antico, con i suoi commentari e gli anni della gioventù, infine lo studioso Achim Gnann presenta una riflessione su “Raffaello e Giulio Romano”.
Dunque
una grande mostra a Roma dedicata a Raffello Sanzio fino al 2 giugno 2020 alle
Scuderie del Quirinale, per concludere le celebrazioni per l’artista a livello
mondiale: protagoniste ne sono oltre 100 opere di mano dell’Urbinate mai
riunite tutte insieme prima d’ora.
Una
grande esposizione monografica, dedicata a Raffaello Sanzio, superstar del
Rinascimento, nel cinquecentenario della sua morte, avvenuta a Roma il 6 aprile
1520 all’età di appena 37 anni.
Anche
in termini di capolavori in prestito (oltre che di lavoro scientifico svolto),
è stato determinante il contributo delle Gallerie degli Uffizi, con circa 50
opere delle quali oltre 40 dello stesso Raffello. Ma tanti altri musei di
importanza internazionale hanno contribuito ad arricchire la rassegna con
capolavori dalle loro collezioni.
L’esposizione,
che trova ispirazione particolarmente nel fondamentale periodo romano di
Raffello e che lo consacrò quale artista di grandezza ineguagliabile e
leggendaria, racconta con ricchezza di dettagli tutto il complesso e articolato
percorso creativo. Ne fanno parte creazioni amatissime e celebri in tutto il
mondo, quali, solo per fare alcuni esempi, la Madonna del Granduca delle Gallerie
degli Uffizi, la Santa Cecilia della Pinacoteca
di Bologna, la Madonna Alba della National
Gallery di Washington, il Ritratto di Baldassare Castiglione e l’Autoritratto
con amico del
Louvre, la Madonna
della Rosa del
Prado, la celebre Velata di nuovo degli Uffizi.
Raffaello
si formò tra il 1491 e il 1494 nella bottega del padre, il pittore Giovanni
Santi, attivo per la corte dei Montefeltro. Una delle primissime opere fu
l’affresco raffigurante la Vergine in casa Santi.
Dopo la morte di Giovanni (1494), Raffello entrò in contatto con Perugino, da cui derivò il suo stile iniziale e con cui rimase in contatto fino al 1498. In questi anni probabilmente intervenne nel ciclo di affreschi della Sala del Cambio a Perugia. Dal 1499 fu a Città di Castello con la bottega rilevata dal padre dove realizzò lo Stendardo della Santissima Trinità e la Pala di San Nicola da Tolentino (oggi smembrata in diversi musei).
Dopo la morte di Giovanni (1494), Raffello entrò in contatto con Perugino, da cui derivò il suo stile iniziale e con cui rimase in contatto fino al 1498. In questi anni probabilmente intervenne nel ciclo di affreschi della Sala del Cambio a Perugia. Dal 1499 fu a Città di Castello con la bottega rilevata dal padre dove realizzò lo Stendardo della Santissima Trinità e la Pala di San Nicola da Tolentino (oggi smembrata in diversi musei).
Ad
inizio del ‘500 era già tra gli artisti più richiesti in tutta l’Umbria e, dopo
brevi soggiorni a Firenze e Roma, raggiunse l’amico Pinturicchio a Siena, dove
realizzò alcuni cartoni per gli affreschi della Libreria Piccolomini. Nel 1504
dipinse il celebre Sposalizio della Vergine (Milano,
Pinacoteca di Brera) e nello stesso anno si trasferì a Firenze, dove dipinse
per lo più opere di devozione privata, come la Madonna del Cardellino e la Madonna
Belvedere, e
il ritratto quali Maddalena Strozzi, la Muta e la Dama col
Licorno.
Nel
1507 realizzò la celebre Deposizione Baglioni per San Francesco
al Prato di Perugia, che un secolo dopo Scipione Borghese fece rubare (Roma,
Galleria Borghese). Nel 1508 Giulio II lo chiamò a Roma, dove rimase fino alla
morte, creando i massimi capolavori tra cui le
Stanze Vaticane (Segnatura, Eliodoro, incendio di Borgo, Costantino) e la loggia di Psiche alla Farnesina. Divenne anche architetto della Fabbrica di San Pietro e progettò la Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo e Villa Madama, Negli ultimi anni dipinse opere come la Fornarina e la Trasfigurazione,
Stanze Vaticane (Segnatura, Eliodoro, incendio di Borgo, Costantino) e la loggia di Psiche alla Farnesina. Divenne anche architetto della Fabbrica di San Pietro e progettò la Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo e Villa Madama, Negli ultimi anni dipinse opere come la Fornarina e la Trasfigurazione,
Morì
nel 1520, lasciando una fiorentissima bottega attiva sul territorio, la cui
diaspora conseguente al Sacco di Roma nel 1527, porterà il raffaellismo in
tutta Italia.
M.P.F.
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