Dora Maar
Dora
Maar, il cui nome di battesimo era Heriette Theodora Markovic, nacque a Parigi
da Josip Markoviḉ, architetto
croato famoso in Sud America, e Julie Voisin.
Il
padre aveva terminato gli studi a Parigi, divenendo architetto. Autore del padiglione
della Bosnia Erzegovina dell’Esposizione universale di Parigi del 1900, aveva
ricevuto incarichi prestigiosi a Buenos Aires e realizzato importanti edifici.
Dora trascorse un’adolescenza tra Parigi e la capitale argentina; fin da
bambina poteva rimanere attratta dalle opere di de Chirico e da nuove correnti
architettoniche, legate all’esperienza del padre.
A cavallo degli anni 20
studia all’École et Ateliers
d’Arts Décoratife a Parigi, vuole diventare pittrice e per questo frequenta
l’Académie Lhote dove incontra Henri Cartier Bresson, ma strada facendo nasce
in Dora il desiderio di immortalare artisticamente quello che vede, si
appassiona alla fotografia e si iscrive all’ École de Photographie de la Ville de Paris.
A
parte qualche opera pittorica Dora abbandonò la pittura e si dedicò alla
fotografia. Iniziò una fase di intenso lavoro; apre uno studio in
collaborazione con Pierre Kéfer e conosce Man Ray. Dai disagi della crisi
economica mondiale, dovuti al crollo della borsa di New York del ’29; gli anni
Trenta rappresentano un periodo favorevole allo sviluppo della “fotografia di
strada”.
Per Dora è fondamentale immortalare i momenti della sofferenza,
cogliere le espressioni, catturate agli attimi di vita di migliaia di persone
poverissime, concentrate in baracche costruite con mezzi di fortuna: pezzi di
legno, di metallo o di cartone. Una parte consistente della produzione
fotografica di Dora viene realizzata in questa parte di Parigi. Mendicanti,
vagabondi, disperati e madri sole con figli piccoli, diventano attraverso Dora
opere fotografiche surrealistiche, scatti che sono esempi esplicativi della sua
originalità nel riuscire a cogliere tutta l’umanità del gesto. (vedi la mostra alla Tate di Londra aperta
fino al 15 marzo 2020).
Dora
Maar condivide con altre artiste di estrazione borghese la presa di coscienza
della diffusa diseguaglianza sociale e della disperazione in cui versa gran
parte della popolazione. Si schiera dalla parte dei diseredati, ma “questa sua
presa di posizione era accompagnata da un’istintiva inclinazione per il
misterioso, il magico e il soprannaturale”, una sintonia che l’avvicina al
gruppo surrealista. Il mondo dei sogni, l’arte infantile, il primitivo,
l’erotismo l’inquietante stranezza del quotidiano: questo è l’universo di Dora.
Lo sguardo è un tema frequente, quasi ossessivo quanto la cecità e gli occhi
chiusi in trance o nel sonno; elemento surrealista ricorrente: “chiudere gli
occhi al mondo che ci circonda ci permette di aprirli all’inconscio”. Dora
viaggia per l’Europa, spesso da sola. Durante il suo viaggio in Costa Brava e a
Barcellona, cattura l’’atmosfera e il tono vitale della città con empatia e
tenerezza; appartengono a questo periodo scatti molto interessanti del mercato
della Boquerìa e il Parco Güell.
“ A venticinque anni ero molto di sinistra,
non come adesso, però non mi sono mai iscritta al partito comunista” L’impegno
politico di Dora si esprime dapprima in seno al gruppo surrealista: firma il
manifesto “Appel à la lutte”, pubblicato da Bretton nel febbraio del 1934. La
sua partecipazione si fa più attiva nel gruppo Contre-Attaque, creato nel 1935
da Georges Bataille e André Breton; condivide con i membri la critica verso “
la frenetica necessità di ortodossia” del partito comunista, la condanna anticapitalista,
l’opposizione verso il parlamentarismo borghese, stigmatizzato come corrotto.
La rivoluzione sociale viene considerata l’unica e la sola possibile alternativa alle condizioni disumane nelle quali vive la maggior parte dei cittadini. Dopo lo scioglimento di Contre-Attaque nel 1936. Dora continua a condividere ideali dell’amico Bataille, i quali influenzano i suoi fotomontaggi del tempo, introducendo una sorta di contestualizzazione religiosa dell’erotismo, in una prospettiva enigmatica.
