RUBENS
Adorazione dei Pastori
Le porte di Palazzo Marino si
sono aperte anche quest’anno per il tradizionale appuntamento natalizio con i
capolavori dell’arte. Fino al 10 gennaio 2016 il Comune di Milano, a cura di
Anna Lo Bianco (catalogo Marsilio) offre la possibilità di ammirare in Sala
Alessi una maestosa opera di Pietro Paolo Rubens l’Adorazione dei pastori: una grande pala d’altare riscoperta come
opera del pittore fiammingo solo nel 1927 dal grande storico dell’arte Roberto
Longhi, folgorato dalla sua visione nella Chiesa di san Filippo Neri a Fermo.
L’opera è oggi conservata
nella Pinacoteca Civica della città marchigiana.
San Luca Evangelista ci dà
notizia che nella zona dove era nato Gesù “vi erano alcuni pastori che se ne
stavano nei campi vegliando, la notte, sul proprio gregge” (Lc. 2,8).
Il Medioevo ha tramandato
all’Evo Moderno due schemi di Natività: quello antico e quello elaborato
successivamente con preziose novità quali, ad esempio, la presenza del Padre e
di suo figlio adorato bambino. L’Evo Moderno ne elabora un terzo, aggiungendovi
l’adorazione dei pastori. I due fatti in verità furono, anche storicamente,
così uniti (avvennero entrambi nella stessa notte) che insorgeva spontaneo il
bisogno di rappresentarli assieme.
La grande tela dell’Adorazione dei pastori, che Rubens
dipinse nel 1608, celebra il momento più intimo e suggestivo della Natività e
ci appare come una composizione dipinta in una luce notturna densa di bagliori,
nella quale si stagliano le monumentali figure della Vergine con Bambino, San
Giuseppe e i pastori, ideati come protagonisti e testimoni dell’evento
straordinario, a contorno del Bambino da cui si irradia una luce chiarissima
che raggiunge il gruppo dei pastori e l’anziana donna al centro , rapiti
e partecipi dello straordinario evento. Il più giovane dei pastori, con la
veste rossa, indica il Bambino agli altri:
la sua posa in ginocchio e la sua statuaria bellezza richiamano
l’influsso delle sculture classiche, che ispira così tanto Rubens.
La Gloria di angeli in alto
amplifica tutta la composizione rendendola tumultuosa e densa di pathos, in
anticipo sul Barocco. Una scena davvero suggestiva, che fa rivivere un momento
centrale della tradizione del Natale. Un’opera grandiosa che racchiude in sé
tutte quelle prerogative che raramente ritroviamo unite in un unico dipinto: la
qualità altissima, che esprime tutta la forza della pittura del grande artista
in questa sua fase di prima maturità, ma anche l’ampia documentazione che
permette di seguire tutto l’iter dell’esecuzione, avvenuta in breve tempo e
quindi di getto, senza ripensamenti, correzioni, difficoltà. Una situazione
davvero unica.
Un precedente per la pala di
Fermo, unanimemente riconosciuto, è la famosissima
Adorazione dei pastori di Correggio, detta anche la Notte, che l’artista poté vedere nella chiesa di San Prospero a
Reggio Emilia, oggi conservata presso la Gemäldegalerie di Dresda.
Da Correggio Rubens media l’impianto generale
con la Vergine e il Bambino,
intensamente vicini sulla
destra, i pastori sul lato opposto di cui riprende quello anziano posto quasi a
quinta sul margine sinistro della tela. Anche la gloria dei grandi angeli in
alto appare simile, ma se in Correggio sono presenze leggiadre in volo verso
l’alto del cielo, in Rubens appaiono come una minacciosa piccola schiera in
picchiata verso il basso, con evidente omaggio alle invenzioni di Tintoretto,
più volte citato dall’artista.
Se molteplici sono i punti di
riferimento figurativi per l’Adorazione
dei pastori,
la suggestione dell’opera
sulle giovani generazioni, anche attraverso le incisioni, e la forza
dell’invenzione di Rubens contagiarono alcuni pittori del Seicento, tra cui
Pietro da Cortona negli anni centrali per la nascita del Barocco.
Nella prima commissione
pubblica, la grande pala dell’Adorazione
dei pastori,
per la chiesa romana di San
Salvatore in Lauro, Cortona rievoca proprio il precedente di Rubens
riprendendone la maestosa figura della Vergine, dalla fisionomia carnosa
e marmorea insieme, e il
Bambino, dipinto come un gruppo di luce.
L’Adorazione dei pastori è
una delle più frequenti versioni scelte dagli artisti e dai loro committenti
per la rappresentazione della Natività di Gesù.
Durante la notte, si direbbe,
accadono due avvenimenti contemporanei: mentre Gesù nasce nella stalla (a cui
pare alludere san Luca attraverso la presenza della mangiatoia), un angelo
appare in cielo per dare l’annuncio ai pastori.
È questo il
momento esatto scelto da Giotto nella Cappella degli Scrovegni (303 – 1305): a
sinistra Maria depone il Bambino nella mangiatoia osservata attentamente
dall’asino e dal bue, ed è aiutata da una levatrice; a destra un angelo si
rivolge a due pastori. La scena si completa con Giuseppe addormentato e con un
gruppo di angeli in volo e in preghiera sulla tettoia appoggiata alla roccia.
Dalla metà del Trecento in
avanti, con la svolta verso la cavalleria e aristocratica committenza del
gotico cortese, e poi con il progredire di una cultura urbana, etimologicamente
“borghese”, le figure dei pastori assumono progressivamente un carattere
rustico, marginale. Nella cappella di palazzo Medici di via Larga a Firenze
(1459 – 1460), Benozzo Gozzoli completa questo percorso storico-sociale. Le
pareti dell’esclusivo ambiente ospitano la cavalcata spettacolare dei Magi, in
cui i Medici spesso amano identificarsi, e solo uno spazio molto angusto, su un
lato della “scarsella” dell’altare, mostra la presenza dei pastori che
vegliavano <<facendo la guardia al loro gregge>>: ma la scena è
ambientata nella luce diffusa di una limpida giornata di sole, e incolmabile
appare il distacco sociale.
Molte e suggestive sono le
interpretazioni degli artisti in tutto il Rinascimento e Manierismo, tra le più
note la
“
Natività in
notturno” di Lorenzo Lotto, l’Adorazione
dei pastori di Luca Cambiaso, di Antonio Campi, le diverse versioni
dell’Adorazione dei pastori di Camillo Procaccino o di Jacopo Bassano che ne
fecero una loro costante poetica, quasi,
per una loro inconsapevole adesione alla pittura di genere.
Siamo così alle soglie del
Seicento: la pala di Rubens ora in mostra a Palazzo Marino appare l’esito
intenso di un artista che sta completando una vasta formazione internazionale,
del tutto capace di elaborare in modo personale gli stimoli devozionali e
artistici del suo tempo. In una ravvicinata concatenazione di date e di
soluzioni, accanto al dipinto di Fermo si può collocare un'altra opera
strepitosa dell’Adorazione dei pastori, che ripropone in forma nuova la
rivisitazione del tema.
Nella toccante tela dipinta
per i Cappuccini di Messina nel 1609, Caravaggio propone quello che Bellori
(1672) già definiva un <<notturno povero>>. Ogni dettaglio della
scena, dagli abiti sdruciti dei pastori agli oggetti di lavoro in primo piano,
fino alla <<capanna rotta e disfatta d’assi e di travi>> rimanda a
un mondo contadino umile, ancestrale, eppure carico di intensità toccante.
Maria Paola Forlani
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