mercoledì 15 luglio 2015

ARTS & FOODS - RITUALI DAL 1851

Arts & Foods

Rituali dal 1851



La mostra ufficiale dell’Esposizione universale 2015 è uno degli eventi più ampi e complessi mai realizzati nel nostro paese, grazie alla regia di Germano Celant, che ha ordinato una rassegna incentrata sul rapporto che intercorre tra le arti e la cultura del cibo. Non solo inteso in senso fisico e letterale, ma presentato soprattutto nelle sue implicazioni simboliche, concettuali, antropologiche, sociali e materiali in un percorso espositivo su tre livelli che si intreccia anche con la storia dell’Expo, intesa come palinsesto culturale internazionale.
Non a caso il sottotitolo della mostra
Arts & Foods, aperta alla Triennale di Milano fino al 1° novembre, è Rituali dal 1851. La data corrisponde alla prima edizione della manifestazione a Londra, dove comparivano alcune opere d’arte all’interno dell’esposizione: un primo segnale di interesse per le arti visive che avrebbe preso corpo due anni dopo a Dublino con una vera e propria mostra di arte antica, con opere di grandi artisti come Rubens, Caravaggio, Raffaello e altri.

La relazione tra l’arte e le esposizioni universali nel tempo è divenuta via via più articolata, fino a sfociare a Milano in una kermesse che riunisce millecinquecento opere tra dipinti, sculture, installazioni, fotografie, film e oggetti di design.
Tutto questo con l’intento di tracciare con <<Arts & Foods>> un percorso storico e multidisciplinare, sui riti legati al cibo, alla sua distribuzione, alla sua preparazione, al suo consumo: dal mercato alla cucina, dal bar al ristorante, dagli utensili al vasellame, dal packaging agli elettrodomestici, visti con lo sguardo dei grandi protagonisti della pittura, dell’architettura, del design, della fotografia, della moda, della letteratura, del cinema, della televisione e della musica.


Una mostra concepita da Celant come un’esperienza totale, basata <<sulla dinamica dell’intreccio tra i linguaggi come mezzo per spettacolizzare, e quindi garantire, una continua stimolazione visuale e sensoriale cosicché il pubblico si senta circondato e immerso nel gioco delle sensazioni fisiche e intellettuali>>.

Allestita da Italo Rota, Arts & Foods si sviluppa su una superficie di settemila metri quadrati sui tre piani del palazzo della Triennale, secondo un “fil rouge” di carattere cronologico. L’avvio è spettacolare: la sezione storica, dedicata alla seconda metà del XIX secolo e caratterizzata dalla trasformazione della società a seguito della rivoluzione industriale, appare come la più riuscita, sia per la qualità di materiali che per la loro varietà.
L’incipit è dato dalla contrapposizione tra cucina povera, dove si consuma il pasto contadino, e sala da pranzo aristocratica, che diventerà nel giro di pochi anni lo spazio conviviale della famiglia borghese. Non è un caso che il primo focus della mostra sia dedicato appunto all’evoluzione della sala da pranzo legata al rito del pasto consumato intorno al tavolo. Un’usanza documentata da opere di Medardo Rosso, Giuseppe de Nittis e Maurice Denis, che introducono all’affermazione di nuovi modelli sociali e culturali legati al nuovo secolo.


Gli stimoli che colpiscono lo spettatore sono vertiginosi: si passa da una collezione di coltelli da tavola alla ricostruzione di un bar del primo Novecento completo di prodotti d’epoca, per non parlare degli spezzoni dei film proiettati nelle sale, tra i quali spicca la scena esilarante di uno Charlot alle prese con i primi utensili elettrici da cucina in Tempi moderni, girato nel 1936.


Le sale sono affollate di oggetti e mobili di matrice cubista, futurista e déco, e da alcuni ambienti storicamente significativi, come la sala da pranzo futurista di Gerardo Dottori o lo studio dove cenava Gabriele d’Annunzio. Sorprendente e futuribile l’Autarca, un tavolo progettato nel 1935 dal notaio genovese Angelo Fasce, che permetteva a sei commensali di poter consumare un intero pasto senza doversi mai alzare e senza aiuto dei domestici.

In questo ambito gli artisti si dedicarono soprattutto al tema della natura morta, tra pittura e fotografia, che coinvolge artisti storici come Picasso, Braque, Boccioni, Severini, Morandi, Casorati, Man Ray.

Un altro interessante focus è dedicato al mercato, inteso come luogo di vendita e consumo di cibo, con una selezione di immagini scattate da maestri come Henri Cartier-Bresson, Nino Migliori e Andreas Gursky, mentre non poteva mancare un accenno al tema dell’Ultima cena, che tratta del rapporto tra cibo e spiritualità, con capolavori che vanno da El Greco ad Andy Warhol.
E il leader della Pop Art è protagonista del settore mostra Vietato agli adulti, dove i bambini possono ammirare novantatre dipinti di Warhol legati al mondo dei giocattoli. La panoramica si conclude con la Maison des jours melleurs, realizzata nel 1956 da Jean Prouvé e ricostruita in mostra con arredi originali: mobili e dipinti di artisti come Pablo Picasso e Giorgio Morandi. La sua peculiarità era che poteva essere montata da due persone in sette ore, ed era perfettamente funzionante.

La mostra riprende al piano superiore con uno spaccato degli anni Sessanta e Settanta. Questo viaggio si tuffa, dunque, con gli anni Sessanta con l’esplosione iconografica pop, da Claes Oldenburg a Tom Wesselmann, che fanno del cibo un tema centrale, fino ad arrivare ai ristoranti d’artista, quali di Daniel Spoerri, o agli assemblaggi di Fluxus, fino alla cucina naturale e biologica della controcultura hippy.

In quest’area spicca la sezione dedicata alla necessità di nutrirsi durante il viaggio nello spazio, documentari da una selezione di film di fantascienza, da 2001 Odissea nello spazio a Guerre stellari.

Infine arrivano i nostri giorni, dominati dalla contaminazione tra le arti.
Dagli anni Ottanta, l’interesse per l’esperienza materia e corporale dilaga e i linguaggi, da Frank O. Gehry a Jannis Kunellis, da Cindy Sherman a Robert Mapplethonrpe, si fondono e confondono: portano al banchetto di alimentari colorato di Antoni Miralda, al tavolo originale di Mona Hatoum e alla casa di pane di Urs Fischer.
Degna conclusione per una mostra capace di mostrare come tema del cibo rivelati chiavi di lettura inaspettate e originali per riflettere sull’evoluzione del mondo negli ultimi due secoli.

Maria Paola Forlani



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