giovedì 30 luglio 2020

PILOTTA FORNASETTI


Pilotta
Fornasetti

Fino al 14 febbraio si è aperta la mostra “Fornasetti Theatrum Mundi” ospitata all’interno del Complesso Monumentale della Pilotta di Parma.

L’esposizione è un vero e proprio viaggio stratificato tra classico e moderno, tra passato e presente, la cui curatela è di Barnaba Fornasetti, Direttore Artistico dell’Atelier milanese, di Valeria Manzi, co-curatrice delle attività culturali e Presidente dell’associazione Fornasetti Cult, e del direttore del Complesso Monumentale della Pilotta Simone Verde, con l’intento di rigenerare il patrimonio classico e classicità dell’istituto museale autonomo parmigiano, attraverso la ripresa intellettuale che ne ha fatto uno dei maestri indiscussi del design contemporaneo
.
“Fornasetti Theatrum Mundi” mette in dialogo le architetture e le opere della Pilotta con l’immaginario di Piero e Barbara Fornasetti, creando un vero e proprio “Teatro del mondo”: una rete di rimandi iconografici degli oggetti esposti e delle immagini in mostra, rendendone visibile lo spessore e regalando universali ed emozionanti implicazioni. Un vero e proprio “Theatrum” nel significato cinquecentesco, dunque, che declina nell’infinita varietà del mondo, l’enciclopedica unitarietà del sapere a cui aspirava il classicismo, sia rinascimentale che settecentesco e, grazie alla chiave ludica di Fornasetti, anche contemporaneo.

Il percorso espositivo si articola in nuclei legati ai principali temi dell’opera di Fornasettii: le rovine e l’uso del passato come frammento, l’architettura, la musica, il tema e le variazioni, il disegno, la grafica, il collezionismo, l’oggetto quotidiano e la dimensione illusionistica e onirica.

L’esposizione intraprende il suo percorso con le 21 vetrine collocate all’interno della Galleria Petitot della Biblioteca Palatina.  Ammirata l’infilata della Galleria dell’Incoronata, entra nel cuore del teatro Farnese, Capolavoro dell’architettura seicentesca costruito nel Complesso sul modello del teatro classico, la stessa struttura architettonica da cui nasce l’idea del Theatrum Mundi formulata dal retore neoplatonico Giulio Camillo (1480 – 1544).
L’utopia di Camillo collocava all’interno del teatro vitruviano figure e simboli disposti secondo un ordine preciso, con l’idea che questo funzionasse come una sorta di mente artificiale, attribuendo all’immaginazione la facoltà di comprendere, ricostruire e interpretare il mondo. Un’idea profondamente affine alla creatività di Fornasetti.
Gli oggetti esposti instaurano un dialogo profondo con i luoghi della Pilotta, riecheggiandone la dimensione culturale, di pensiero, di sogno e immaginazione.

Seguendo il filo rosso tracciato da queste affinità elettive, la mostra dissemina tra le collezioni della Pilotta centinaia di opere dell’Atelier, accompagnate da brevi testi esplicativi e da citazioni scelte di altri autori che offrono suggestioni e chiavi di lettura. “Fornasetti Theatrum Mundi” dimostra dunque la profondità e l’universalità della rigenerazione contemporanea delle forme del classicismo in un arguto contrappunto tra le invenzioni di Fornasetti e le collezioni e gli spazi di uno dei più importanti musei italiani.

M.P.F


mercoledì 29 luglio 2020

I Lupi in arrivo


I Lupi in arrivo

Giganteschi e feroci lupi di metallo hanno invaso il cuore di Firenze.

È l’opera  Lupi in arrivo, la monumentale installazione di Liu Ruowang che ci fa riflettere sull’atteggiamento predatorio dell’uomo nei confronti della natura. Le opere sono esposte nel capoluogo toscano fino al 26 ottobre in due spazi di prestigio: Palazzo Pitti e Piazza Santissima Annunziata, e si misurano con l’idea di armonia compresa nell’Umanesimo. I lupi che compongono questa installazione fronteggiano due edifici emblematici del Rinascimento, Palazzo Pitti e lo Spedale degli Innocenti, dove il grande Filippo Brunelleschi ebbe modo di mettere in pratica la sua concezione dello spazio, delle proporzioni, del ritmo architettonico.

