Maryla Lednicka
Il primitivismo moderno
Come Tamara
de Lempicka, Maryla Lednicka proveniva dalla Russia dove era nata a Mosca nel
1893 figlia dell’avvocato polacco Alexander Lednicki, rappresentante del regno
di Polonia alla Duma. Maryla studia a Parigi da Boudelle, artista che nel 1909
ricevette la commissione del monumento Mickiewicz a Parigi, inaugurato nel
1929, con l’allegorica e imponente figura dell’Epopea polacca. Durante il periodo della rivoluzione, Lednicka vive
a Londra e dal 1920 a Parigi, iniziando un percorso in cui il ruolo di artista
si sovrappone a quello di promotrice dell’arte polacca. Con la conferenza di
Versaille, infatti la Polonia torna ad essere una nazione, con un’identità
artistica da recuperare e promuovere, intento all’origine di tre importanti
esposizioni con artisti polacchi che
vivevano in patria e artisti emigrati in
Francia: Maryla Lednicka era il presidente della sezione francese.
In quei
primi anni venti, incontra due connazionali emigrate dalla Russia, le sorelle
Tamara e Adrienne Gorska. Le tre donne espongono tutte al Salon d’Automne del
1922, dove Tamara passa quasi inosservata, mentre la sorella e Maryla ottengono
lusinghieri consensi critici; in particolare, il progetto di Adrienne è
pienamente nello spirito déco; una vetrina di negozio di pianoforti, in cui
l’architettura è inquadrata da due bassorilievi di Lamourdedieu raffiguranti il
Canto e la Danza. La composta figura della giovane Adrienne viene ritratta nel
1923 da Maryla in una scultura lignea oggi dispersa, che negli anni trenta era
nella collezione Del Vo a Venezia, dove sarà presentata nel 1932 nel padiglione
polacco della Biennale. In quel 1923, Maryla e Adrienne iniziano una
collaborazione che durerà anni e che quell’anno si manifesta con la
presentazione al Salon d’Automne di un innovativo progetto di fontana in
cemento completata dalla scultura di una figura femminile, noto attraverso una
foto all’epoca pubblicitaria su “Świat”.
La scultura
più nota della Lendnicka era all’epoca l’Angelo
nero, ispirata alla tradizione lignea medioevale polacca, esposta nel 1922
a Parigi, 1924 e 1925 nelle personali milanesi. L’arcaicità della fonte e la
studiata trattazione non verista del volto saranno indicate come elementi di
pregio da Waldemar-George – il polacco Waldemar Jerzy Jarocinski –
nell’introduzione alla mostra milanese del 1924. Questo studiato “primitivismo”
trova in Carlo Carrà un estimatore tanto che sarà il pittore italiano a
presentare la scultrice nel catalogo della personale inaugurata nel gennaio
1926 a Bottega di Poesia. Carrà stroncherà la “modernolatria” di Lempicka,
mentre con enfasi apprezza l’arcaismo di Lednicka, che fa risalire al recupero
di tematiche e forme slave operato dai Balletti Russi di Diaghilev, ambiente
effettivamente frequentato dalla scultrice quando viveva a San Pietroburgo.
In Italia,
l’arcaismo colto e raffinato di Lednicka si affianca allo studio della scultura
toscana del Quattrocento, che traspare in molti busti; l’avvicinamento a un
“ritorno all’ordine” di stampo italiano determinò il suo coinvolgimento in
diverse opere monumentali, dal destino paradossale, perché o divennero anonime
o andarono distrutte.
Divenne
un’opera senza nome la figura femminile sdraiata realizzata nel 1930 per la
fontana progettata da Piero Portaluppi, originariamente collocata in via degli
Omenoni a Milano, poi spostata in un cortile della sede oggi Banca intesa,
restituita alla scultrice solo in tempi recenti.
Nulla rimane
del Padiglione Alimentari realizzato alla Fiera di Milano nel 1928 da Giuseppe
Finetti, distrutto durante i bombardamenti del 1943, dove Lednicka aveva
scolpito delle Cariatidi pubblicate
su “Światowd” del
16 giugno 1928 insieme a un’altra sua importante scultura, il San Francesco commissionato da Raniero
Paolucci de’ Calboli, che l’aveva destinato ai Musei Civici di Forlì, ma andato
disperso.
E rimangono
solo foto d’epoca delle decorazioni realizzate per alcune navi da crociera
italiane, su richiesta di Gio Ponti e Pulitzer Finali, gli autori delle
“gallerie galleggianti”, ambasciatrici internazionali della cultura italiana.
Sulla
motonave Victoria, due ambienti
presentavano lavori di Lednicka: lo scalone della prima classe, con un enorme
pannello con una Caccia, e il fumoir,
con una Donna in rame, un’elegante silhoutte di sapore egizio a evocare il
porto di destinazione della nave che, nel 1931, raggiungeva Alessandria
d’Egitto, poi nel corso degli anni allungò la sua rotta fino a Sanghai.
Impiegata durante la guerra nel trasporto delle truppe in Africa, venne
affondata nel gennaio 1942 dai britannici nel golfo della Sirte. Per il
transatlantico Conte di Savoia che
faceva la rotta Genova-New York realizzò il busto della principessa Maria Josè,
madrina della nave.
La nave
bombardata nel settembre 1943 mentre era ancorata nella laguna di Venezia, fu
smantellata nel 1950. E ancora per il mitico Rex la Lednicka realizzò il pannello con L’infanzia di Bacco, destinato al bar della prima classe, ma il transatlantico
fu bombardato nel 1944 e poi smantellato. Stesso destino di distruzione colpì
l’Oceania, dove era il busto di
Mussolini, realizzato nel 1933 in dieci ore di posa: la nave fu affondata nel
settembre 1941, al lago di Homs, da un sommergibile britannico.
All’epoca di
queste distruzioni, Maryla Lendnicka viveva ormai a New York: il 24 agosto 1938
si era imbarcata per l’ultima volta sul Conte
di Savoia.
Tamara de
Lempicka sarebbe partita pochi mesi dopo, nel febbraio 1939, da Parigi e,
attraverso un giro tortuoso, sarebbe arrivata a Los Angeles. Diverso sarà il
destino finale delle due amiche polacche: entrambe non avranno negli Stati
Uniti il successo sperato, ma mentre la Lempicka coltiverà la propria immagini
glamour, la Lednicka si suiciderà nel 1947, a New York, gettandosi dalla
finestra, come aveva fatto il padre nel 1934, travolto da uno scandalo
finanziario. Il fratello Waclaw, professore di slavistica, racconterà che non
aveva neanche i mezzi per comprare i materiali necessari per le sue sculture.
La Lempicka, all’epoca, viveva a pochi isolati di distanza, in un lussuoso
appartamento a due piani
Maria Paola
Forlani
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