L’Armonia del vero
Vita e paesaggi tra terre e acque
1842/ 1932
…Ma sedendo e mirando,
interminati
spazi di là da quella,
e sovrumani
silenzi, e
profondissima quiete
io nel pensier mi
fingo; ove per poco
il cor non si spaura.
Giacomo Leopardi, l’Infinito
Si è aperta nella splendida e
sontuosa Villa Contarini, a Piazzola sul Brenta, (una vera e propria reggia,
più che una normale villa veneta), una grande mostra, L’armonia del vero. Vita e paesaggi tra terre e acque (1842/ !932),
a cura di Luisa Turchi (catalogo Allemandi), aperta fino al 30 novembre 2015.
La curatrice ha selezionato
tele che descrivono la vita popolare, il paesaggio lagunare e agricolo
dell’entroterra veneto, quello che ebbe nelle campagne e nelle grandi ville,
con i loro lussureggianti giardini, il suo fulcro.
Un percorso scandito da
sessantacinque magnifici dipinti, noti e meno noti, della metà dell’Ottocento
fino ai primi decenni del Novecento, provenienti da importanti collezioni
pubbliche e private.
Due sono i filoni del
racconto espositivo. Il primo introduce il visitatore nell’ambito delle scene
di genere a carattere aneddotico che obbediscono ai caratteri del “Vero” e
della contemporaneità, ritraendo il popolo nelle sue abituali occupazioni
giornaliere, nella quiete domestica delle case in Giuseppe Barison e Vittorio
Emanuele Bressanin, nell’affaccio alle finestre o al balcone di eleganti
gentildonne, da Eugenio De Blaas e Stefano Novo a Virgilio Costantini, nelle
piazze animate di città o nell’atto di esercitare i mestieri, in Cecil Van
Haanen, Angelo Dall’Oca Bianca e del ferrarese Cesare Laurenti, in giro per gli
assolati e vivaci “canali” con le imbarcazioni tipiche in Antonio Paletti, Leo
Franz Ruben ed Egidio Lancerotto o in serene passeggiate sul lago di Garda, in
Napoleone Nani.
Di gusto differente, ma
egualmente scene di genere, sono quelle incentrate sul revival settecentesco,
che hanno il sapore delle commedie goldoniane, con dame e gentiluomini in
costume e in posa, in amabili conversazioni nei salotti borghesi e in piazza San
Marco o impegnati in passatempi come “Il cacciatore di farfalle” di Silvio
Giulio Rotta,
o con le vezzose dame di Giacomo Favretto, le scene galanti di Alessandro Milesi, e di Oreste da Molin (Cara ti xe tanto bela), oppure a passeggio nel verde dei parchi, così ben eternati da una pittrice di fama europea dalla vocazione paesaggistica quale Emma Ciardi. Della grande artista è presente Villa Priuli. Straordinario edificio che si trova lungo il fiume Brenta, dalla particolare architettura rinascimentale, simile a un padiglione da giardino, che ricordala Loggetta
del Sansovino ai piedi del campanile di San Marco e la loggia Corsaro a Padova.
o con le vezzose dame di Giacomo Favretto, le scene galanti di Alessandro Milesi, e di Oreste da Molin (Cara ti xe tanto bela), oppure a passeggio nel verde dei parchi, così ben eternati da una pittrice di fama europea dalla vocazione paesaggistica quale Emma Ciardi. Della grande artista è presente Villa Priuli. Straordinario edificio che si trova lungo il fiume Brenta, dalla particolare architettura rinascimentale, simile a un padiglione da giardino, che ricorda
Emma Ciardi sceglie di
tramandare ai posteri l’immagine poetica della villa con il parco, in una
giornata di sole, accostando vero e fantastico. Le figurette cristalline e
neosettecentesche che compaiono a gruppi nel prato, senza una storia da
raccontare ma solo per il piacere di stare insieme in un disegno unico e
cromatico, appaiono impalpabili ed evanescenti come improvvise apparizioni,
rese con una pittura smaltata e materia che le fa sembrare quasi gemme
incastonate nel verde.
La campagna e l’entroterra
montano sono indagati nelle scene bucoliche di pittori quali Noè Bordignon,
Pietro Paletta e Luigi Cima.
