Ulisse.
L’arte e il mito
Itaca
ti ha dato il bel viaggio,
senza
di lei mai ti saresti messo
sulla
strada: che cos’altro ti aspetti?
E
se la trovi povera, non per questa Itaca ti avrà deluso.
Konstantinos
Kavafis, Itaca,
1911
Una
nuova, ambiziosa sfida. Un viaggio nell’arte mai raccontato che ripercorre,
attraverso i secoli, le vicende del più antico e moderno personaggio della
letteratura occidentale: l’uomo dal “multiforme ingegno” Ulisse.
All’eroe
omerico, eroe dell’esperienza umana, è dedicata la grande mostra “Ulisse. L’arte e
il mito”ospitata
presso i Musei San Domenico di Forlì fino al 21 giugno 2020, a cura di Antonio
Paolucci.
Il
tema indagato è quello di Ulisse e del suo mito che, da oltre tremila anni,
domina la cultura dell’area mediterranea. Mito universale che si è fatto storia
fino a divenire archetipo e immagine e che oggi, come nei millenni trascorsi,
trova declinazione di volta in volta diverse. Basti pensare a Dante del XXVIº dell’Inferno,
allo Stanley Kubrick di 2001- Odissea nello spazio, al capitano Acab di Moby
Dick, alla città degli immortali di Borges, al Tasso della Gerusalemme liberata
o alla Ulissiade di Leopold Bloom, l’eroe del libro di Joyce.
Le
sale del San Domenico ospitano 250 opere tra le più significative, dall’antico
al Novecento, suddivise in 16 sezioni, in un percorso museale che ricomprende
pittura, scultura, miniature, mosaici, ceramiche, arazzi e opere grafiche e che
si snoda attraverso i più grandi nomi dell’epoca.
A
partire dall’Ulisse
di
Sperlonga, opera in marmo risalente al I
sec. dell’ antichità. Nella suggestiva cornice di San Giacomo è possibile
ammirare il Concilio
degli dei di
Rubens, e via via la Penelope del Beccafumi, la di Waterhouse in
arrivo dall’Australia, fino a Le muse inquietanti di De Chirico, all’Ulisse di Arturo Martini
e al cavallo Satuario di Mimmo Paladino.
A
segnare l’incipit,
e
non solo ideale, del percorso artistico e museale della mostra è un
ritrovamento eccezionale: la nave greca arcaica di Gela, tra le più antiche del
mondo, che per la prima volta dopo il suo ritrovamento nei fondali marini di
Gela è esposta, nelle sue parti più significative, nella chiesa di San Giacomo.
Ad
accogliere il visitatore all’ingresso della mostra, il grande cavallo di Troia
che campeggia sul piazzale antistante i Musei, potente icona evocativa e
simbolica delle vicende dell’eroe omerico. L’opera intende essere una
riproposizione in chiave contemporanea del tema della mostra e un
riconoscimento “pop” del mito di Ulisse.
Una
scena occupa uno spazio speciale ed è – come ci si sarebbe potuto attendere –
lo stratagemma utilizzato per conquistare la città nemica: il ricorso al
cavallo di Troia, divenuto l’inganno per eccellenza. Tra le opere esposte che
lo ricordano, si può segnalare, appunto, la scultura di Mimmo Paladino.
La
saga di Ulisse presenta numerosi personaggi, che hanno assunto una fisionomia
autonoma. Di questa operazione culturale portata avanti nel tempo, ma
sviluppatasi già nell’antichità, le opere esposte parlano in maniera diffusa:
si
Veda
l’attenzione prestata a figure femminili quali Penelope – risaltano in
particolare due quadri di Angela Kauffman – Circe di Johon William Waterhouse,
ma anche la ninfa Calispo, raffigurata in un olio su tela di Luca Giordano e la
giovane Nausicaa. O ancora: il padre Laerte, il figlio Telemaco, la nutrice
Euriclea, lo stesso cane Argo.
C’è,
infine, un Ulisse più intimo, sconfitto che si afferma a partire dal Novecento:
in questo caso l’attenzione si può attraverso un disegno a matita a carboncino
su carta realizzato da Giorgio de Chirico. L’eroe è raffigurato all’interno di
una casa borghese una stanza con la porta semiaperta, una poltrona, una sedia
coi braccioli, un quadro appeso alla parete, un bastone: Ulisse è, da solo, ai
remi di una piccola barca in legno, che naviga in una sorta di pozzanghera sul
pavimento. Per sempre moderno.
M.P.F.
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