martedì 1 settembre 2020

TRISHA BAGA

 


Trisha Baga. The Eye, the eye and the ear

Milano, Pirelli HangarBicocca presenta fino al 10 gennaio 2021 la mostra personale di Trisha Baga “the eye, the eye and ear”, che raccoglie installazioni video e sculture in ceramica, in un percorso attraverso narrazioni sorprendenti e inusuali: dalla fantascienza alla popstar Madonna, da antiche leggende ai dispositivi digitali come Alexa Echo.

Trisha Baga, americana di origini filippine, tra le video maker e artiste più innovative e attive della sua generazione, combina linguaggi e media differenti, amatoriali per trattare temi come l’identità di genere, il rapporto tra mondo reale e digitale e l’evoluzione tecnologica, facendo emergere una diversa prospettiva della contemporaneità.

Trisha Baga (Venice, Florida, 1985, viv


e e lavora a New York) sviluppa la sua pratica dalla seconda metà degli anni 2000 per mezzo di performance e video a partire da un esercizio di auto-riflessione sul corpo e sul linguaggio e la loro trasformazione nel corso del tempo. Utilizzando frammenti di cultura pop, humor e forme contemporanee di comunicazione, l’artista a poco a poco sostituisce fisicamente il proprio corpo con oggetti trovati o manipolati che diventano parte delle sue installazioni. La tecnologia 3D, che espande lo schermo del video nello spazio espositivo, diventa il suo medium privilegiato, con proiezioni che spesso, infatti, inglobano gli oggetti di scena dando vita a un gioco di volumi e ombre e stratificando lo spazio fisico in numerosi livelli visivi e sonori. Tra i protagonisti di questi paesaggi filmici, gli oggetti entrano a far parte della narrazione che alterna episodi apparentemente sconnessi tra loro a momenti strutturati, che richiamano l’attenzione del visitatore.

Attraverso l’osservazione della trasformazione dei mezzi tecnologici e dei conseguenti cambiamenti sociali, Trisha Baga decostruisce ironicamente schemi ed elementi consolidati della cultura di massa e li mixa in un corpus eterogeneo di lavori. La cantante Madonna può convivere con la figura dell’artista come in Madonna y El Niño (2010-2020); oppure video ispirati a film di fantascienza possono sovrapporsi al ritratto della famiglia Baga, mentre dispositivi elettronici entrati nella nostra quotidianità, come Alexa Echo di Amazon, diventano protagonisti e personaggi come avviene in Mollusca &The Pelvic Floor (2018)

Il buio domina, nel ventre industriale dell’Hangar. Un orologio, in un angolo, è l’unica certezza del viaggio. Accompagnati dallo scandire delle lancette possiamo accomodarci su una “gaming chair” basculante, di quelle da maniaci del videogame.


La mostra è scandita da cinque imponenti installazioni video, in dialogo con le sculture. Nel primo corridoio, infatti, dispone oggetti primordiali e tormentati, modellati nella ceramica: cornici, microscopi, macchine fotografiche o stampanti. Appartengono alla vita di tutti i giorni, ma sembrano fossili arrivati da molto lontano. È necessario percepire il tormento tattile della sua ceramica. E a questo si aggiunge la semplificazione delle forme, in una grande immediatezza gestuale. Il risultato è di potente espressività. E poi c’è la pittura, che accoglie dei semi come fossero pigmenti su tela nei suoi Seed painting. La luce di un proiettore ce li fa percepire con la luminescenza di un monitor. I semi appaiono come pixel di un’immagine digitale. Infine c’è l’installazione, in un allestimento scenico che ricorda un paesaggio domestico caotico. È la sua casa, forse il suo studio. Siamo seduti su un vecchio divano, con una copertina patchwork, le foto del suo cane e i roller blade in un angolo. Complice l’atmosfera intima e sussurrata, sprofondiamo in un triangolo di relazioni tra lei, la sua omosessualità e la telecamera, in un video che registrava a soli 19 anni.

Baga usa narrazioni sfasate e sfalsate, in una post produzione senza confini. C’è sempre la possibilità di sovrapporre più piani: quello del reale, quello del racconto, del ricordo, della storia, personale ma anche universale (americana o filippina), oltre a quello del sogno. Davanti ai nostri occhi si concretizza come le tecnologie potrebbero modulare il nostro inconscio nel futuro, o come forse già stanno facendo nel presente. L’universo da lei rappresentato, senza coordinate spazio-temporali, somiglia  a un flusso di coscienza ai tempi della rete. L’artista ci chiede di abbandonare criteri solo mentali, conosciuti finora. E invita ad avvicinarci alla sua opera usando, prima di qualsiasi altra cosa, i nostri sensi.


M.P.F.

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