lunedì 9 novembre 2020

IL DISEGNO DELLO SCULTORE HENRY MOORE

 


Il Disegno dello scultore

Henry Moore

Henry Moore torna a Firenze. A quasi cinquant’anni (era il 1972) dalla memorabile mostra al Forte di Belvedere che vide protagonista il maestro della scultura inglese, il Museo Novecento ha deciso di rendergli omaggio con “Il Disegno dello scultore. Henry Moore”, mostra curata da Sergio Risaliti, Direttore artistico del Museo Novecento, e Sebastiano Barassi, Head of Henry Moore collection and Exihibition.


La mostra organizzata in collaborazione con la Henry Moore Foundation (attualmente chiusa per COVI_19) sarà riaperta a dicembre fino al 23 maggio 2021, e vede il museo fiorentino ospitare una corposa selezione di disegni, circa settanta, assieme a grafiche e sculture.



“Essere giunti dopo due anni a creare una collaborazione scientifica con la prestigiosa Henry Moore Foundation per riportare a Firenze le opere del maestro, circa cinquant’anni dopo la mostra epocale al Forte di Belvedere, è motivo di vanto e di immensa soddisfazione – ha detto Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento e curatore della mostra -, “Il disegno dello scultore. Henry Moore”, vuole essere un dono alla città che ha sofferto una crisi drammatica e che sta uscendo a fatica ma con coraggio e orgoglio da questa situazione così difficile. Ci auguriamo che questo progetto funga da modello per altre realtà, tanto per qualità scientifica che per sostenibilità. C’è un altro aspetto che va evidenziato: il carattere inedito della selezione delle opere, che consente di entrare nel vivo della genesi concettuale e formale del lavoro del grande scultore. Infine il legame con il territorio, cui Moore fu legato fin dalla giovinezza, sancito dalla mostra del 1972”.


Con “Il Disegno dello scultore. Henry Moore” il Museo Novecento si posiziona a livello internazionale e lo fa con una mostra preparata negli ultimi due anni dal direttore dell’istruzione fiorentina in collaborazione con la direzione scientifica della Fondazione Moore. Le forme naturali – rocce, ciottoli, radici e tronchi -, gli animali, ma anche i crani e poi la realizzazione tra il creatore e la materia, esemplificata anche dai disegni che ritraggono le mani dell’artista o l’artista al lavoro nel paesaggio, divengono fulcro della mostra. Traendo spunto da una rilettura di alcuni temi centrali nella produzione di Moore, l’esposizione intende proporre un approfondimento sul valore del disegno nella sua pratica e sulla relazione con la scultura.


Secondo Moore infatti :  L’ osservazione della natura è decisiva nella vita dell’artista. Grazie a essa anche lo scultore arricchisce la propria conoscenza della forma, trova nutrimento per la propria ispirazione e mantiene la freschezza di visione, evitando di cristallizzarsi nella ripetizione di formule”.

Come una sorta di mostra nella mostra, a sancire il legame con il territorio e con la storia del collezionismo nato da una costola della celebre retrospettiva del Forte di Belvedere a cura di Giovanni Carandente (durante la quale furono esposte 289 opere in dialogo con l’architettura rinascimentale e il paesaggio circostante), sono esposte anche una selezione di piccole sculture presenti in collezioni private fiorentine e non solo.


Nella sala al piano terra, la presenza eccezionale di un cranio di elefante proveniente dallo studio dell’artista su cui Moore si è applicato costantemente anche per realizzare una serie di incisioni, sottolinea l’analisi delle forme da punti di vista variati e con soluzioni formali molteplici, nate forse sull’esempio di un’identica performance grafica di Picasso, quasi ossessionato dalla possibilità decostruttiva della figura del toro.


Con “Il disegno dello scultore. Henry Moore” si accende quindi un faro sulla produzione grafica di questo protagonista della scultura contemporanea, che nel corso della sua intensa attività ha avuto modo di confrontarsi non solo con la scultura primitiva ed extraeuropea e con le sperimentazioni formali e linguistiche delle avanguardie storiche – su tutte, le esperienze di Brancusi e Picasso -, ma anche con la tradizione della grande arte italiana dei secoli precedenti, in particolare con quella dei maestri attivi a Firenze e in Toscana, i grandi artefici dell’umanesimo in arte.


La mostra significativa per presenza di opere e per il carattere inedito della scelta, rinsalda pertanto il legame di Moore con il territorio, che tuttora ospita opere monumentali dell’artista e che ha accolto, oltre all’importante esposizione del 1972, una mostra nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio nel 1987.


Va ricordato poi che Firenze ha rappresentato un momento saliente e forse cruciale nella formazione del genio artistico di Moore, giunto in città per la prima volta nel 1925, durante il suo primo viaggio di studio in Italia, realizzato grazie ad una borsa di studio messa a disposizione dal Royal College of Art. Fu quella l’occasione per ammirare e osservare le creazioni dei grandi maestri del passato, tra cui Giotto, Donatello, Masaccio e Michelangelo.


Lo scopo principale dei miei disegni è di aiutarmi a scolpire. Il disegno è infatti un mezzo per generare idee per la scultura, per estrarre da sé l’idea iniziale, per organizzare le idee e per provare a svilupparle…Mi servo del disegno anche come metodo di studio e osservazione della natura (studi di nudo, di conchiglie, di ossi e altro). Mi accade anche, a volte, di disegnare per il puro piacere di farlo”, ha dichiarato Moore.


Soffermarsi sull’opera grafica di Moore e sui i temi prediletti dall’artista significa allora entrare nel vivo della genesi della sua arte. Il disegno appare non solo come esercizio preparatorio dello scultore, concentrato a bloccare l’immaginazione per poi comprendere le forme e il loro sviluppo tridimensionale.


Emerge infatti, dalla selezione delle opere, una pratica anche autonoma, poeticamente libera, e che comunque sembra indicare con estrema precisione quali siano state fin dalla giovinezza le fonti d’ispirazione naturali per il grande artista, che affermava. “Il profondo interesse che nutro per la figura umana non mi ha impedito di prestare, da sempre, una grande  attenzione alle forme naturali, come ossi, conchiglie, sassi e così via”

È ancora lo stesso Moore a dichiarare, inoltre: “la natura fornisce allo scultore un repertorio illimitato di forme e di ritmi (reso ancor più vasto dal telescopio e dal microscopio) che gli permette di arricchire immensamente la propria esperienza della forma…I sassi e le rocce ad esempio mostrano il mondo in cui la natura lavora la pietra…nelle rocce, nel loro ritmo nervoso, irregolare e discontinuo, si ha la dimostrazione di come si possa agire sulla pietra spaccandola, tagliandola in modo netto…Gli ossi presentano una sorprendente potenza strutturale unita a una forte tensione formale…Gli alberi (i tronchi d’albero) insegnano a riconoscere i principi con cui si sviluppano e si rinforzano le articolazioni, rendendo agile la connessione tra le varie parti della struttura…Nelle conchiglie la natura ci offre immagine della forma dura e cava (scultura metallica) perfettamente conclusa in se stessa”.

M.P.F.

 

 

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