L’ultima Creatura
L’idea divina del femminile
Si è aperta ad Illegio (Udine), una mostra del comitato
di San Floriano, fino al
4 ottobre 2015 dal titolo <<L’ultima creatura. L’idea divina del
femminile>>, a cura di don Alessio Geretti.
L’esposizione, con finalità
interdisciplinari, è fondata su un’indagine teologica condotta sui testi delle
sacre scritture, e su una ricerca iconografica, che vuole rendere testimonianza
alla presenza notevole del tema del femminile biblico nella storia dell’arte
cristiana e alla sua recezione nel corso della storia culturale occidentale, ma
anche su una riflessione filosofica sulla bellezza e sulla bellezza artistica
in particolare, che spesso nelle opere d’arte è stata “trattata” attraverso
simboli delle figure femminili.
L’interesse per il mondo
femminile nella Bibbia vive per le concretissime donne che tessono la trama
feriale della storia e non mancano di incidere anche nella vita pubblica per
audacia, carisma, saggezza e profezia. Classica e nota è la storia di Rut e di
Noemi, sorprendente alleanza di due donne diverse (altra razza, cultura e
religione), amicizia che si rafforza nel lutto, complicità femminile che
costituisce la casa di Davide e del Messia.
La mostra illustra sotto
cinque profili diversi, attraverso esempi eminenti, il rapporto dell’arte
occidentale con il femminile biblico, sia in quanto locus teologicus sia, in
quanto occasione per rappresentare l’esperienza artistica e l’ambivalenza della
bellezza sensibile.
Il primo momento della mostra
è dedicato all’apparizione femminile e del suo senso originario nel progetto
divino: da Eva a Maria.
Il Signore inventa allora la
terapia del sonno per fare all’uomo la più bella sorpresa. La trae dal suo
costato, forma la donna <<con la costola dell’uomo>> (2,22), e
quando gliela presenta lui non può trattenersi dall’esclamare:<< Questa,
finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne>>.
La si chiamerà donna (ishshsh) perché dall’uomo (ish) è stata tratta >> (2,22).
I Padri della Chiesa vedono
in Maria la nuova Eva, senza rapporto alcuno col peccato, donna pienamente
solidale e madre dei viventi in forma nuova. Essi vedono inoltre nella donna
primordiale tratta dall’uomo dormiente, un’icona della Chiesa che nasce dal
costato di Cristo nuovo Adamo.
Il secondo “sguardo” della
mostra concentra l’attenzione sulle madri per cui passano la benedizione e la
vita: le donne dei patriarchi. Splendidi i confronti iconografici tra alcune
opere raffiguranti Hagar, Rachele e Rebecca, Tamar la Cananea , e due riferimenti
alla sorella di Mosè, Miriam.
Il terzo “sguardo” della
mostra è quel femminile che sorprende per forza e audacia spirituale, nel
momento di prove tremende.
La storia biblica rivela la
presenza di Dio in modi del tutto imprevedibili, attraverso uomini e donne che
in forme diverse richiamano un motivo di fondo, il capovolgimento delle sorti.
Come se Dio amasse giocare a confondere i piani dei potenti attraverso i
piccoli, mediante l’intervento di persone umili e semplici che si fidano
pienamente di lui. Così Ester l’orfana giudea della diaspora, che diventa
regina di Persia e capovolge le sorti.
Innegabilmente il cuore di questa
sezione è costituito dal confronto tra le diverse versioni di Giuditta dipinte
da molti artisti – tra i quali Allori, Rubens, Piazzetta – e il capolavoro
straordinario di Caravaggio. La vicenda di Giuditta, come pure quella di
Giaele, diventa l’occasione per un esercizio pittorico di realismo, per una
rappresentazione del contrasto tra grazie e forza, tra dolcezza ed efferatezza:
un rinvio, dopotutto, al tema della bellezza spirituale che sconfigge l’assedio
del nemico dell’umana natura, da una parte, e della bellezza sensibile che
conquista e al tempo stesso inebria e ferisce l’anima umana.
Il dipinto compenetra le
precedenti ricerche nell’ambito della trasposizione dei moti dell’anima, di
radice lombarda e leonardesca, evidenti nello sguardo concentrato di Giuditta
con la tensione fisica del gesto della decapitazione, forse ancor più che nella
bocca fissata nell’urlo di Oloferne.
La bellezza come grazia e
purezza inviolabile è il quarto filo conduttore della mostra, che vede
specialmente nella figura di Susanna insidiata dalle brame dei vecchioni il
“caso” più interessante. Susanna, vittima innocente, viene coinvolta in una
vicenda scandalosa che getta fango sulla sua immagine di donna integerrima e
mette a dura prova la sua fiducia in Dio. Ma dalla prova Susanna emerge
incandescente: non scende a patti con uomini corrotti e violenti, non cede al
ricatto ma grida tutta la sua angoscia al giudice divino, unico interlocutore.
Lui che scruta il cuore e non abbandona l’innocente.
Infine, la bellezza come
seduzione, talora letale, è l’ultimo filo conduttore della mostra: il passaggio
è quello del sensibile al sensuale. In questo caso, non è in atto l’assedio
delle facoltà umane nei confronti della bellezza, che è impossibile possedere
pienamente, ma l’insidia si rovescia, per così dire, poiché è la bellezza a
cingere d’assedio le facoltà dell’anima umana, fino a sequestrare. Rahab,
Dalila e Bethsabea sono esempi di figure che rappresentano, insieme alle
iconografie degli episodi biblici correlativi, l’ambiguità della bellezza
sensibile, del corteggiamento che essa perpetra nei confronti dei sensi umani e
della misteriosa potenza pressoché irresistibile con cui essa tradisce la
violenza dell’uomo che cede alle sue malie.
Per molti artisti che hanno
voluto rileggere alcune figure femminili
bibliche attraverso la loro storia, diventa tutto ciò un piacevole gioco di
posture e di bellezza, come nel caso della Rebecca
di Hayez (Milano Accademia di Brera). L’opera si inserisce coerentemente
nella galleria di giovani donne <<a mezza figura>> realizzate
dall’Hayez tra gli anni Quaranta e Cinquanta, nelle quali il tema biblico è
puro pretesto per alte esercitazioni formali ove è sì sempre fondamentale la
partenza dal modello, dal vero, ma per muovere verso una idealizzazione sempre
più filtrata, giocata sullo stretto congegnamento di equilibri rapporti lineari
e plastici e su accordi cromatici.
Cristo è stato poeta…
Guardava le donne come si guarda a dei fiumi…
E le sentiva amiche essendo donna nel cuore.
(Alda Merini, Corpo d’amore)
Maria Paola Forlani
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