Sophie Taeuber-Arp
Living Abstraction
Ricca di 250 opere che dimostrano il suo eclettismo a livello di tecniche e mezzi espressivi, la retrospettiva che il Kunstmuseum dedica a Sophie Taeber-Arp (Davos, 1889 – Zurigo, 1943) si intitola Living abstraction : un’espressione che sottolinea lo stretto collegamento tra arte e vita proclamato dall’artista svizzera. Il suo era infatti un progetto utopistico (ma concreto) di trasformazione del mondo grazie all’estetica, di penetrazione dell’artista in tutti i settori della vita. La mostra, proposta al pubblico nella sede della Neubau, viene realizzata dal museo svizzero in collaborazione con il Moma di New York e la Tate di Londra.
<<Il desiderio di arricchire e rendere più belli gli oggetti non deve essere interpretato nel senso di aumentare il valore; si tratta invece di un istinto verso la perfezione e l’atto creativo>>. Così Sophie Traeuber-Arp riassumeva il suo impegno nelle “arti applicate” e più in generale la sua visione dell’arte come motore di cambiamento.
Nei suoi lavori, la geometria funziona come uno specchio delle possibilità, dei limiti e delle ambizioni di forme appaiono concluse e perfette, ma sembrano potersi trasformare ulteriormente, come un organismo. Con estrema grazia associata a una dirompente forza espressiva, affrontò tutti gli ambiti della creatività. La mostra di Basilea lo testimonia ampiamente, attraversando in ordine cronologico le sue diverse fasi e le discipline da lei praticate.
Si parte dal Dadaismo di fine anni Dieci, ambito nel quale conobbe il marito Jean Arp (l’opera dei due ha uno spirito affine ma forme di espressione non coincidenti), e si giunge al Costruttivismo degli anni Trenta, con l’adesione ai gruppi Cercle et carré e Abstraction-Crèation, per concludere con i lavori degli ultimi anni realizzati durante l’esilio in Francia.
Più eteree le sue composizioni astratte degli anni Dieci e Venti, più solide e definite quelle degli anni Trenta, le opere esposte evidenziano la costante capacità di creare un mondo autonomo in ogni opera. Rispetto ad altre ricerche simili dell’epoca, colpisce l’abilità di far convivere solidità e leggerezza, con una decisa sensazione di movimento.
Nel percorso espositivo, alle opere astratte si affiancano le creazioni “applicate”, non solo oggetti come la collana del 1918-20, ma anche elementi di scenografie come la sorprendente marionetta di un cervo (1918) per l’opera König Hirsch di Hans Werner Henze – la sua ricerca non si negava tratti relativi al gioco e all’infanzia. Altro ambito importante è poi quello dell’architettura, esemplificato dai bozzetti per il Wolmung di Strasburgo.
Pur se trascurata per molto tempo (colpa dell’annosa discriminazione verso le donne nel campo dell’arte), Sophie Taeuber-Arp si può considerare una capostipite di molte ricerche del Secondo dopoguerra, in particolare nel campo dell’astrazione geometrica. <<La sua grandezza>>, spiega Eva Reifert, una delle curatrici della mostra, <<risiede nella capacità di rompere i confini tra arti applicate e arte astratta. Nell’uso dei materiali inusuali all’epoca come il legno, per creare mobili ma anche rilievi astratti. Notissima al pubblico svizzero per essere stata raffigurata sulla banconota da 50 franchi, viene qui rappresentata non dalla sua effige ma dalla sua pera. Un’opera che non è giunta al suo compimento, ma che è rimasta interrotta a causa della sua precoce scomparsa>>.
M.P.F
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