Ritratto di Donna. Il
sogno degli anni Venti e lo
Sguardo di Ubaldo Oppi
L’amicizia
femminile, il segno, il doppio riflesso nello specchio, il rapporto tra il
pittore e la modella, donne fiere al punto da divenire feline, la nostalgia di
paradisi perduti, ma anche la crudezza della realtà, sono i temi della mostra Ritratto di Donna. Il sogno degli anni
Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi.
Dipinti
meravigliosi, abiti bellissimi, gioielli, sogni di esotismo, desideri di viaggi
amori pervadono lo spazio espositivo, in dialogo bellissimo con l’architettura
della basilica palladiana. L’effetto è magico, rievocando quegli Anni Venti in
cui, come scrisse la prima critica d’arte donna, la potente Margherita
Sarfatti, “la pittura appare tra tutte l’arte magica per eccellenza”.
Lo scrittore
Massimo Bontempelli, quasi evocasse le ragazze di oggi, raccontava con
affascinata meraviglia i primi piani delle donne distratte nei caffè. Siamo
negli anni Venti e, nell’Europa uscita dalla Prima guerra mondiale, le donne
cominciano a conquistare un proprio ruolo: sempre più autonomo, seduttive e
moderne.
I capelli si accorciano come la lunghezza delle gonne, mentre la loro
influenza nella società e nella cultura si fa sempre più intensa. Coco Chanel
cambia la moda, Amelia Earhart attraversa in volo l’Atlantico, i balli di
Josephine Baker incantano Parigi, Virgina Woolf scrive i suoi capolavori.
Sogni di
avventure, amori e successi imperniano le esigenze degli artisti che
attraversano quegli anni come un viaggio ricco di aspettative e desideri, in un
tempo che sa essere anche complicato. Interpreti sensibili dei cambiamenti e
dei sentimenti, i pittori danno vita a immaginari nuovi, da cui nascono
ritratti di donne che si stagliano da protagoniste con potenti personalità,
esaltate nella loro seducente energia.
Di queste signore
offrono ritratti magnatici gli artisti che stanno promuovendo l’arte più nuova,
all’insegna di una ‘classicità moderna’.
Sono tutti stati convocati nella
mostra: Felice Casorati, Mario Sironi, Antonio Donghi, Achille Funi, Piero
Marussig, Mario Cavalieri, Guido Cadorin, Massimo Campigli e, naturalmente
Ubaldo Oppi. Oppi cresciuto a Vicenza ma formatosi tra Vienna, Venezia e
Parigi, ha un immediato successo in mostre importantissime, anche nella Milano
e nella Roma dei primi anni Venti, dove viene ‘scoperto’ da Margherita Sarfatti
e Ugo Ojetti.
I suoi dipinti ci rivelano lo sguardo attraverso cui scorrono in
mostra una costellazione di ritratti dei maggiori artisti che sono stati suoi
amici e avversari in esposizioni strabilianti, dal Salon d’Automne di Parigi al
Premio Carnegie di Pittsburg, dalla Biennale di Venezia alla mostra Modern
Italian Art di New York.
La mostra è parte
di un progetto di rilancio della Basilica Palladiana di Vicenza, destinata a ospitare
continuamente mostre di rilevanza internazionale.
L’esposizione è
curata da Stefania Portinari, docente di storia dell’arte contemporanea
all’Università Ca’ Foscari di Venezia, affiancata da un comitato scientifico
composto da Gabriella Belli (Fondazione Musei Civici di Venezia), Elena
Pontiggia (Accademia di Belle Arti di Brera), Alessandro Del Puppo (Università
degli studi di Udine), Luca Massimo Barbero (Fondazione Giorgio Cini di
Venezia) e molti altri ancora.
Una delle
correnti di pittura più affascinanti degli anni Venti è quella del Realismo
Magico”, in cui la visione della realtà è immersa in un’atmosfera di meraviglia
e di attesa, che in Italia è affiancata dalle ricerche degli artisti riuniti
nella definizione di “Novecento Italiano”, che declinano la loro arte evocando
anche memorie della classicità e del Rinascimento.
Tale esaltante
alleanza tra modernità e classicità è preceduta da una riflessione profonda sui
rinnovamenti della pittura che sono avvenuti a Vienna e a Parigi tra la fine
dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, in particolare da suggestioni
della Secessione Viennese guidata da Gustav Klimt, dal simbolismo e
dall’espressionismo, in cui le donne sono raffigurate come fanciulle, muse
dormienti, ninfe leggiadre o seduttrici, come dentro un sogno di fiaba. Non a
caso la mostra si apre con la leggendaria “Giuditta” di Klimt.
Quelle
raffigurazioni pervadono le ricerche di molti protagonisti dell’arte italiana e
trovano riscontro in particolare a Venezia, dove quelle influenze fioriscono
nelle mostre di giovani artisti che si tengono a Ca’ Pesaro, dove espongono tra
gli altri Vittorio Zecchin, Felice Casorati e Mario Cavaglieri, profondamente
influenzati dall’impatto di Klimt, che ha anche una sala personale alla
Biennale di Venezia del 1910.
Altri come Arturo Martini, Gino Rossi e Guido Cadorin, seguono la strada indicata dal post-impressionismo o dal cubismo. Da quelle meravigliose scoperte prende avvio un mondo nuovo, un’arte che non si era mai vista, che emana ispirazioni ardite e inebrianti follie, un’idea spregiudicata che innerva la Belle Époque e scorre, rinnovata, nel primo dopoguerra.
Ubaldo Oppi
(Bologna 1889 – Vicenza 1942) è un protagonista assoluto di quegli anni, uno
degli artisti più famosi tra l’Europa e gli Stati Uniti: a Parigi conosce
Modigliani allo sbando, ha un flirt con la modella Fernande Olivier, che lascia
Picasso per fuggire con lui, viene rapito dai colori intensi e dalle pennellate
fauves di Kees van Dongen, dai segni sinuosi di Matisse.
Negli anni Venti
crea affascinanti ritratti di donne, dalle Amiche all’amata moglie Delhy, che
vengono acquistate in collezioni favolose. Dalla Biennale di Venezia al Salon
d’Automne di Parigi, dal prestigioso Premio Carnegie a Pittsburg alla Mostra
della Secessione del Glaspalast di Monaco di Baviera, e conteso da curatori e
intellettuali. Assieme a lui si muovono nel panorama più avvincente dell’arte
protagonisti, tra gli altri Felice Casorati, Mario Sironi, Antonio Donghi,
Cagnaccio di San Pietro, Achille Funi, Mario Cavaglieri, Massimo Campigli e
molti altri ancora.
M.P.F.
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