Bellezza Divina
Tra Van Gogh
Chagalle
e Fontana
In quel giorno, gli
occhi dell’uomo
guarderanno al Santo
di Israele
Isaia 17, 7
Lo sguardo è la
somiglianza a Dio
resa presente nel
volto
Pavel Florenskij
Il rapporto tra cristianesimo
e arti visive si configura nel mondo europeo, pur tra alterne vicende, come la
storia di una stretta e feconda alleanza. Di fatto, la produzione artistica
dell’Occidente, dalla Spagna alla Russia, dall’Italia ai Paesi Scandinavi, non
può essere compresa separatamente dalle sue radici cristiane.
Dalle simboliche ed
essenziali rappresentazioni dei primi secoli alle algide raffigurazioni
neoclassiche, l’immagine ha sempre goduto di grande familiarità con il
cristianesimo. La Chiesa è sempre stata una committente straordinaria.
D’altronde, la relazione tra
arte e fede trova le sue giustificazioni negli stessi testi fondatori del
cristianesimo, a cominciare dal celebre versetto del Prologo del Vangelo di Giovanni: <<Il Verbo si
fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito del Padre, pieno di grazia e verità>>
(Gv 1, 14). Il Dio invisibile si è reso
visibile attraverso una forma.
Dio può essere dunque
rappresentato:<< Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato>> (Gv 1, 18). Dio si è
incarnato nella storia dell’uomo.
Il Logos
invisibile è apparso ai nostri occhi, l’abbiamo visto, è risuscitato,
annuncia il Kerigma paolino. Gesù
appare ai suoi.
La sua presenza assume valore
di una testimonianza. Il Cristo risuscitato appare
e parla. Il Cristo, il Figlio di Dio che rivela il volto del Padre, si è
fatto uomo.
Intorno a queste suggestioni
sul ‘mistero della rappresentazione
di Dio’,
Palazzo Strozzi a Firenze
ospita
Bellezza Divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana, un’eccezionale mostra dedicata alla riflessione sul
rapporto tra arte e sacro tra metà Ottocento e metà Novecento attraverso oltre
cento opere di importanti artisti italiani ed internazionali, a cura di Lucia
Mannini, Anna Mozzanti, Ludovica Sebregondi e Carlo Sisi (Catalogo Marsilio).
L’esposizione nasce da una
collaborazione della Fondazione Palazzo Strozzi con l’Ex Soprintendenza
Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il
Polo Museale della città di Firenze, l’Arcidiocesi di Firenze e i Musei
Vaticani e si inserisce nell’ambito delle manifestazioni organizzate in
occasione del V Convegno Ecclesiale Nazionale, che si terrà a Firenze tra il 9
e il 13 novembre 2015, al quale interverrà anche Papa Francesco.
La mostra analizza e
contestualizza quasi un secolo di arte sacra moderna, partendo dagli anni
cinquanta dell’Ottocento – quando le espressioni artistiche più nuove furono
incoraggiate dalla Chiesa di Pio IX – arrivando fino all’anno Santo 1950,
attraverso un percorso che mette a confronto i migliori esempi nati nel
contesto italiano e internazionale, sottolineandone il dialogo e le relazioni e
talvolta i conflitti nel rapporto fra arte e sentimento del sacro. Una
“bellezza divina” che assume il significato di una grazia che dà sostanza
estetica alla forma, in opere che sprigionano ognuna una spiritualità diversa e
unica. Grandi protagonisti della mostra sono capolavori come
L’Angelus di Jean-François Millet, eccezionale prestito da Museé d’Orsay di Parigi che
emana una religiosità atavica, un senso del sacro trasversale e universale; la Pietà di Vincent van Gogh dei Musei
Vaticani, fondamentale perché – nonostante la vocazione religiosa e mistica –
l’artista ha rappresentato raramente soggetti sacri, e lo ha fatto ispirandosi
a opere di altri autori; la Crocifissione
di Renato Guttuso delle collezioni della Galleria Nazionale
d’Arte Moderna di Roma, opera emblematica con un’intensa connotazione politica
che esprime, come Guernica, un grido
di dolore, la
Crocifissione bianca di
Marc Chagall, proveniente dall’Art Institute di Chicago, l’opera d’arte più
amata da papa Bergoglio.
Dal percorso espositivo
emerge come, al di là di diffusi pregiudizi, il rapporto tra arte e sacro non
abbia mai subito censure profonde, ma al contrario, come ogni artista abbia
sentito il bisogno di confrontarsi in qualche modo, magari in forme
conflittuali, con la dimensione della trascendenza, e così pure come l’ambiente
di fede abbia sempre sentito il bisogno di riconoscere nell’arte una via alta
di espressione dei propri contenuti, anche in questo caso non in modo uniforme,
ma attraversando gli spazi della sacralità liturgica, di quella devozionale o
di quella semplicemente spirituale.
Di qui l’importanza della mostra
che evidenzia quanto universale e quanto ricco sia stato, nel secolo che si
potrebbe considerare il più difficile del dialogo, il confronto tra arte e
sacro. Dopo un periodo d’identificazione dell’arte cristiana con lo
“storicismo”, della fine dell’Ottocento si è protratto il tentativo di
individuare un linguaggio che fosse aderente ai tempi, per cui, nel corso del
Novecento, l’arte sacra si esprime tramite l’affiancarsi di linee
interpretative molteplici.
Si affermano così una varietà
di espressioni che trovano riscontro nelle opere presenti in mostra, dallo
stile naturalistico e narrativo affine alla pittura di storia di fine Ottocento
alle ricerche simboliste di inizio Novecento, dalle ricerche del realismo
ottocentesco e novecentesco fino a letture in chiave astratta e controversa.
Ne sono testimonianza le
inaspettate interpretazioni futuriste o quella di Edvard Munch, la cui Madonna fu oggetto di scandalo tanto da
rappresentare una delle immagini più provocatorie dell’Ottocento.
La mostra è suddivisa in
sette sezioni. In questo contesto si inserisce una sezione dedicata a Gino Severini: la decorazione murale tra
spiritualità e poesia, che attraverso una selezione di opere chiarisce il
dialogo con Maritain, cui segue una video-installazione, Spazi del Sacro, che mostra le molteplici soluzioni adottate, fra
Ottocento e Novecento, nella costruzione di edifici del culto cattolico,
sottolineando anche lo stretto collegamento con il Rito.
Il susseguirsi delle immagini
di architetture ispirate dal padre domenicano Marie-Alain Couturier, terminano lo
splendido filmato con la cappella di
Notre Dame du Haut a Ronchamp (1954-1955), progettata da Le Corbusier. Il
geniale architetto sosteneva che il suo intervento era di natura acustica nel
mondo delle forme e in armonia con il paesaggio circostante: <<i quattro
orizzonti>>. Un evento scultoreo che è contemporaneamente sonoro e
visuale, poiché frutto di equazioni plastiche, musica e numeri. Un immenso
orecchio stilizzato che si adegua sulla collina e dove la coclea coincide con
l’altare maggiore; un orecchio ambientale in relazione con il mistero
dell’Annunciazione, dove l’orecchio della Vergine, che ha accolto attraverso
l’Angelo la parola del Signore, diventa
simbolo della fecondazione.
Ogni riflessione sull'arte visiva sia essa pittura, scultura o architettura, mi emoziona profondamente e mi fa ritrovare le mie origini di sensibilità e curiosità al mondo colorato e armonico. Credo che in questi tempi di grande confusione mentale e morale la cultura del bello e dell'armonia serva a ridare un futuro a questa umanità sofferente.
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