Arts & Foods
Rituali dal 1851
La mostra ufficiale
dell’Esposizione universale 2015 è uno degli eventi più ampi e complessi mai
realizzati nel nostro paese, grazie alla regia di Germano Celant, che ha
ordinato una rassegna incentrata sul rapporto che intercorre tra le arti e la
cultura del cibo. Non solo inteso in senso fisico e letterale, ma presentato
soprattutto nelle sue implicazioni simboliche, concettuali, antropologiche,
sociali e materiali in un percorso espositivo su tre livelli che si intreccia anche
con la storia dell’Expo, intesa come palinsesto culturale internazionale.
Non a
caso il sottotitolo della mostra
Arts & Foods, aperta alla Triennale di Milano fino al 1° novembre, è Rituali dal 1851. La data corrisponde
alla prima edizione della manifestazione a Londra, dove comparivano alcune
opere d’arte all’interno dell’esposizione: un primo segnale di interesse per le
arti visive che avrebbe preso corpo due anni dopo a Dublino con una vera e
propria mostra di arte antica, con opere di grandi artisti come Rubens,
Caravaggio, Raffaello e altri.
La relazione tra l’arte e le
esposizioni universali nel tempo è divenuta via via più articolata, fino a
sfociare a Milano in una kermesse che riunisce millecinquecento opere tra
dipinti, sculture, installazioni, fotografie, film e oggetti di design.
Tutto questo con l’intento di
tracciare con <<Arts &
Foods>> un percorso storico e multidisciplinare, sui riti legati al
cibo, alla sua distribuzione, alla sua preparazione, al suo consumo: dal
mercato alla cucina, dal bar al ristorante, dagli utensili al vasellame, dal
packaging agli elettrodomestici, visti con lo sguardo dei grandi protagonisti
della pittura, dell’architettura, del design, della fotografia, della moda,
della letteratura, del cinema, della televisione e della musica.
Una mostra concepita da
Celant come un’esperienza totale, basata <<sulla dinamica dell’intreccio
tra i linguaggi come mezzo per spettacolizzare, e quindi garantire, una
continua stimolazione visuale e sensoriale cosicché il pubblico si senta
circondato e immerso nel gioco delle sensazioni fisiche e
intellettuali>>.
Allestita da Italo Rota, Arts & Foods si sviluppa su una
superficie di settemila metri quadrati sui tre piani del palazzo della
Triennale, secondo un “fil rouge” di carattere cronologico. L’avvio è
spettacolare: la sezione storica, dedicata alla seconda metà del XIX secolo e
caratterizzata dalla trasformazione della società a seguito della rivoluzione
industriale, appare come la più riuscita, sia per la qualità di materiali che per
la loro varietà.
L’incipit è dato dalla contrapposizione tra cucina povera, dove si consuma il pasto contadino, e sala da pranzo aristocratica, che diventerà nel giro di pochi anni lo spazio conviviale della famiglia borghese. Non è un caso che il primo focus della mostra sia dedicato appunto all’evoluzione della sala da pranzo legata al rito del pasto consumato intorno al tavolo. Un’usanza documentata da opere di Medardo Rosso, Giuseppe de Nittis e Maurice Denis, che introducono all’affermazione di nuovi modelli sociali e culturali legati al nuovo secolo.
L’incipit è dato dalla contrapposizione tra cucina povera, dove si consuma il pasto contadino, e sala da pranzo aristocratica, che diventerà nel giro di pochi anni lo spazio conviviale della famiglia borghese. Non è un caso che il primo focus della mostra sia dedicato appunto all’evoluzione della sala da pranzo legata al rito del pasto consumato intorno al tavolo. Un’usanza documentata da opere di Medardo Rosso, Giuseppe de Nittis e Maurice Denis, che introducono all’affermazione di nuovi modelli sociali e culturali legati al nuovo secolo.
Gli stimoli che colpiscono lo
spettatore sono vertiginosi: si passa da una collezione di coltelli da tavola
alla ricostruzione di un bar del primo Novecento completo di prodotti d’epoca,
per non parlare degli spezzoni dei film proiettati nelle sale, tra i quali
spicca la scena esilarante di uno Charlot alle prese con i primi utensili
elettrici da cucina in Tempi moderni, girato
nel 1936.
Le sale sono affollate di
oggetti e mobili di matrice cubista, futurista e déco, e da alcuni ambienti
storicamente significativi, come la sala da pranzo futurista di Gerardo Dottori
o lo studio dove cenava Gabriele d’Annunzio. Sorprendente e futuribile l’Autarca, un tavolo progettato nel 1935
dal notaio genovese Angelo Fasce, che permetteva a sei commensali di poter
consumare un intero pasto senza doversi mai alzare e senza aiuto dei domestici.
In questo ambito gli artisti
si dedicarono soprattutto al tema della natura morta, tra pittura e fotografia,
che coinvolge artisti storici come Picasso, Braque, Boccioni, Severini, Morandi,
Casorati, Man Ray.
Un altro interessante focus è
dedicato al mercato, inteso come luogo di vendita e consumo di cibo, con una
selezione di immagini scattate da maestri come Henri Cartier-Bresson, Nino
Migliori e Andreas Gursky, mentre non poteva mancare un accenno al tema
dell’Ultima cena, che tratta del rapporto tra cibo e spiritualità, con
capolavori che vanno da El Greco ad Andy Warhol.
E il leader della Pop Art è
protagonista del settore mostra Vietato
agli adulti, dove i bambini possono ammirare novantatre dipinti di Warhol
legati al mondo dei giocattoli. La panoramica si conclude con
La mostra riprende al piano
superiore con uno spaccato degli anni Sessanta e Settanta. Questo viaggio si
tuffa, dunque, con gli anni Sessanta con l’esplosione iconografica pop, da
Claes Oldenburg a Tom Wesselmann, che fanno del cibo un tema centrale, fino ad
arrivare ai ristoranti d’artista, quali di Daniel Spoerri, o agli assemblaggi
di Fluxus, fino alla cucina naturale e biologica della controcultura hippy.
In quest’area spicca la
sezione dedicata alla necessità di nutrirsi durante il viaggio nello spazio,
documentari da una selezione di film di fantascienza, da 2001 Odissea nello spazio a Guerre
stellari.
Infine arrivano i nostri
giorni, dominati dalla contaminazione tra le arti.
Dagli anni Ottanta,
l’interesse per l’esperienza materia e corporale dilaga e i linguaggi, da Frank
O. Gehry a Jannis Kunellis, da Cindy Sherman a Robert Mapplethonrpe, si fondono
e confondono: portano al banchetto di alimentari colorato di Antoni Miralda, al
tavolo originale di Mona Hatoum e alla casa di pane di Urs Fischer.
Degna
conclusione per una mostra capace di mostrare come tema del cibo rivelati chiavi
di lettura inaspettate e originali per riflettere sull’evoluzione del mondo
negli ultimi due secoli.
Maria Paola Forlani
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