<<ALFONSO MUCHA
e
LE ATMOSFERE ART NOUVEAU>>
La mostra <<Alfonso
Mucha e le atmosfere Art Nouveau>> a Milano consente di tuffarsi nel
mondo prezioso ed elegante del Liberty, lo stile che a cavallo tra Otto e
Novecento caratterizzò il mondo dell’arte, dell’architettura, dell’artigianato
e dell’arredo dell’intero contesto europeo.
La modernità irrompe
attraverso l’affiche! Una giovane donna dagli occhi di smeraldo, i capelli
morbidi ornati da un serpente, quasi una Cleopatra contemporanea, e una bestia
selvaggia, un felino dalle fauci spalancate che, pur ammansita dalla bella, ne
esplicita il fascino esotico e deduttivo, amplificato dal tondo a mosaico sul
fondo. Antico e moderno, bellezza femminile e ferinità esotica, innocenza e
peccato, sono i contrapposti che convivono armonicamente nell’invenzione
grafica del praghese Alphonse Mucha (1860-1939), operoso nella Parigi fin de siécle e inventore sia
dell’immagine aulica e irraggiungibile della diva Sarah Bernardt, sia di un
nuovo ideale femminile che diventa tutt’uno con il concetto di modernità. Mucha
è l’alfiere di quel ventennio a cavallo tra Ottocento e Novecento, comunemente
definito Belle-Epoque, ma che, più correttamente, andrebbe identificato con le
atmosfere Art Nouveau,
di cui il mitico negozio del gioielliere
Georges Fouque, in Rue Royal
a Parigi (ora Musée Carnavalet), realizzato su progetto di Mucha nel 1901, è
forse uno degli esempi più affascinanti di fusione tra architettura d’interni e
arti decorative moderne.
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento,
il diffondersi dello stile modernista, i movimenti secessionisti e la ricerca
spasmodica di una nuova grammatica stilistica legata al concetto di opera
d’arte totale (Gesamtkunstwert), e in
parallelo al crescere
esponenziale di una
committenza alto e medio borghese dalla chiara consapevolezza del proprio gusto
e del proprio status sociale, spalancano le porte ad una ventata violenta e
risolutiva di forme, di temi e di linguaggi che rispondendo alle aspettative
della contemporaneità, ribaltano completamente valori formali ed estetici.
Veicoli fondamentali di
diffusione di questo inedito sistema delle arti sono le riviste d’arte e di
letteratura, nuove sia nei contenuti, sia nella grafica, come Le Japon artistique, pubblicato a Parigi,
dal 1888, Pan a Berlino, dal 1895, Jugend a Monaco, dal 1896, Ver Sacrum a Vienna, dal 1898, Novissima a Milano, dal 1901 e L’arte decorativa moderna a Torino, dal
1902. Il valore positivo attribuito all’ornamento di ispirazione naturalistica,
biomofica, ma anche esotica e aritmicamente lineare e avvolgente, sia in
architettura sia nelle espressioni figurative, sia nelle arti decorative, è legittimato
dalla convenzione che l’arte contemporanea debba essere caratterizzata da forme
libere, capaci di suggerire intensità ed empatia di tipo ritmico-musicale ed
evocare atmosfere avvolgenti, fascinose, gioiose, in fondo ottimistiche e
positive.
Alphonse Mucha, e con lui
tutto il suo mondo, crede fermamente nelle magnifiche sorti e progressive
dell’età contemporanea, nella forza dirompente della giovinezza (lo Jugenstil,
appunto), nell’ammaliante fascino di un’arte nuova (l’Art Nouveau), nel
superamento della nostalgia, e dell’imitazione, del passato in favore di un
mondo fluido, ritmico, organico, capace di metamorfizzare la banalità del
quotidiano nell’eccezionalità di una bellezza diffusa nella quale
l’ornamentazione scaturisce dalla consapevolezza che il mondo moderno, la vita
urbana, la società industrializzata, l’utopia dell’arte per tutti, abbiano
bisogno di attingere idee e forme dall’indistinto della natura e dal vitalismo
biologico, di cui l’eterno femminino è parte fondamentale.
