Come
in cielo così in terra.
Dalla
Porta alla città del cielo al Pavimento.
Scopertura
del Pavimento del Duomo di Siena
Fino al 27
ottobre, la Cattedrale di Siena scopre il suo magnifico pavimento a commesso
marmoreo, frutto di cinquecento anni di espressione artistica, un viaggio
simbolico alla ricerca dei più alti valori dello spirito umano. Come in cielo,
così in terra. Dalla porta alla città del cielo al pavimento. Un percorso dalla
sommità della Cattedrale e dal Faccione del Duomo Nuovo fino alle tarsie
marmoree. Dal Museo dell’Opera, con la salita alla città del cielo, dall’alto
muro è possibile non solo leggere i monumenti senesi più significativi, ma
anche “vedere un nuovo cielo e una nuova terra” (Apocalisse
21,1).
Attraverso
l’ascesa alla porta del cielo i visitatori sembrano muoversi lungo la scala
apparsa in sogno a Giacobbe, la cui cima raggiungeva il cielo e gli angeli di
Dio salivano e scendevano (Genesi 28,
10-22).
Nel sogno Dio
promette a Giacobbe la terra sulla quale egli stava dormendo e un’immensa
discendenza.
Al suo risveglio Giacobbe esclama
<<Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo>>,
verso utilizzato dalla liturgia nella messa della dedicazione delle cattedrali.
Ma ‘porta del cielo’, secondo le litanie lauretane, è anche la Vergine,
definizione che meglio esprime la potenza e la bontà di Maria, la quale come
Madre di Cristo e dell’umanità, concorre alla nostra salvezza eterna in Cielo
ove lei è “Regina assunta”.
Il percorso
“dall’alto” permette infatti di comprendere meglio la dedicazione del Duomo di
Siena all’Assunzione della Madonna e il forte legame che i cittadini senesi
hanno da secoli con la loro ‘patrona’:
Sena vetus
civitas Virginis. La Madonna si
definisce anche come Sedes
Sapientiae, sede di Sapienza
e invita i cittadini a “visitare castamente il suo castissimo tempio”, come si
legge nell’iscrizione d’ingresso al Pavimento “Nella solarità abbagliante dei
suoi marmi e cotti” (Mario Luzi), Porta e Città del Cielo si riflettono nel
Pavimento del Duomo di Siena per saldarsi in un unico sguardo.
<<…Al
più bello et al più grande e magnifico pavimento che mai fusse stato
fatto…>>
Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e
architetti, Domenico Beccafumi e Maestro de Getti, 1568).
Il pavimento del
Duomo di Siena è uno dei più vasti pregiati esempi di un complesso di tarsie
marmoree, un progetto decorativo che è durato sei secoli, dal Trecento
all’Ottocento. Come per la fabbrica della cattedrale, anche, il pavimento si
intreccia indissolubilmente con la storia stessa della città e della sua arte:
per questo nei secoli senesi non hanno lesinato risorse per la creazione prima
e per la sua conservazione poi.
Il tedesco
Friedrich Ohly fu il primo ad occuparsi del pavimento nel suo insieme, ricercando
una tematica comune che legasse i vari episodi, ipotizzando una tematica comune
che legasse i vari episodi, ipotizzando la presenza di un programma figurativo
portato avanti nei secoli dai diversi artisti succedutisi alla decorazione.
Arrivò alla conclusione che ogni scena fa parte di una rappresentazione della
Salvezza nei vari aspetti. Il tutto ha inizio dalle figure sul sagrato esterno
(simbolo di ebrei e pagani), che sono escluse dalla salvezza e quindi restano
fuori dall’edificio sacro, e dai tre ordini dei presbiteri che introducono il
fedele mediando la sua partecipazione alla rivelazione divina.
All’interno
davanti al portale centrale, Ermete Trismegisto simboleggia l’inizio della
conoscenza terrena, quella del mondo antico, con un libro che simboleggia
Oriente e Occidente, nonché riporta parole legate alla creazione del mondo.
Segue un richiamo alla storia e al luogo, con le storie che simboleggiano Siena
e le sue imprese, oltre che i suoi alleati, e una rappresentazione della
Fortuna che regge le sorti umane
(Allegoria
del colle della Sapienza e Ruota della Fortuna).
Nelle navate
laterali le Sibille prefigurano la venuta di Cristo, e ricordano
le varie zone del mondo conosciuto.
Una nuova fase
del mondo è rappresentato nel transetto, con le storie bibliche che sono già
ambientate nell’epoca della rivelazione. L’esagono centrale mostra scene di
sacrificio, in stretta connessione con la rievocazione eucaristica che viene
celebrata sull’altare. Ai lati invece le imprese militari del polo ebraico, con
l’inclusione della Strage degli
Innocenti per il contenuto
cruente assimilabile.
Varie partizioni
numerologiche vennero segnalate dall’Ohry (sette, cinque), che alluderebbero a
vari significati teologici. Seguono poi le storie di Elia, il profeta, e di
Mosè, il legislatore, con il popolo ebraico in cammino che simboleggia il
pellegrinaggio del visitatore della cattedrale. La Storie di Davide concludono le serie bibliche, e prefigurano
simbolicamente Gesù. Il pacificatore.
Non rientrano nel
disegno generale le Virtù nel transetto destro, opere tardo-settecentesche,
nate quando ormai l’intero significato dello svolgimento delle storie si era
evidentemente perso.
M.P.F
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