Il minaccioso branco di lupi plasmato da Liu Ruowang – composto da ben cento fusioni in ferro, ciascuna del peso di 280 Kg – che sembra attaccare un imponente guerriero è un’allegoria della risposta della natura alle devastazioni e al comportamento predatorio dell’uomo nei confronti dell’ambiente. Ed è, nel contempo, una riflessione sui valori della civilizzazione, sulla grande incertezza in cui viviamo oggi – resa ancor più evidente dai drammatici effetti del covid -19 – e sugli effettivi rischi di un annientamento irreversibile del mondo attuale. Lupi in arrivo rappresenta quindi una vera e propria critica nei confronti di un mondo votato all’autodistruzione e i lupi sono un appello disperato alla salvaguardia ambientale di tutto il pianeta.

Organizzata grazie a Matteo Lorenzelli, titolare della galleria milanese Lorenzelli Arte, la mostra si propone di instaurare un legame fisico, intellettuale e anche ludico con la cittadinanza, stimolando curisità e partecipazione, così da avvicinare un pubblico più ampio di quello che frequenta solitamente mostre e musei.

Il progetto è stato ideato in occasione delle celebrazioni dei 50 anni di relazioni diplomateche tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Popolare Cinese – quest’ultima rappresentata dal Console Generale Weng Wengang – e reso possibile dalla collaborazione tra Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi e Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Firenze, che hanno messo a disposizione due spazi tra i più simbolici di Firenze.

Primo evento in uno spazio pubblico all’aperto che vede impegnati il Comune e gli Uffizi dopo mesi di lockdown, Lupi in arrivo interagisce liberamente con l’architettura cittadina, con i sui abitanti o con chi è solo di passaggio, rispondendo così a un preciso intento dell’autore, il quale sostiene che “ per insegnare amore e rispetto per l’arte alle nuove generazioni, il metodo migliore sia far entrare l’arte nella vita quotidiana, rendendo i musei sempre più accessibili e non solo. Le mie sculture, ad esempio, sono collocae nelle piazze: così l’arte crea anche un legame con gli spazi pubblici. È importante costruire una cultura del bene comune”:

Afferma il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “ Il piazza Pitti, il branco di lupi che si accinge ad entrare nel palazzo attraverso il portone centrale ci ricorda immediatamente il cupo contrattacco della natura nel classico “Gli uccelli” di Alfred Hitchoch, ma richiama alla nostra mente anche la recentissima esperienza di tante specie selvagge rientrate nella nostra città durante il lockdown. È la metafora del rapporto uomo/natura.
Con la presenza dei lupi di Liu Ruowang nelle nostre piazze – lupi eleganti, dalla chioma cesellata come negli antichi bronzi cinesi – avremo molti mesi per pensare a come contribuire al rispetto degli equilibri del pianeta”.

Liu Ruowang (1977) è uno dei maggiori artisti cinesi  contemporanei. Scultore e pittore, il suo è un percorso originale collocato nel solco della tradizione cinese, e che amalgama elementi trasversali con aspetti peculiari della sua tradizione.
Partendo dalla considerazione che la storia dell’uomo è anche la storia del suo rapporto con la natura, l’artista cinese attinge, da un lato, alla cultura del suo paese e dall’altro a quella occidentale, e attraverso richiami alla globalizzazione, rappresenta la moltiplicazione delle varie identità sia reali che virtuali. La dimensione filosofica di Liu Ruowang è anche una vera e propria denuncia dei rischi provocati dalla perdita dei valori umani, mortificati dal sistema oppressivo della vita contemporanea, teatro di dolore e violenza.


M.P.F.


Baldassarre Castiglione e Raffaello


Baldassarre Castiglione e Raffaello
Volti e Momenti della vita di corte

Si è aperta ad Urbino la mostra Baldassarre Castiglione e Raffaello. Volti e momenti della vita di corte a cura di Vittorio Sgarbi e Elisabetta Soletti.
Ad essere raccontata, in modo del tutto originale, negli spazi delle Sale del Castellare del Palazzo Ducale è la vicenda di un uomo che fu figura centrale del Rinascimento europeo. Baldassarre Castiglione, mantovano di origine ma urbinate d’adozione, è a tutti noto per il suo Cortegiano, opera che, tradotta nelle principali lingue dell’epoca, fornì “il” modello di comportamento per l’alta società dell’intero continente.
Ma limitare la figura del Castiglione a questa pur celeberrima opera sarebbe scelta del tutto limitante.