Ora, in Palazzo Reale a
Milano (fino al 20 marzo 2016), e di seguito in Palazzo Ducale a Genova
(aprile-settembre 2016), a fianco e intorno alle invenzioni grafico-pittoriche
di Mucha, arredi, dalle sedie ad interi salottini, maioliche policrome e
porcellane, vetri incisi e dipinti, sculture in pasta di vetro, bronzo, gesso,
accompagnano con ritmo incalzante il visitatore in un itinerario fatto appunto
di atmosfere, di sottili evocazioni, di rimandi continui ai temi prediletti di
questo nuovo sistema decorativo: dall’universo floreale all’immagine femminile
nelle sue diverse declinazioni, dalla fanciulla in fiore alla femme fatale, dal
mondo animale, con pesci, insetti, animali notturni e pavoni, all’Oriente, un mondo
remoto nel tempo e nello spazio in grado di suggerire mistero e ambiguità, alle
pietre preziose, i cui rutilanti colori sembrano inglobati nelle paste vitree
di Almeric Walter, nei vetri incisi da Émile Gallé e dai
Fréres Daum, della scuola di Nancy.
Tuttavia, se l’Art Nouveau è la declinazione francese (ma anche belga) del modernismo internazionale, il floreale, o meglio il Liberty, ne è declinazione in Italia, con caratteristiche meno coerenti in senso assoluto, spesso spurie, ma con le dovute eccezioni. Come ha più volte ribadito Rossana Boscaglia (1925 – 2013), alla quale è dedicato il Centro di ricerca per le arti decorative moderne, aperto quest’anno presso l’Università degli studi di Verona con la donazione della sua biblioteca, e che ha collaborato in prima persona alla realizzazione della mostra per la sezione delle arti decorative.
Un evento cruciale per il
Liberty è l’esposizione di Torino del 1898, poiché esibisce arredi e oggetti
sia di gusto eclettico (la maggioranza assoluta), sia di impostazione
modernista, obbligando il pubblico e i produttori a confrontarsi sulle linee
dello stile e del gusto futuri: sono presenti, e con successo, gli ebanisti
milanesi Carlo Bugatti e il suo già autonomo allievo Eugenio Quarti. Gli arredi
di Carlo Bugatti, che avevano riscosso consensi nel 1888 a Milano e a Londra per
la particolarità dell’ispirazione orientalista, fanno scuola, oltre a Quarti, a
Carlo e Pietro Zen e a Ettore Zaccari.
L’approdo di Quarti ad uno
stile autonomo ed inconfondibile sarà consacrato a Parigi nel 1900 con
l’esibizione di arredi dalle forme compatte e dai legni di base scurissimi, sui
quali si stende un ramage elegantissimo di decorazioni floreali.
Accanto ai ben più noti
Bugatti, Quarti e Zen, va segnalato Luigi Fontana, specializzato nella
produzione di vetrate e mobili artistici che all’esposizione di Torino del
1902, propone una sala floreale con splendide vetrate del decoratore Fausto
Codenotti, esposto, ora, a Milano.
La stagione del Liberty si
può dire conclusa con l’esposizione a Milano del 1906, ma la crisi in qualche
modo è per certi versi nell’aria già nel corso dell’esposizione torinese,
d’altra parte il vento impetuoso dell’avanguardia futurista mette in crisi il
gracile mondo floreale, che continua stancamente a produrre oggetti, arredi e
decorazioni fino al primo conflitto mondiale. Il ritorno della pace, le
cambiate esigenze di gusto, la ricerca di una raffinatezza materica e formale,
che elude volontariamente il mito dell’arte per tutti, del bello come utile,
spingono verso un nuovo sistema espressivo, l’Art Déco, che tuttavia conserva
saldamente nel proprio patrimonio genetico la forza inventiva e il desiderio di
metamortizzare il quotidiano che è stata chiave di volta del Modernismo e
dell’Art Nouveau.
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