NATALIA
GONCHAROVA
Tra Gauguin, Matisse e Picasso
Fino al 12
gennaio 2020 Palazzo Strozzi celebra Natalia
Goncharova, straordinaria
figura femminile delle avanguardie di primo Novecento, attraverso una grande
retrospettiva che ripercorre la sua vita controcorrente e la sua produzione
artistica a confronto con opere di celebri artisti che sono stati per lei punti
di riferimento come Paul Gauguin,
Henri Matisse, Pablo Picasso, Umberto Boccioni.
L’esposizione – a
cura di Ludovica Sebregondi, Fondazione Palazzo Strozzi, Matthew Gale, Head of
Displays e Natalia Sidlina, Curator, International Art, Tate Modern – esalta la
poliedricità di Natalia
Goncharova, tra i
principali artisti dell’avanguardia russa, attiva come pittrice, costumista,
illustratrice, grafica, scenografa, decoratrice, stilista, ma anche come
attrice cinematografica, ballerina e performing
artist ante litteram.
Nata nel 1881
presso Tula, Natalia Goncharova trascorre l’infanzia in campagna. Nel 1892 si
trasferisce a Mosca dove si iscrive, dopo aver rinunciato agli studi
universitari che pure aveva cominciato, all’istituto di pittura, scultura e
architettura, dedicandosi soprattutto alla scultura. Ė Michail Larinov a spingerla sul
versante della pittura, intravedendo la sua propensione al colore “Hai occhi
per il colore ma ti occupi della forma. Apri i tuoi occhi ai tuoi occhi ! “.
Seguendo il consiglio del pittore, Natalia si avvicina all’opera su tela
proponendo lavori di chiara derivazione impressionistica per passare a un
genere più vicino al Simbolismo.
La vera svolta arriva nel 1908, quando
l’industriale e mecenate russo Nikolai Ryabushinskij finanzia una grande mostra
di arte contemporanea francese. Natalia e colleghi hanno così occasione di
ammirare le proposte dei pittori post-impressionisti e dei Fauves. Negli stessi
anni, grazie ad alcuni collezionisti come Morozov e Shchukin, giungono in
Russia alcune tele cubiste. L’esempio di Picasso è fondamentale per lo stile
della Goncharova, che riesce a mediare le nuove istanze dell’arte europea con
la tradizione russa.
Il vivo ricordo dell’arte popolare delle campagne russe è
evidente in opere quali Natività, in cui la pittrice sembra proporre una
tradizione moderna delle icone, reinterpretate secondo le nuove leggi della
rappresentazione dal vero. “Il cubismo è una buona cosa, ma non è poi così
nuovo. Le streghe di pietra degli sciti, le bambole di legno dipinte vendute
nelle fiere, sono anch’esse delle bambole cubiste”, ammette lei stessa.
Memore
della propria infanzia trascorsa in campagna, Natalia ama ritrarre scene di
vita del contado, a cui sa donare una trascendenza da immagine sacra, vicina al
linguaggio delle icone popolari. Insieme a Larinov è tra i fondatori del Fante
di quadri, gruppo al quale aderiscono i principali esponenti delle Avanguardie
russe: Lentualov, Mashkov, Konchalovskij, Falk, Kuprin.
La prima mostra di
questi artisti suscita grande scandalo nella Russia del tempo. Dopo due anni di
collaborazione, la pittrice e Larinov prendono le distanze dal gruppo accusando
i membri di assoggettarsi in modo critico all’arte europea. Il loro nuovo
circolo artistico, detto Coda d’Asino, accoglie personaggi quali Vladimir
Tatlin e Kasimir Malevič, destinati a giocare un ruolo
importante nella scena artistica e politica della Russia della Rivoluzione.
La
censura interviene su alcune tele a soggetto religioso esposte dalla pittrice
alla mostra del gruppo – tra le quali i bellissimi pannelli dedicati agli
Evangelisti – perché ritenute irriverenti. Inevitabile è anche il distacco da
Coda d’Asino: i due artisti stanno elaborando un nuovo stile pittorico, che
definiscono Raggismo.
