Magister
Giotto
Intorno alla
figura di Giotto di Bondone (Colle
di Vespignano, Firenze, 1266 c. – Firenze, 1337) sono fiorite, fin dal XIV e XV
secolo, molte leggende, fra le più note delle quali è quella che narra come
Cimabue avrebbe scoperto casualmente le doti innate di Giotto, giovane e povero
pastore sui monti del nativo Mugello, scorgendolo mentre era intento a ritrarre
una pecora su un sasso e conducendolo poi con sé in città per istruirlo.
L’aneddoto,
pubblicato per la prima volta da Lorenzo Ghiberti nel 1455, riflette le idee
della storiografia antica, perché, come altri anteriori, sottolinea la facoltà
del pittore di essere, secondo quanto dirà il Vasari, <<buono imitatore
della natura>> ancor più di Cimabue e, per questo, precursore delle
teorie rinascimentali, senza che nessuno potesse averglielo insegnato, data
l’epoca in cui – lo afferma un autore del Seicento - <<ancor bambina
avvolta in fasce se ne stava la pittura>>.
Questa
valutazione di Giotto, la cui importanza è vista solo in funzione degli artisti
successivi, è antistorica. La sua pittura non deve essere giudicata come
preparazione, ma di per se stessa, nell’ambito dell’età in cui è nata.
Il valore
del pittore non consiste certo nel saper imitare la natura, ma nel riuscire a esprimere
la propria concezione del mondo e quella della sua società. Questa è la
grandezza di Giotto: egli è interprete della collettività borghese, laica e
religiosa al tempo stesso, una collettività che crede nell’importanza del
lavoro attraverso il quale al servizio dell’intelligenza si può dare forma alle
cose, costruire città, chiese, case, ornarle con affreschi e sculture.
Giotto,
sceso dai monti del Mugello nella vicina Firenze, sarebbe stato dunque allievo
di Cimabue, secondo l’antichissima tradizione, che si è voluta talvolta negare,
ma che è invece accettabile perché egli eredita dal maestro proprio questa
concezione e il senso del volume, realizzato con il chiaroscuro ed enucleato
con la linea di contorno.
Il 16
settembre 2017 alcuni massimi esperti di Giotto si daranno appuntamento a
Vicchio nel Mugello per un convegno dal titolo <<Intorno a Giotto nel suo
Mugello a 750 anni dalla nascita. Approfondimenti critici e nuove
ipotesi>>.
Mentre
“Giotto, grande artista del Trecento, comunicato con linguaggi contemporanei a
chi vive il mondo oggi” viene proposta alla Scuola Grande della misericordia a
Venezia fino al 5 novembre con il titolo “Magister
Giotto”.
Questo
spettacolo è un format realizzato dalla società Cose Belle d’Italia
Entertainment, con la direzione artistica del regista Luca Mazzieri, l’apporto
dell’architetto Alessandra Costantini e il supporto di un comitato scientifico
composto da storici dell’arte (Alessandro Tomei, Serena Romano, Stefania
Paone), filologi classici (Giuliano Pisani) e astronomi (Cesare Barbieri).
La trama del
racconto l’hanno scritta loro. Il visitatore entra nel vasto atrio della Scuola
Grande della Misericordia (d’impronta sansoviniana) e viene inizialmente
attratto dalla riproduzione di un colossale crocefisso giottesco visto dal
retro.
Indossa le
cuffie e viene invitato a salire al piano superiore.
Qui inizia l’avventura.
Con la voce narrante di Luca Zingaretti e le musiche originali di Paolo Fresu, Magister Ioctus ci viene presentato in
nove tappe. Nella prima si spiega perché Giotto fu così innovativo: voce
narrante e colossali ingrandimenti ci fanno capire che il maestro puntò alla
verità delle cose e alla profondità dei sentimenti. La seconda tappa è una
visita agli affreschi di Assisi, la terza ci offre un volo d’uccello sui i
luoghi d’Italia che videro presente e operante l’artista (Assisi, Rimini,
Padova, Bologna, Roma, Napoli, Milano e Firenze). Nella quarta sezione
assistiamo a un’experience
impossibile
nella realtà: vediamo riprodotti, accostati, ingranditi e spiegati tutti i Crocefissi concepiti da Giotto. La voce
suadente di Luca Zingaretti ci invita poi a scoprire le celebri “leggende”
giottesche (la storia della pecora dipinta sul sasso e quella dell’<<O>>
perfetta tracciata a mano libera) e successivamente ci porta a cercare Giotto
nella sua Firenze (la pianta della città è sotto i nostri piedi, sul
pavimento). Si approda quindi a Padova, dentro la Cappella degli Scrovegni, e
se ne esce con tutte le informazioni utili per andare a visitarla in situ.
Ma il vero
colpo di scena è alla fine. Un film ci mostra come l’Agenzia Spaziale Europea
organizzò nel 1986 una missione spaziale (detta Missione
Giotto) per andare a fotografare da vicino (a soli 600 chilometri!) la
cometa di Halley, la stessa che Giotto vide nei cieli di Padova e dipinse nella
Cappella degli Scrovegni, nella scena dell’Adorazione
dei Magi. Un finale inatteso, davvero emozionante,
Dopo
Venezia, Magister Giotto andrà in
Giappone (2018), mentre già si lavora ad altri format su Canova e su Raffaello.
Maria Paola
Forlani
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