Come questa grande mostra evidenzia, la sua fu una figura di intellettuale finissimo, vicino a grandi artisti, Raffaello in primis, ma anche scrittori, intellettuali, regnanti e papi, attento politico, incaricato di ambascerie tra e più delicate del suo tempo. Uomo che sfuggì ad intrighi, che seppe muoversi in modo accorto in un periodo storico complessissimo.

Attingendo alla fonte imprescindibile delle sue lettere, la mostra ha il merito di ricostruire l’intera vicenda del Castiglione ponendola, correttamente, nel contesto del suo tempo, accanto a figure altrettanto complesse ed affascinanti come quelle di Guidobaldo da Montefeltro, Duca di Urbino, di Leone X dei Medici, degli Sforza, dei Gonzaga e di Isabella d’ Este “prima donna del mondo”, dell’Imperatore Carlo V e di artisti – Raffaello innanzitutto, ma anche Leonardo, Giulio Romano…, di fini intellettuali come Pietro Bembo e di studiosi come Luca Pacioli.
Tra i tanti.
Una mostra ampia, complessa ma non complicata, imponente e stimolante. Scrigno d’arte ma anche di arti applicate: gli abiti per feste, tornei e parate, le armi, le antiche edizioni e i manoscritti, poi la musica, per citare solo alcuni dei focus. Una grande mostra che trova il suo naturale complemento nel Palazzo Ducale dei Montefeltro nell’intera città di Urbino, contenitori e al contempo contenuto di un’esposizione che fa della corte urbinate uno dei suoi fondamentali punti di interesse.

“unire i nomi di Raffaello e di Baldassarre Castiglione – afferma Elisabetta Soletti, che, con Vittorio Sgarbi ha curato la mostra – significa dare il giusto rilievo al fondamentale contributo del sommo artista e del grande scrittore nella creazione del mito di Urbino e della sua corte nei primi decenni del Cinquecento.
A entrambi infatti si deve l’affermazione del primato culturale del Rinascimento italiano in tutta Europa. Il Cortegiano a lungo ha rappresentato il modello ideale dei valori della civiltà delle corti come è documentato dall’eccezionale successo editoriale, che fu tradotta in tutte le principali lingue nazionali, spagnolo, francese, inglese, tedesco, polacco, un successo che conobbe una profonda e duratura fortuna fino al sc. XVIII”.

Vittorio Sgarbi, ProSindaco di Urbino sostiene che “Urbino è il luogo che Raffaello non può dimenticare, è il luogo della sua infanzia, è il luogo di Piero della Francesca, è il luogo dei suoi amori, è il luogo della bellezza, dell’architettura, delle belle donne che lo porteranno alla dannazione. Bello e dannato. Io credo che ricordarlo voglia dire vedere in Raffaello il punto di arrivo di una vita compiuta. In soli 37 anni egli ha fatto quello che un altro uomo non avrebbe fatto nemmeno in 100 anni. Raffaello non è solo Rinascimento, è perfezione, è armonia, è l’arte che vince la natura”.

M.P.F.

martedì 28 luglio 2020

La collezione della Johannesburg Art Gallery


Il sogno di Lady Florence Phillips
La collezione della Johannesburg Art Gallery



Il sogno di Lady Florence Phillips – La Collezione della Johannesburg Art Gallery è la mostra di Opera – Civita, promossa dal Comune di Siena, a cura di Simona Bartolena, che presenta, fino al 10 gennaio 2021, a Santa Maria della Scala, la collezione di capolavori conservata permanentemente alla Galleria d’Arte di Johannesburg.

Una selezione di circa sessanta opere, tra oli, acquarelli e grafiche, che ripercorrono oltre un secolo di storia dell’arte internazionale, dalla metà del XIX secolo fino al secondo Novecento, attraverso i suoi maggiori interpreti: Degas, Monet, Céanne, Van Gogh, Matisse, Modigliani, Turner, Rodin, Moore, Lictentein, Derain, Picasso, Corot, Sargent, Sisley, Bacon, Rossetti, Warhol, Signac, Picasso e molti altri.