La creatività della pittrice non ha limiti, la sua
espressione è libera di cogliere suggestioni dai diversi linguaggi
avanguardistici senza legarsi a uno in particolare. Questa profonda autonomia
stilistica (“Fauvismo di tutte le varietà, Cubismo di tutti i sistemi e
Futurismo di tutte le nazionalità”) colpisce profondamente Guilloume
Apollinaire, sempre attento alle novità in arte, e impressiona il coreografo
Serge Diaghhiilev a tal punto da chiedere alla pittrice di lavorare per lui.
Comincia così una proficua collaborazione con il teatro, per il quale Natalia
esegue alcune scenografie e studi per costumi “ Questa donna trascina tutta
Mosca e tutto San Pietroburgo dietro di sé”, scriverà di lei lo stesso
Diaghilev, “non si imita solo la sua opera ma la sua personalità…”
Negli anni Venti
Natalia è in Francia dove partecipa attivamente alla cosiddetta “Scuola di
Parigi”. Fedele alle tradizioni della madrepatria, diventa una dei principali
esponenti di quei pittori dell’Est che hanno trovato a Parigi una seconda
patria. In questi anni conosce e diventa amica di Matisse, Derain, Picasso,
Delaunay, Léger, Cocteau e molti altri, avvicinandosi anche agli ambienti
dadaisti, attraverso il poeta Tristan Tzara. Solo negli anni trenta la critica
comincia a disinteressarsi del suo lavoro aggravando la crisi dell’artista,
scaturita dalla morte di Diaghilev, avvenuta nel 1929. Nel 1955, a
settantaquattro anni, convola a giuste nozze con il compagno di tutta una vita,
Michail Larinov. Morirà sette anni dopo, il 7 ottobre del 1962.
La mostra di
Palazzo Strozzi.
In una sorta di
viaggio tra la campagna russa dove è cresciuta, Mosca dove si è formata, e
Parigi dove ha scelto di vivere, la mostra permette di raccontare la
straordinaria vivacità di un’artista originale e innovativa, vera e propria enfant terribile dell’avanguardia.
Il percorso ospita
130 opere, in prestito da importanti collezioni e istituti internazionali: da
musei russi quali la Galleria Tretyakov di Mosca e il museo Statale Russo di
San Pietroburgo, e delle collezioni della Tate, della National Gallery, della
Estorick Collection e del Victoria and Albert Museum di Londra, fondamentali
anche i prestiti da istituzioni italiane come i milanesi Museo del Novecento e
il Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco, oltre che dal Mart di
Rovereto.
Tra le principali opere presenti in mostra lavori giovanili quali l’ Autoritratto con gigli gialli (1907-1908), la tela Contadini che raccolgono le mele (1911) già proprietà di Ivan Morozov, uno dei maggiori collezionisti del primo Novecento, il polittico della Mietitura (1911) e i suoi dipinti di nudi, che la portarono a processo per oscenità. Una sezione dedicata alle opere religiose accoglie tra l’altro il monumentale polittico degli Evangelisti (1911), che nel 1914 a San Pietroburgo sconvolse il pubblico e fu ritirato dalle autorità. In occasione della mostra fiorentina è stato restaurato il grande paravento commissionato a Natalia nel 1927 per l’Arts Club di Chicago della raffinata collezionista americana Rue Winterbotham Carpenter. La mostra presenta inoltre un confronto con importanti opere di futuristi italiani, come lo studio per La città che sale di Boccioni e Velocità astratta – l’auto è passata di Balla.
Il confronto tra
gli studi per Dinamismo di un
ciclista di Boccioni e il Ciclista di Goncharova permette di apprezzare analogie e differenze
tra Futurismo italiano e russo e di ripercorrere il rapporto con Marinetti e
con gli artisti frequentati a Roma tra il 1916 e ’17.
Maria Paola
Forlani
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