Grande protagonista della
mostra è poi il paesaggio dal vedutismo al “Vero” come trapasso dal paesaggio
tradizionale concepito ancora secondo una visione prospettica canalettiana a
quello en plein air rivisto in
un’ottica elegiaco-sentimentale, non esente da influssi nordici e declinazioni
macchiaiole e impressionistiche.
e di Piazza San Marco con Palazzo Ducale e
Riva degli Schiavoni attraverso le vedute cristalline di Carlo Grubacs,
Federico Moja, Antonietta Brandeis e Rubens Santoro, o in quelle che uniscono
alla ricerca di aspetti luministici una sensibilità d’ispirazione romantica, di
Luigi Quarena, Friedrich Nehrlich (Nerly) e Ippolito Caffi.
Antonietta Brandeis, altra
pittrice presente in mostra di grandi qualità. Originaria di un paese della
Galizia. Giunta a Venezia, fissa la sua residenza a San Barnaba e nel 1867 si
iscrive all’Accademia di belle arti, che frequenterà brillantemente, riportando
numerosi premi. È costretta inizialmente in alcune esposizioni a
fingersi uomo, con la convinzione di ottenere una maggiore considerazione in
un’epoca dove ancora vi sono discriminazioni per il fatto di essere una
<<donna pittrice>>, che fra l’altro viaggia e riporta le sue
impressioni in disegni e dipinti. Le sue opere otterranno successo sia in
Inghilterra sia in Germania e saranno riprodotte in cromolitografia, per la
loro piacevolezza. L’opera in mostra rappresenta l’isola di San Giorgio Maggiore.
La veduta è qui incentrata soprattutto sulla chiesa
palladiana di San Giorgio con il monastero, descritta con dovizia di
particolari architettonici, e sul bacino antistante con le barche, fra le quali
i consueti bragozzi dalle vele color arancio e le gondole che non mancano mai.
La laguna e l’entroterra
veneto, con i canali baluginanti solcati dai bragozzi dei pescatori al lavoro,
i casoni da caccia e da pesca, vengono successivamente esplorati dai pittori in
diverse stagioni e in condizioni differenti di luce, secondo le ore della
giornata: fondamentale in tal senso l’apporto del grande maestro Guglielmo Ciardi
e Luigi Nono. Il realismo si accompagna ad un gusto più intimistico, dando
luogo ad un tipo di
paesaggio lirico in cui la presenza umana si attenua e la natura, interiorizzata, assurge a rappresentazione di uno stato d’animo universale, come in Pietro Fragiacomo. Visioni atemporali, silenziose e rarefatte, di luce riflessa e crepuscolare, come in Giuseppe Miti Zanetti, si accompagnano a “impressioni” pittoriche dalle luci brillanti e a colorazioni più ardite, quale quelle di Beppe Ciardi, fino a giungere a Pieretto Bianco, in cui la pittura del “vero” connessa al figurativo si inserisce ormai nel filone del sintetismo decorativo ed espressionista, aprendo la strada a nuove armonie e dissonanze che nasceranno con la nuova pittura contemporanea. Prendiamo La casa rossa di Pietro Bianco (Pietro Bortoluzzi).
paesaggio lirico in cui la presenza umana si attenua e la natura, interiorizzata, assurge a rappresentazione di uno stato d’animo universale, come in Pietro Fragiacomo. Visioni atemporali, silenziose e rarefatte, di luce riflessa e crepuscolare, come in Giuseppe Miti Zanetti, si accompagnano a “impressioni” pittoriche dalle luci brillanti e a colorazioni più ardite, quale quelle di Beppe Ciardi, fino a giungere a Pieretto Bianco, in cui la pittura del “vero” connessa al figurativo si inserisce ormai nel filone del sintetismo decorativo ed espressionista, aprendo la strada a nuove armonie e dissonanze che nasceranno con la nuova pittura contemporanea. Prendiamo La casa rossa di Pietro Bianco (Pietro Bortoluzzi).
L’artista dipinge la
coloratissima Burano e i suoi isolani con scioltezza di tocco affine ormai al
sintetismo decorativo espressionista, usando una tavolozza accesa, che
predilige tonalità vivaci come ad esempio complementari blu e arancio. L’acqua
della laguna è ricca di riflessi determinati da ombre colorate. Il lirismo
assoluto della pittura del vero a questa data è ormai per lui un ricordo e il
suo interesse è rivolto tutto ai nuovi fermenti della <<scuola di
Burano>>, con Gino Rossi e Umberto Maggioli. La sua pennellata è moderna,
stesa a larghe campiture piatte. Anche fuori di tempo, la capacità del sentire
romantico, il gusto decorativo di Pietro Bianco sono di una felice
accessibilità, nascono da una convinta adesione al mondo che l’artista
trasforma, verso altri sentieri che portano all’arte moderna, all’arte
espressionista, in un linguaggio genuinamente autentico.
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