Impegnata
in incarichi, mostre, pubblicazioni, critiche sui giornali e attività nel mondo
della moda, diviene responsabile delle relazioni pubbliche dello stilista J.
Heim. Veste con eleganza e ha una grande passione per i cappelli.
Pubblica
le sue prime foto nel 1930 e l’anno seguente lavora con il fotografo ungherese
Bassaï.
Nel
1931, in società con Pierre Kéfer, apre uno studio fotografico, operando nel
settore della moda e della pubblicità, firmando le sue foto Kéfer-Dora Maar. Di
estrema sinistra, diviene famosa con la sua Rollei, per le istantanee che
ritraggono la mondanità francese.
Le sue foto vengono pubblicate su riviste
prestigiose come Madame Figaro. Diviene prima la compagna del cineasta Louis
Chavance, e in seguito del poeta George Bataill. Espone all’Internazionale
della fotografia di Bruxelles e alla mostra dello studio Saint-Jacque per la
“Costitution des Artistes Photographes”.
George Bataille la introduce nella
cerchia dei surrealisti, dove conosce Breton, Eluard, Lerris, Man Ray. Prende
parte all’attività del gruppo con alcune foto e fotomontaggi; ritocca i
negativi, utilizza solarizzazioni, collage, fotomontaggi e sovrapposizioni.
Maar
era già conosciuta come fotografa prima di incontrare Picasso. Il primo
incontro avvenne a Parigi nel 1935 sul set del film Le crime de
Monsieur Lange di Jean Renoir quando lei aeva 28 ani e lui
54. Il secondo sulla terrazza del caffè Les Deux – Magot a Saint-Germain-
des- Prés dove Dora, seduta da sola a un tavolino, colpiva con un coltello lo
spazio tra un dito e l’altro della mano, inguantate di bianco, non fermandosi
se si feriva.
Li presentò il famoso poeta Paul Élluard, che accompagnava Picasso. Il pittore
si fece dare i suoi guanti insanguinati e li espose su una mensola del suo
appartamento. Picasso era affascinato dalla bellezza e dello spagnolo fluente
di Dora che era cresciuta in Argentina.
Poco
dopo quest’incontro trovò Picasso un nuovo appartamento in affitto, in Rue des
Grands-Augustins, mentre lei restò nella casa dietro l’angolo,
potendo accedere allo studio dell’artista solo su invito.
Picasso
adorava umiliare Dora, tanto da convincerla ad abbandonare la fotografia per
la pittura, campo in cui non poteva competere con l’artista. La faceva
ingelosire essendo ancora legato a Marie-Thérése Walter, che gli aveva dato
anche una figlia, Maya.
L’ormai ex-fotografa fu sopraffatta dalla personalità del pittore: divenne la sua musa privata e la ritrasse in numerosissimi dipinti, ma era vista anche come l’incarnazione stessa del dolore. Picasso iniziò a dipingere Guernica usando il volto di Dora per ritrarre la figura che sorregge la lampada al centro, e lei affascinata dalla potenza figurativa del dipinto, riprese in mano la macchina fotografica e cominciò a scattare. Gli scatti fotografici che la resero famosa al mondo artistico testimoniano ancora oggi l’evoluzione dell’opera e furono pubblicati nel numero 4-5 della rivista Cahier d’art del 1937. Insieme lei e Picasso studiarono diversi tipi di stampa con Man Ray.
La
loro relazione durò quasi nove anni. Dora Maar fu lasciata da Picasso, che nel
1943 aveva appena incontrato la giovanissima Franḉoise Gilot, e cadde in una profonda
depressione, soffrendo anche per la propria sterilità, che la costrinse a farsi
ricoverare in una clinica psichiatrica.
Fu sottoposta a numerosi eletroshok e presa in cura dallo psicanalista dello stesso Picasso, Jacques Lacan, che riuscì a farle accettare la malattia.
Fu
una delle poche amanti a sopravvivere a Picasso non suicidandosi, sebbene
dicesse “
Io non sono stata l’amante di Picasso. Lui era soltanto il mio padrone.
M.P.F.
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