Hokusai
Hiroshige
Oltre l’onda
Il Museo
Civico Archeologico di Bologna fino al 3 marzo 2019, ospita le opere dei due
più grandi Maestri del “Mondo Fluttuante”: Katsushika Hokusai (1760 – 1849) e Utagawa
Hiroshige (1797 – 1859).
La mostra Hokusai
Hiroshige. Oltre l’onda. Capolavori
dal Boston Museum of Fine Arts esposte, per la prima volta in Italia sono
una selezione straordinaria di circa 150 opere provenienti dal Museum of Fine
Arts di Boston. Il progetto, suddiviso in 6 sezioni tematiche, curato da
Rossella Meneguzzo con Sarah E. Thompson, è una produzione MondoMostre Skira
con Ales S.p.A Lavoro e Servizi in collaborazione con il Museum of Arts di
Boston, promosso dal Comune di Bologna, Istituzioni Bologna Musei e patrocinato
dall’Agenzia per gli affari Culturali del Giappone, dall’Ambasciata del
Giappone in Italia e dall’Università degli Studi di Milano.
Gli anni
trenta dell’Ottocento segnarono l’apice della produzione ukiyoe nota come “immagini del Mondo Fluttuante”. In
quel periodo furono realizzate le serie silografiche più importanti a firma dei
maestri che si confermarono – qualche decennio più tardi con l’apertura del
Paese – come i più grandi nomi dell’arte giapponese in Occidente.
Tra questi
spiccò da subito Hokusai, artista e
personalità fuori dalle righe che seppe rappresentare con forza, drammaticità e
sinteticità insieme i luoghi e volti, oltre che il carattere e le credenze
della società del suo tempo. Egli è considerato uno dei più raffinati
rappresentanti del filone pittorico dell’ukiyoe. Nei suoi dipinti su rotolo,
ma soprattutto attraverso le sue silografie policrome, l’artista seppe
interpretare in modo nuovo il mondo in cui viveva, con linee libere e veloci,
un uso sapiente del colore e in particolare del blu di Prussia, da poco importato
in Giappone, traendo spunto sia dalla pittura tradizionale autoctona sia dalle
tecniche dell’arte occidentale.
I soggetti delle sue stampe coprono ogni ambito dello scibile: dalle bellezze paesaggistiche e naturalistiche dell’arcipelago, compresi piante e animali o leggendari, fino alla rappresentazione di personaggi famosi e luoghi della tradizione letteraria e poetica, oltre al ritratto di seducenti cortigiane dei quartieri di piacere, di famosi attori di Kabuki fino alle visioni di mostri e spettri raffigurati in maniera grottesca o comica.
Tra le serie
di maggior successo degli anni trenta vanno ricordate senz’altro quelle
dedicate alle cascate e ai ponti famosi del Giappone, anche se fu con Trentasei vedute del monte Fuji che
Hokusai si affermò sul mercato delle immagini di paesaggio come grande maestro.
Da allora in avanti nessun artista del Mondo Fluttuante poté esimersi dal far
riferimento alla sua opera e, in particolare, a una stampa appartenente a
questa serie divenuta icona dell’arte giapponese: La grande onda presso le coste di
Kanagawa.
L’ammirazione
verso la Grande onda, è dovuta a
questa silografia che mostra il talento assoluto di Hokusa nella composizione
grafica. Il monte Fuji appare piccolo e in lontananza quasi inghiottito
dall’immensa onda in primo piano che si alza sfaldandosi in bianca schiuma a
unghia di drago, dentro la quale alcune barche di pescatori sono in balia dei
flutti. Si tratta di una raffigurazione della natura dalla forza violenta in
rapporto all’uomo, ma anche sacra. Un’immagine di grande impatto universale.
Più giovane
di circa vent’anni rispetto a Hokusai, Hiroshige
divenne un nome celebre della pittura ukiyoe poco dopo l’uscita delle
Trentasei vedute del monte Fuji del maestro grazie a una serie, nello stesso
formato orizzontale, che illustrava la grande via che collega Edo (l’antico
nome di Tokyo) a Kyoto. Si trattava delle Cinquantatrè stazioni di posta del TöKaidö, conosciute come “Höeidö Tökadö” dal nome dell’editore che lanciò
verso il successo Hiroshige. Da allora l’artista lavorò ripetutamente su questo
stesso soggetto, producendo decine di serie diverse fino agli anni cinquanta.
La qualità delle illustrazioni di paesaggio e vedute del Giappone, la varietà
degli elementi stagionali e atmosferici – nevi, piogge, nebbie, chiarori di
luna – che Hiroshige seppe descrivere facendoli percepire in modo quasi
sensoriale gli valse il titolo di “maestro della pioggia e della neve”.
La sua
dedizione instancabile al lavoro, che fruttò centinaia di dipinti su rotolo
oltre che silografie policrome, lo portò a sperimentare in questo campo diversi
formati di foglio fino ad approdare a quello verticale, che sfruttò al massimo
delle potenzialità grafiche, a partire dagli anni cinquanta. All’asimmetria
della composizione, in un equilibrio di pieni e vuoti che si controbilanciano
nello spazio mai mostrato per intero, come una sorta di close-up fotografico,
lasciando tutti gli altri elementi del paesaggio sullo sfondo e in dimensioni
molto ridotte. Puri espedienti per un gioco grafico, ottico, quasi
illusionistico che sfrutta tutte le tecniche pre-fotografiche legate ai visori
ottici, all’effetto di prospettiva aumentata grazie a lenti di ogni tipo e
dispositivi come la lanterna magica importati dall’Occidente e utilizzati in
gran quantità dai maestri dell’epoca.
Questa
novità stilistica è ben visibile nella serie dedicata alle Trentasei vedute del Fuji, in
cui Hiroshige a distanza di un ventennio della serie di Hikusai, cerca nuovi
espedienti per imporsi sul mercato con un soggetto classico e segnato dalla
fama del maestro. Lo fa appunto sfruttando il formato verticale e citando, in
qualche modo, la Grande onda di
Hokusai nella veduta Il mare di Satta nella provincia di Suruga (1858)
e ancora nella veduta di Awa. I gorghi di Naruto, parte della
serie illustrazioni di luoghi celebri delle sessanta e oltre province del
1855. Ma l’espressione massima delle novità grafiche introdotte da Hiroshige la
possiamo trovare nel suo capolavoro finale, interrotto dalla morte nel 1858. Cento
vedute di luoghi celebri di Edo, che chiude anche il percorso della mostra.
L’apertura
del Giappone all’Occidente segnò, oltre che un movimento di professionisti e
imprenditori in entrata, un’uscita enorme di prodotti, tra cui le fotografie ovviamente,
ma soprattutto le stampe ukiyoe. Le
pubblicazioni parigine come Le Japon
Artistique, che in più uscite scelsero per la copertina silografie di
Hiroshige e altri artisti ukiyoe, ma
anche le tantissime lettere di Van Gogh al fratello Theo dove parla della sua
ammirazione profonda e dell’influenza che la semplicità della natura giapponese
stava avendo nella sua arte, della necessità di collezionare stampe ukiyoe e la volontà di farne una mostra,
e ancora gli sfondi di alcuni dipinti come il ritratto di Pére Tanguy sempre di Van Gogh, che riporta come sfondo un collage
di stampe perlopiù di Hiroshige, ma anche di Hokusai ed Eisen, sono tutte
testimonianze dell’onda giapponese che travolse il mondo artistico europeo
nella seconda metà dell’Ottocento, dando vita al fenomeno Japonisme.
Maria Paola
Forlani