Nelle antiche cucine
Cucine storiche e cucine dipinte
“Se un bel fregio d’alloro non disdice
E perché un cuoco laurear non lice?
Che importa che’egli sia sudicio e sporco
Tinto dal sangue o dai carboni, e unto
D’olio, e di grasso, e brutto come un orco
Signori miei, qui non si consiste il punto
Bisogna aver riguardo alla dottrina
Acquistata nel leggere il Panunto.
(D. Poltri, 1723)
La cucina, luogo
identificativo del focolare domestico e simbolo della casa stessa e del nucleo
familiare, è la protagonista della mostra aperta al pubblico fino al 25 ottobre
2015 presso il Museo della Natura Morta
della Villa medicea di Poggio a Caiano. Curata da Maria Matilde Simari
(catalogo Sillabe), la mostra si colloca nell’ambito di EXPO 2015 che ne ha
dato il patrocinio, e offre un punto di vista originale ed inedito per entrare
in contatto con un particolare aspetto della pittura di genere del Sei e del
Settecento.
Le opere, provenienti dalle
collezioni fiorentine e da altri musei e collezioni italiane, sono raccolte in
tre sezioni: la prima dedicata alle rappresentazioni di interni di cucine; la seconda riservata alle figure preposte alla
preparazioni di cibi, i cuochi;
la terza, infine, alle dispense, luoghi annessi alle cucine
destinati alla conservazione dei cibi, ma – soprattutto – definizione assegnata
ad alcuni splendidi dipinti che raffigurano grandi varietà di cibi e di
preparazioni culinarie.
La presenza in mostra di vari
oggetti d’uso domestico dà modo di comprendere come gli artisti specializzati
in questo genere pittorico nel Sei e Settecento traessero concreta ispirazione
dagli ambienti e dagli oggetti della vita quotidiana.
Alcuni famosi manuali di cucina del XVI e XVII
secolo fra cui la celeberrima Opera di
Bartolomeo Sappi o quella di Cristoforo Messisbugo il Libro Novo nel qual s’insegna à far d’ogni sorte di vivande secondo le
diversità de’ tempi, così di carne come di pesce, et il mondo di ordinare
banchetti, apparecchiare tavole, fornir palazzi, e ornar camere per ogni gran
Principe, in Venetia, per Giovanni della Chiesa, 1556.
Edito per la prima volta a
Ferrara, il Libro Novo di Cristoforo
Messisbugo ebbe numerose ristampe nei secoli con aggiunte varie. L’autore, di
discendenza aristocratica e imparentato con le più importanti famiglie di
Ferrara, nella sua esegesi
si riallaccia alla grande
tradizione gastronomica umanistica di alto livello intellettuale del Platina,
dimostrando di conoscere perfettamente sia la tecnica che l’ambiente di corte.
Entrambi i trattati testimoniano l’interesse e il diffondersi delle tecniche
culinarie e delle varietà gastronomiche, con un’impostazione didattica e si
rivolgono a “Scalchi, Credenzieri e Cuochi” che desiderano perfezionarsi in
quella che già dalla fine del Cinquecento diviene “l’arte del cucinare”.
Un’importante iniziativa
affianca l’evento espositivo: per la prima volta vengono aperte al pubblico le cucine “segrete” della Villa medicea di
Poggio a Caiano, progettate ed erette tra il 1614 e il 1619 durante il regno di
Cosimo II dei Medici.
Queste cucine, chiamate
segrete perché dedicate alla esclusiva preparazione per i cibi destinate al
Granduca, e perciò separate dalle cucine comuni dove invece si preparavano i
cibi per la corte.
Le Cucine
Le prime rappresentazioni
pittoriche di interni di cucine si hanno nella pittura fiamminga della metà del
Cinquecento e sono caratterizzate in questa fase d’esordio dalla presenza di
scene religiose, talvolta inserite sullo sfondo, e con stretti rimandi
allegorici e moraleggianti. Sulla scia dei maestri fiamminghi si inserirono
diversi pittori italiani come il cremonese Vincenzo Campi e il veneto Jacopo
Bassano.
Temi come Cristo in casa di
Maria e Marta o la Cena
in Emmaus divennero dunque l’occasione per sfoggiare brani di vita quotidiana
derivati dalla vita reale del tempo.
Il dipinto in mostra di un
pittore della scuola di Anversa con una Cena
in Emmaus, dipinta in secondo piano e defilata rispetto al dettagliato
ambiente dove due donne sono intente a cucinare, è un esempio significativo di
questo genere pittorico che nasconde dietro alla piacevolezza descrittiva una
molteplicità di significati allegorici.
La rappresentazione di nature
morte, che nei primi decenni del Seicento si diffonde in Italia, trova spesso
il luogo privilegiato di ambientazione nella cucina dove, alla varietà di cibi
e frutti, possono accompagnarsi utensili, vasellame e arredi domestici.
Egualmente tale ambiente viene scelto come cornice di scene popolari o di
personaggi dal sapore satirico o grottesco. L’uomo delle lumache di Filippo Napoletano, un affascinante piccolo
dipinto che ripropone in molteplici modi il simbolo scaramantico delle corna, è
così inquadrato in un interno di cucina dinnanzi a un’apparecchiatura rustica e
improvvisata.
I Cuochi
La seconda sezione della
mostra è dedicata alle figure che popolavano le antiche cucine. In ambienti
densi di ombre sono al lavoro cuochi, cuoche, fantesche e garzoni dinnanzi a
banconi di legno ingombri di cibarie, sistemati accanto a scaffalature occupate
da utensili o oggetti.
Il Cuoco del maestro denominato Pensionante del Saraceni, dalla forte
impronta caravaggesca, e il cosiddetto Pollarolo
assegnato a Camillo Berti, esemplificano le pitture dei primi decenni del
Seicento in cui la presenza della figura umana al lavoro si affianca a
splendide nature morte definite da luci taglienti.
In pitture cronologicamente
successive prevale la descrizione di ambiente in cui la figura umana è
protagonista. La Cuoca di Niccolò Cassana (1707) ha le
sembianze della seconda avvenente moglie del pittore.
Le Dispense
Le dispense erano luoghi
essenziali nell’organizzazione degli spazi articolati delle antiche cucine
aristocratiche e signorili. In esse si conservava il cibo destinato alle mense
di decine e decine di commensali per cui la grande varietà e abbondanza di provviste
richiedevano ambienti ampi e attrezzati.
Anche le cucine della Villa
di Poggio a Caiano erano dotate di grandi dispense, una delle quali – la più
grande – era situata tra la cucina segreta, dove si preparavano i cibi
esclusivi per il granduca, e la cucina comune riservata alle preparazioni per
la corte. Sono famosi i quattro dipinti raffiguranti Dispense di Jacopo Cimenti detto l’Empoli, datati tra il 1621 e il
1625, tre dei quali esposti in mostra. In essi si rappresenta con lucido
verismo e con acuta sensibilità pittorica una straordinaria varietà di cibi,
dai salumi ai vegetali, dalle carni e volatili ai formaggi e ai frutti,
associati al corredo di stoviglie necessarie alla cucina e alla mensa.
La stessa varietà di cibi
disposti su tavoli insieme a pentole, piatti e utensili – isolati in nitidi
primi piatti – si riscontra nelle altre pitture del Sei e Settecento esposte in
mostra. Si tratta, in realtà, di nature morte dove però è prevalente l’aspetto
del cibo predisposto per essere cucinato o per essere servito alla mensa e
quasi sempre accompagnato da oggetti legati alla loro preparazione o al loro
consumo.
Maria Paola Forlani
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