FILI
D’ORO E DIPINTI DI SETA
Velluti
e ricami tra Gotico e Rinascimento
Nella storia
della conversione religiosa di Francesco d’Assisi, figlio di un ricco mercante
di stoffe, Pietro di Bernardone, il momento culminante della sua pubblica
rinuncia all’eredità paterna e a un destino agiato, nel 1206, fu la decisione
di privarsi pubblicamente delle ricercate vesti che indossava. Al suo gesto
eclatante, che fece adirare il padre, corrispose quello prontamente compiuto
dal vescovo Guido, che usò il proprio piviale per coprire la nudità del
giovane, esprimendo simbolicamente la protezione della Chiesa accordata al
nuovo convertito. Mirabilmente tradotto in figura da Benozzo Gozzoli nella
chiesa di San Francesco di Montefalco, la pregnante gestualità dell’episodio fa
leva di fatto sull’importanza narrativa e simbolica attribuita
all’abbigliamento profano di Francesco, assurto a simbolo di una vita da
lasciare alle proprie spalle, e su quello, altrettanto ricco ma espressione di
contesto ben diverso, del piviale, indumento riservato alla dignità episcopale
e manifestazione figurata del caritatevole intervento ecclesiastico.
La mostra “Fili
d’oro e dipinti di seta. Velluti e ricami tra Gotico e Rinascimento” al
Castello del Buonconsiglio di Trento, a cura di Laura Dal Prà, Marina
Carmignani, Paolo Peri (catalogo Edizione Castello del Buonconsiglio), aperta
fino al 3 novembre 2019, racconta la storia dei tessuti sacri attraverso quadri
e preziosi velluti e ricami tra Quattro e Cinquecento.
Piviali in
luminoso velluto, pianete scintillanti di oro e d’argento, rare dalmatiche con
ricami in fili di seta variopinta, preziose stoffe fiorentine e veneziane dai
molteplici ornati, oltre al alcuni importanti dipinti sacri di Altobello
Melone, Michele Giambono, Francesco Torbido, Rocco Marconi, e i due magnifici
dipinti del misterioso Maestro Hoogstraeten, raccontano l’affascinante storia
dei preziosi manufatti tessili eseguiti tra la seconda metà del XV secolo e
primi decenni del XVI secolo in Italia e nell’Europa del Nord. Si tratta di
capolavori in velluto con ricchi ricami in seta e oro prodotti presso centri
che all’epoca assicuravano un assoluto grado di perfezione tecnica e formale,
come Firenze, Venezia e Milano. Tra questi vi è il preziosissimo parato di papa
Nicolo V del Museo del Bargello di Firenze, commissionato nel 1450 dalla città
di Siena e donato al pontefice in occasione della canonizzazione di San
Bernardino, ma anche il cappuccio del piviale del Castello sforzesco di Milano,
appositamente restaurato per l’occasione e decorato con un ricamo per il cui
disegno preparatorio è stato fatto il nome del grande Botticelli.
Dopo oltre cinque
secoli, affiorano capolavori inediti che testimoniano influssi derivanti da
diverse tradizioni tessili, approfondite grazie agli specialisti che hanno
collaborato all’iniziativa, comprendendo anche esempi che denunciano la
circolazione di manufatti importati da grandi centri di produzione transalpini
tramite gli intensi scambi commerciali tra la penisola italiana e i fiorenti
mercati delle Fiandre e della zona del Reno e il desiderio di sfarzo dei più
facoltosi committenti.
La mostra “Fili
doro e dipinti di seta. Velluti e ricami tra Gotico e Rinascimento” è la prima
iniziativa che approfondisce questa particolare categoria di lussuosi tessuti
ricamati ancora presenti nelle aree dell’intero arco alpino, a suo tempo creati
sia per la committenza religiosa che laica ma sopravvissuta fino ad oggi alla
lungimirante attività di conservazione della Chiesa e alla passione di molti
collezionisti.
Grazie a queste testimonianze artistiche viene valorizzata una
produzione di opere che, pressochè sconosciuta ai più, si rivela preziosa per
comprendere l’altissimo livello raggiunto dalle botteghe di tessitori e
ricamatori italiani al “tramonto del Medioevo” anche grazie all’introduzione di
innovative soluzioni imprenditoriali. Nelle più belle sale del Castello del
Buonconsiglio sono esposte una quarantina di paramenti sacri, oltre a una
selezione di dipinti su tavola che ne illustrano funzioni e fogge, in parte
presenti nelle collezioni del museo e in parte ottenute in prestito da
parrocchie, da Musei diocesani e da istituzioni prestigiose di tutta Italia
M.P.F
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