Astrid Kirchherr
With the Beatles
Fondazione
Carisbo e Genus Bononiae – Musei della Città, in collaborazione con ONO arte
contemporanea, Ginzburg Fine Arts e Kai-Uwe Franz, hanno realizzato a Bologna,
a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni, la mostra Astrid Kirchherr with the Beatles, aperta fino il 9 ottobre,
(catalogo Damiani). La retrospettiva ripercorre la storia dei cosiddetti “Hamburg
Days”, gli anni formativi dei Beatles nell’Amburgo del dopo guerra e tappa
fondamentale della cultura pop, attraverso gli scatti della fotografa Astrid Kirchherr
(1938), che non solo immortalò il gruppo quando ancora si stava formando, ma ne
influenzò profondamente lo stile trasformandolo in quello che tutti conosciamo.
La Kirchherr
incontra per la prima volta i Beatles nel 1960 al Kiserkeller, uno dei molti
locali sulla Reeperbahn in cui le giovani band inglesi venivano messe sotto
contratto a pochi marchi per suonare Rock’n Roll tutta la notte ed intrattenere
i molti soldati americani di stanza nella città dopo la fine della Seconda
Guerra Mondiale. La band era allora composta da John Lennon, voce e chitarra,
Paul McCartney, voce e chitarra, George Harrison, chitarra, Pete Best, batteria
e Stuart Suicliffe, basso, cinque ragazzini di Liverpool – Harrison all’epoca
non era neanche maggiorenne –
conosciutisi a scuola e in cerca di un po’ di denaro e un po’ di esperienza
oltremanica.
La Kirchherr
all’epoca era studentessa al politecnico e assistente del celebre fotografo
Reinhard Wolf, da cui stava imparando la fotografia, e venne a sapere della
band grazie all’amico e allora fidanzato Klaus Voormann – che avrebbe in
seguito disegnato la copertina del settimo album dei Beatles, Revolver –e da subito rimase affascinato
dalla presenza scenica
e dalla qualità del gruppo che allora alternava cover
dei grandi classici del Rock alle proprie primissime canzoni. I Beatles dal
canto loro furono ovviamente attirati da una delle poche coetanee che tentava
di parlare inglese ad Amburgo, ma che presto si rivelò anche grande fonte di
ispirazione ed esempio di apertura verso una cultura europea ancora del tutto
sconosciuta ai ragazzi cresciuti nella periferia inglese.
L’amicizia
tra Astrid e i Beatles crebbe in fretta e salda. La Kirchherr introdusse il
gruppo all’arte e alla letteratura esistenzialista, portando in loro un drastico
cambiamento nello stile: le giacche di pelle, gli stivali alla texana e i
capelli con la banana lasciarono presto posto a completi, camice e al più
minimale taglio a caschetto che anche la fotografa sfoggiava e che sarebbe
diventato presto uno dei simboli della band. Sutciliffe, in seguito si legò
anche sentimentalmente alla Kirchherr al punto da chiederle di sposarla e
lasciare la band per rimanere con lei ad Amburgo, e seguire una carriera nel
mondo della pittura. Da allora i Beatles rimasero in quattro e presto Best
venne sostituito da Ringo Starr. Sutcliffe sarebbe morto dopo appena due anni
di emorragia cerebrale, mentre i Beatles stavano diventando un fenomeno di
massa. I Beatles e la Kirchherr però rimasero legati da profonda amicizia e la
fotografa fu una delle poche che poté seguire la band anche negli anni
successivi quando ormai erano all’apice della carriera, regalandoci scatti
memorabili ma anche intimi e privati, tra vacanze rubate, e week end in giro
per l’Europa. I Beatles dal canto loro, cercarono sempre di ricreare quei primi
anni di Amburgo, sia stilisticamente che visivamente, per molto del tempo a
venire.
La Kirchherr
fu la prima ad immortalare i Beatles in un vero e proprio servizio fotografico
posato regalandoci scatti oramai entrati nella storia ma che erano pressochè
sconosciuti fino agli anni ’90, e inoltre fu l’unica fotografa ammessa sul set
“Hard Day’s Night”, il primo film
della band.
Nella
retrospettiva della carriera di Astrid Kirchherr, le fotografie scattate nel
1964 a Liverpool e dintorni rivestono una grande importanza: per la prima volta
viene utilizzata una pellicola da 35mm invece del medio formato, cercando
ritratti con tagli più ampi. Ѐ interessante osservare come Astrid abbia saputo
adattarsi a queste nuove condizioni: il set, che normalmente preparava e
disponeva con cura e meticolosità, era diventato un ambiente privo di un
copione in cui le possibilità di controllo erano molto limitate. In questa
serie emerge la dicotomia della vita di una celebrity sul set e quando i
riflettori si spengono: i componenti della band che interpretano una versione
di se stessi mentre si spengono: i componenti della band che interpretano una
versione di se stessi mentre la cinepresa gira e poi, tra le riprese, quando
scherzano, riposano, fumano una sigaretta, e interagiscono in modo naturale. Il
contrasto è evidente: si noti il cambio di stie tra le fotografie sul set, dove
appaiono più seri e composti e quelle tra una scena e l’altra, in cui sono rilassati
e fanno smorfie all’obiettivo.
Catturando
questi motivi durante i tempi morti della lavorazione del film, Astrid fissa
istanti di intimità in cui i membri della band si offrono alla macchina
fotografica con familiarità e amicizia, guardano oltre l’obiettivo, verso una
cara amica. Ad esempio, in uno scatto Ringo Starr ruba il
cappello di Astrid e fa smorfie all’obiettivo mentre John Lennon spiega
qualcosa. Oppure in un altro Paul McCartney viene sorpreso mentre si ridesta
dalla lettura assorta di un giornale.
Seguendo il
lavoro su vari set di Hard Day’s Night, Kircheherr
e il collega Scheler si addentarono nei dintorni di Liverpool, catturando scene
urbane tetre e aeree ancora dilaniate dalla guerra. Al The Cavern Club, Astrid
chiede di scattare una foto ad un bambino che in cambio chiede una sigaretta
con la scioltezza propria di un adulto.
Ѐ una fotografia scioccante per gli standard odierni, ma che cattura e
restituisce in modo estremamente naturale la gioventù di Liverpool del 1964.
Ancora una volta l’obiettivo di Astrid ha catturato uno stile.
In seguito
Astrid e Max fotograferanno alcuni ragazzini, membri di una band, gli Arrow and The Archers. In pochi scatti
Astrid ci riporta indietro al 1960, quando per la prima volta immortalava i
Beatles ad Amburgo: ragazzi che amano la musica, i loro strumenti e uno sfondo
industriale. L’ambiente circostante è tetro, ma l’immagine promette una
rinascita.
Maria Paola
Forlani
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