Trisha Baga. The Eye, the eye and the ear
Milano, Pirelli
HangarBicocca presenta fino al 10 gennaio 2021 la mostra personale di Trisha Baga “the
eye, the eye and ear”, che raccoglie installazioni video e sculture in
ceramica, in un percorso attraverso narrazioni sorprendenti e inusuali: dalla
fantascienza alla popstar Madonna, da antiche leggende ai dispositivi digitali
come Alexa Echo.
Trisha Baga,
americana di origini filippine, tra le video maker e artiste più innovative e
attive della sua generazione, combina linguaggi e media differenti, amatoriali
per trattare temi come l’identità di genere, il rapporto tra mondo reale e
digitale e l’evoluzione tecnologica, facendo emergere una diversa prospettiva
della contemporaneità.
Trisha Baga (Venice, Florida, 1985, viv
e e lavora a New York) sviluppa la sua pratica dalla seconda metà degli anni 2000 per mezzo di performance e video a partire da un esercizio di auto-riflessione sul corpo e sul linguaggio e la loro trasformazione nel corso del tempo. Utilizzando frammenti di cultura pop, humor e forme contemporanee di comunicazione, l’artista a poco a poco sostituisce fisicamente il proprio corpo con oggetti trovati o manipolati che diventano parte delle sue installazioni. La tecnologia 3D, che espande lo schermo del video nello spazio espositivo, diventa il suo medium privilegiato, con proiezioni che spesso, infatti, inglobano gli oggetti di scena dando vita a un gioco di volumi e ombre e stratificando lo spazio fisico in numerosi livelli visivi e sonori. Tra i protagonisti di questi paesaggi filmici, gli oggetti entrano a far parte della narrazione che alterna episodi apparentemente sconnessi tra loro a momenti strutturati, che richiamano l’attenzione del visitatore.
Attraverso
l’osservazione della trasformazione dei mezzi tecnologici e dei conseguenti
cambiamenti sociali, Trisha Baga decostruisce ironicamente schemi ed elementi
consolidati della cultura di massa e li mixa in un corpus eterogeneo di lavori.
La cantante Madonna può convivere con la figura dell’artista come in Madonna y El Niño (2010-2020); oppure
video ispirati a film di fantascienza possono sovrapporsi al ritratto della
famiglia Baga, mentre dispositivi elettronici entrati nella nostra
quotidianità, come Alexa Echo di Amazon, diventano protagonisti e personaggi
come avviene in Mollusca &The Pelvic Floor (2018)
Il buio domina, nel ventre industriale dell’Hangar. Un orologio, in un angolo, è l’unica certezza del viaggio. Accompagnati dallo scandire delle lancette possiamo accomodarci su una “gaming chair” basculante, di quelle da maniaci del videogame.
La mostra è
scandita da cinque imponenti installazioni video, in dialogo con le sculture.
Nel primo corridoio, infatti, dispone oggetti primordiali e tormentati,
modellati nella ceramica: cornici, microscopi, macchine fotografiche o
stampanti. Appartengono alla vita di tutti i giorni, ma sembrano fossili
arrivati da molto lontano. È
necessario percepire il tormento tattile della sua ceramica. E a questo si
aggiunge la semplificazione delle forme, in una grande immediatezza gestuale.
Il risultato è di potente espressività. E poi c’è la pittura, che accoglie dei
semi come fossero pigmenti su tela nei suoi Seed
painting. La luce di un
proiettore ce li fa percepire con la luminescenza di un monitor. I semi
appaiono come pixel di un’immagine digitale. Infine c’è l’installazione, in un
allestimento scenico che ricorda un paesaggio domestico caotico. È la sua casa, forse il suo studio. Siamo
seduti su un vecchio divano, con una copertina patchwork, le foto del suo cane
e i roller blade in un angolo. Complice l’atmosfera intima e sussurrata,
sprofondiamo in un triangolo di relazioni tra lei, la sua omosessualità e la
telecamera, in un video che registrava a soli 19 anni.
Baga usa narrazioni sfasate e sfalsate, in una post produzione senza confini. C’è sempre la possibilità di sovrapporre più piani: quello del reale, quello del racconto, del ricordo, della storia, personale ma anche universale (americana o filippina), oltre a quello del sogno. Davanti ai nostri occhi si concretizza come le tecnologie potrebbero modulare il nostro inconscio nel futuro, o come forse già stanno facendo nel presente. L’universo da lei rappresentato, senza coordinate spazio-temporali, somiglia a un flusso di coscienza ai tempi della rete. L’artista ci chiede di abbandonare criteri solo mentali, conosciuti finora. E invita ad avvicinarci alla sua opera usando, prima di qualsiasi altra cosa, i nostri sensi.
M.P.F.
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