Pietro Aretino e l’arte nel Rinascimento
Per
molti suoi contemporanei era “divino”, per altri il “flagello dei principi”, a
motivo delle sue satire e degli arguti motteggi.
Sta
di fatto che il poeta e scrittore Pietro Aretino costituì la penna più
acuminata, sferzante, licenziosa del suo tempo, con i celeberrimi quanto
scandalosi Sonetti
lussuriosi che
lo resero inviso a signori e alti prelati. E questi si vendicarono a modo loro,
accentuando lo strascico di infamie rivolte al suo personaggio, che arrivò, nel
tempo, a gonfiare addirittura la favola di un trapasso dovuto a un accesso di
risate.
Nell’Aula
Magliabechiana degli Uffizi, un’avvincente narrazione per immagini dell’Italia
del Cinquecento ripercorre la vita del poliedrico intellettuale amico del
cardinale Giulio de’ Medici – che portò a Roma alla corte di Papa Leone X – e
di maestri come Tiziano, Raffaello, Parmigianino, che lo ritrassero nelle loro
opere e con i quali intratteneva fitte e appassionate corrispondenze
epistolari. È l’animo stesso
dell’Aretino, assieme alla sua fecondissima penna, a guidare e, al tempo stesso,
divertire gli ospiti della mostra Pietro Aretino e l’arte nel
Rinascimento a
cura di Anna Bisceglia, Matteo Ceriana e Paolo Procaccioli.
Il
percorso espositivo – che si avvale di numerosi prestiti internazionali –
raccoglie oltre cento opere tra pitture, sculture, libri a stampa, che
restituiscono la biografia e lo spirito del poeta nei luoghi simbolo del
Rinascimento, accanto alla fervida realtà culturale della prima metà del
Cinquecento, dalla Roma dei papi Medici alla Mantova dei Gonzaga, dalla Venezia
del doge Gritti a Urbino, Perugia, Arezzo, Milano.
Il
Ritratto di Pietro Aretino, uno dei capolavori di Tiziano conservato nella
Galleria Palatina di Palazzo Pitti, donato dallo stesso letterato al duca
Cosimo de’ Medici, apre il percorso. Appartengono all’artista anche lo Stendardo
della Resurrezione, prestito speciale della Galleria delle Marche
di Urbino e il Ritratto del Kunstmuseum di Basilea,
recentemente attribuito al maestro, in cui Aretino assai giovane reca in testa
“scuffiotto”; un copricapo al tempo assai di moda.
E
ancora dipinti, medaglie, stampe, libri oggetti di uso ‘griffati’ con il suo
nome ed il suo volto, quasi una sorta di ‘linea’ dimostrano come il sagace
intellettuale toscano sia riuscito a “sponsorizzare” se stesso e la propria
immagine.
In
mostra anche le pagine dell’edizione originale dei Sonetti
lussuriosi, miracolosamente
scampata ai roghi di successive messe all’indice da parte della censura e poi
appartenuta anche al figlio del compositore Arturo Toscanini.
Non
manca la ricca selezione epistolare dello scrittore, un colossale giornale ante
litteram nel quale i pensieri dell’Aretino sulle arti assumono l’aspetto di
vere e proprie recensioni, ponendosi alla base della nascita della moderna
storia e critica dell’arte
.
Fu
Venezia, repubblica imprenditoriale e capitale della stampa, la leva su cui
poggiò il potere del “flagello dei principi”, trasformandolo nel “segreto del
mondo”, l’elargitore di lodi che davano la fama (e gli fruttavano doni) e
invettive come quella sulla “sconvenienza” del Giudizio di Michelangelo,
che fu il combinato disposto dalla stizza di Aretino per non esser riuscito a
ottenere un disegno del maestro e della sua pia illusione di guadagnarsi la
porpora cardinalizia.
M.P..F.
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