Aperta al pubblico nel 1910, la Johannesburg Art Gallery è il principale museo d’arte del continente africano. La mostra presenta una selezione di 64 opere scelte delle sue vastissime collezioni, spaziando dai grandi artisti europei dell’Ottocento ai maestri (ben meno noti e per questo ancor più sorprendenti) della scena sudafricana del XX secolo: da Degas a Rossetti, da Corot a Boudin, da Curbet a Monet, da Signac a Van Gogh, da Picasso, Lichtenstein e Warhol, fino a William Kentridge. Una serie inaspettata di capolavori che permettono di percorrere un vero e proprio viaggio nella storia dell’arte del XIX e XX secolo, spaziando dall’Europa agli Stati Uniti, fino al Sudafrica.

Ma la vera protagonista dell’esposizione è Lady Florence Phillips, la fondatrice del museo, figura straordinaria, tutta da scoprire. Lady Phillips era nata il 14 giugno 1863 a Cape Town. Suo padre Albert Frederick Ortlepp, è un naturalista, ispettore dei territori di Colesberg. Nel 1885 Florence aveva sposato Lionel Phillips, figli di mercanti della lower middle-class londinese, e con lui si era trasferita a Johannesburg. Nel 1892 Lionel era stato eletto presidente della Chamber of Mines, acquistando sempre più potere e perseguendo interessi politici che sfoceranno nel coinvolgimento personale nel “Jameson Raid”, il fallimentare tentativo britannico di sovvertire il governo sudafricano, allora ancora in mano ai boeri.
Consegnatosi alla giustizia per chiedere la grazia, Phillips venne invece condannato a morte, ma dopo sei mesi di prigionia venne liberato e costretto all’esilio in Inghilterra. Florence, che fino ad allora aveva viaggiato molto, torna in quell’occasione accanto al marito e lo segue a Londra.
È in questo periodo che Florence comincia ad appassionarsi all’arte, prima timidamente, poi con sempre maggior convinzione, cominciando a maturare la convinzione che l’arte possa essere utile, farsi strumento di aiuto sociale, in particolare per le fasce di popolazione più bisognose. Tornata a Johannesburg nel 1906, comincia a dare corpo al suo sogno di realizzare qualcosa di importante per il Sudafrica. Guidata da uno straordinario filantropismo, oltre che dalla volontà di dare visibilità e credibilità culturale al proprio paese d’origine, Lady Phillips immagina una galleria pubblica di livello internazionale, con sede a Johannesburg.
Ma il contributo di Florence per il proprio paese non si ferma alla creazione del museo. Collezionista di manufatti africani, Lady Phillips si prodiga nella divulgazione e protezione delle tradizioni dei nativi. Florence morì il 23 agosto del 1940, nella tenuta di famiglia nel West Somerset. Le sembianze di questa donna straordinaria sopravvivono in alcune immagini fotografiche e, soprattutto in alcuni splendidi dipinti. Uno di questi è la tela di Antonio Mancini, che ritrae Florence a 46 anni, da cui prende avvio il percorso della mostra.

Nei propositi espressi in occasione della fondazione del Museo, Lady Phillips sottolinea un importante scopo del suo progetto: “Noi possiamo sperare che in futuro cresca una Scuola d’Arte Sudafricana e che lo studio dei capolavori che siamo riusciti ad assicurare a questa galleria aiuti anche a incentivare gli artisti locali”. La valorizzazione dell’arte e della cultura sudafricana ha quindi un ruolo importante nella finalità dell’Art Gallery.

Dopo un’introduzione alla figura di Lady Phillips, la mostra comincia il proprio percorso espositivo con la sezione dedicata all’Ottocento inglese, con opere del grande protagonista del romanticismo britannico Joseph Mallord William Turner, dei Preraffaelliti Dante Gabriel Rossetti e John Everett Millais e di Sir Lawrence Alma-Tadema.

Un nucleo di opere francesi della seconda metà dell’Ottocento sono protagoniste della sezione successiva: in esposizione la veduta delle falesie normanne di Étretat di Gustave Courbet e opere di Franois Millet e Henri-Joseph Harpignie.
Il percorso prosegue con la straordinaria novità del linguaggio impressionista delle opere di Manet, Sisley, Degas e Guillaumin e con alcuni protagonisti della scena postimpressionista. Notevole spazio ha in mostra il pointillsme grazie alla presenza di due capolavori di Paul Signac, un paesaggio di Lucien Pissaro e un importante lavoro di Henri Le Sidaner.

Segnano, invece, il paesaggio al XX secolo i disegni di due grandi scultori: Auguste Rodin e Aristide Maillol.
In mostra al rigore di André Derain fanno da contrappunto l’approccio già avanguardista di Ossip Zadkine e l’inconfondibile eleganza del segno di Amedeo Modigliani e dello sguardo di Henri Matisse. Quattro grafiche e una significativa Testa di Arlecchino a pastello raccontano la ricerca di Pablo Picasso.

