Giovanni Bellini
L’eccellenza del colore
Di Peter Humfrey
In un ideale atlante delle immagini del Rinascimento Giovanni Bellini (1438/1516) occupa una posizione strategica. È l’artista che più di altri, sa tradurre in un linguaggio figurativo popolare la potenza e la devozione della Repubblica di Venezia. Le sue Madonne col Bambino, ambite dall’aristocrazia lagunare e poi dai musei del mondo, cristallizzano un’iconografia che sintetizza cultura orientale e occidentale. Mentre le sale e le chiese che raccolgano questo patrimonio materiale restano vuote, è possibile ripercorrere l’opera del maestro del colore attraverso la monografia appena pubblicata da Marsilio: una porta accessibile e dall’apparato fotografico impeccabili.
Il grande rinnovatore della pittura veneziana è fratello di Gentile Bellini, Giovanni Bellini (Venezia, 1425-30 ivi, 1516), talvolta detto <<Giambellino>>. Educatosi nella bottega paterna, egli sente il bisogno di più ampie conoscenze, di studi approfonditi sui maggiori artisti apportatori di novità rinascimentali, sia su quelli che hanno lasciato tracce a Venezia, come Andrea del Castagno, sia quelli che operano furi, da Piero della Francesca e da Roger Van der Weyden (che può aver visto a Ferrara). Al Mantegna, i rapporti col quale si fanno poi più stretti per il matrimonio di quest’ultimo con la sorella del Bellini, Nicolosia.
Fra i due pittori vi sono scambi reciproci, fruttuosi per ciascuno dei due. Giovanni conferisce però sempre alle sue figure un accento lirico, intimo, anche quando più evidenti sono gli elementi mantegneschi, come nell’Orazione nell’orto. La vicinanza e, al tempo stesso, la profonda divergenza dei due artisti è visibile in molte altre opere degli anni ’60: per esempio nella Trasfigurazione di Cristo (Venezia, Museo Correr) e, soprattutto, nella Pietà. Sono queste le caratteristiche che il pittore andrà sempre più sviluppando. La Trasfigurazione, dipinta fra il 1480 e il 1485, è opera capitale, Bellini rinuncia a rappresentare, secondo narrazione evangelica e secondo l’iconografia tradizionale, i tre protagonisti evangelici e i tre protagonisti (Cristo, Mosè, Elia) in alto e i tre apostoli (Pietro, Giacomo, Giovanni) in basso sul colle Tabor, limitandosi a indicare la differenza gerarchica fra i due gruppi con le diverse posizioni sono, tutti, uomini che vivono in un’unica natura amica. Per questo rinuncia anche alla prevalenza quantitativa delle figure sul paesaggio, stabilendo così un nuovo rapporto fra l’uomo e la natura.
Tutto è costruito con il colore. Cristo, dai riflessi luminosi della candida veste che lo avvolge, riceve leggerezza, quasi una levitazione, che esprime il suo <<trasfigurarsi>>.
Quale
importanza abbia avuto per Venezia la breve permanenza di Antonello da Messina
è evidente nella Pala di San Giobbe del Bellini che
ben si confronta con quella di San Cassiano di Antonello
(1470)
Nella Pala di San Giobbe le figure si dispongono dolcemente intorno alla Madonna, entro un’architettura albertiana. I colori con cui sono costruite le figure si fondono fra loro mediante una luce calda che tutto unifica nei riflessi del mosaico del catino absidale.
Quando
dipinge la Pala
di San Zacaria, Giovanni Bellini è ormai vecchio. Ma,
proseguendo sulla strada intrapresa con la Pala di San Giobbe, raffina ancora
più il suo delicato luminismo cromatico…
Giovanni Bellini, infaticabile ricercatore durante la sua lunga vita, artista sensibile e intimamente lirico, il più grande del’400 veneziano, chiude un’epoca e si pone, al tempo stesso, all’inizio di una età nuova.
M.P.F.
La Monografia
Giovanni
Bellini.
L’eccellenza
del colore
Di
Peter Humfrey
Marsilio
(pagg.290, euro 60
Con
180 illustrazioni
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