La collezione storica dedicata al secondo Novecento è testimoniata da un tormentato ritratto maschile di Francis Bacon, un intenso carboncino di Hanry Moore, e due capolavori di Roy Lichetenstein e Andy Warhol.
L’ultima sezione della mostra è dedicata all’arte africana e si chiude con tre splendide opere di William Krntridge, il più noto rappresentante dell’arte sudafricana nel mondo contemporaneo.

M.P.F.

lunedì 27 luglio 2020

STORIE DI PAGINE DIPINTE


Storie di pagine dipinte
Miniature recuperate dai carabinieri


Un tesoro di sapere, arte e devozione, prima rubato e poi ritrovato: sono libri antichi e preziosi come il minuscolo Ufficio dei Morti appartenuto a Papa Leone X de’ Medici, i grandissimi corali, le pergamene finemente illustrate e decorate da alcuni dei più grandi maestri del Medioevo e del Rinascimento.


La mostra “Storie di pagine dipinte. Miniature recuperate dai Carabinieri” a Firenze, organizzata dalle Gallerie degli Uffizi, a Palazzo Pitti, sala delle Nicchie (catalogo Sillabe), aperta fino al 4 ottobre 2020, comprende circa quaranta opere, recuperate dopo il furto da questo speciale comando dell’Arma. I manoscritti e le singole pagine miniate in mostra attraverso la grande stagione libraria dell’Italia centrale dal Duecento al Cinquecento: provengono da Castelfiorentino, Colle di Val d’Elsa, Firenze, Perugia e Pistoia, e le miniature sono opera di artisti importantissimi come il Maestro di Sant’ Alessio in Bigiano, che malgrado sia ancora anonimo era a capo della bottega più attiva in Toscana nell’ultimo quarto del XIII secolo; Pacino di Buonaguida (uno dei primi e più dotati tra i seguaci di Giotto); fino ad Attravante degli Attravanti e Gherardo e Monte di Giovanni, illustratori di libri di fama internazionale ai tempi di Lorenzo il Magnifico.


La bellezza e il pregio delle opere esposte non è la sola attrazione di questa mostra: la sua spettacolarità sta nella storia dei furti e dei recuperi di cui è protagonista ogni volume, ogni singola pagina, ogni miniatura ritagliata.

Tra queste i corali provenienti dal convento dei Minori Osservanti di San Lucchese e Poggibonsi, oggetto di ben due furti, negli anni Trenta del ‘900 e poi di nuovo nel 1982; gli oltre venti volumi dell’abbazia benedettina di Montemorcino in Umbria, che, trasferiti nell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore ad Asciano, venero rubati nel 1975; l’Ufficio dei Morti di Leone X de’ Medici, prezioso ed elegante come si conveniva a quel papa, raffinato intellettuale.


La rassegna non esclude le opere sfregiate, le pagine da cui sono state ritagliate le miniature, i fogli strappati dai codici, ed è quindi un’occasione per pensare al furto di questi manufatti non solo come a una sottrazione di un bene comune, ma come una violenza che va dritta al cuore della nostra cultura e che attacca i testi, la nostra lingua, le pitture che la decoravano e la spiegavano.


La realizzazione della mostra è dovuta a storici dell’arte, specializzandi e dottorandi di Storia della Miniatura all’Università degli Studi di Firenze, sotto la guida della professoressa Sonia Chiodo, una dei massimi esperi della materia. Particolarmente in un campo complesso come lo studio dei volumi (codicologia) e delle loro decorazioni, è indispensabile che il lavoro anti crimine dei Carabinieri si avvalga di precise competenze specialistiche, come in questo caso: ogni miniatura o libro antico recuperato deve poter essere ricondotto al contesto di appartenenza, ed è in questo ambito che un drappello di giovani studiosi ha costruito l’esposizione di Palazzo Pitti.
E la concretezza, l’importanza dei risultati da loro raggiunti non saranno legate soltanto all’occasione temporanea della mostra: il loro lavoro include infatti il censimento di tutte le mancanze in modo da mettere a disposizione della Banca Dati dei Carabinieri una messe di informazioni aggiornate, essenziali alle investigazioni in corso e a quelle future.

M.P.F.