Matisse e il suo tempo.
La Collezione del Centre Pompidou
“Ho lavorato per arricchire la mia
intelligenza, per soddisfare le differenti esigenze del mio spirito, sforzando
tutto il mio essere alla comprensione delle diverse interpretazioni dell’arte plastica
date dagli antichi maestri e dai moderni”
Henri
Matisse, Notes d’un peintre in “La Grande Revue”, 25 dicembre 1908
Curata da
Cécile Debray conservatore presso il Musée national d’art moderne-Centre
Pompidou, la mostra Matisse e il suo
tempo aperta fino al 15 maggio 2016 a Torino nella sede di Palazzo
Chiablese – per mezzo di confronti visivi rende possibile
cogliere non
solo le sottili influenze reciproche o le fonti comuni di ispirazione tra le
opere di Matisse e quelle di artisti suoi contemporanei, ma anche una sorta di
“spirito del tempo”, che unisce Matisse e gli altri artisti e che coinvolge
momenti finora poco studiati, come il modernismo degli anni Quaranta e
Cinquanta.
Le diverse
sezioni della mostra consentono di attraversare l’insieme dell’opera e del
percorso di Matisse dai suoi esordi nell’atelier di Gustave Moreau negli anni
1897-99 fino alla sua scomparsa, quando altri artisti si ispireranno, negli
anni Sessanta, alle sue ultime carte dipinte e ritagliate. Quando si parla di
composizione per Matisse non bisogna limitarsi ad osservare la reciproca
disposizione delle figure umane e i rapporti lineari, perché anche le zone
libere, in quanto delimitate dalle altre, divengono forme e perché il loro
significato è esaltato dal colore <<il fauvismo – dice Matisse – fu per
me la prova dei mezzi: collocare l’uno accanto all’altro, riunire in maniera
espressiva e costruttiva un blu, un rosso, un verde>>.
Anche nella Danza (1910) sono questi i tre colori
dominanti; sono essi che permettono di percepire immediatamente la composizione
distinguendone nettamente ogni elemento; sono essi che creano una spazialità,
non certo imitativa del reale, ma ideale, adeguata al sogno splendente
matissiano, quella Gioia di vivere che
è il titolo emblematico di un’altra opera di poco precedente (1906). Nove
sezioni costituiscono la mostra, con un centinaio di opere, di cui 50 di
Matisse, sono articolate secondo un filo cronologico scandito da
approfondimenti tematici: sulle figure eminentemente matissiane delle odalische
o sulla raffigurazione dell’atelier, soggetto ricorrente nell’opera di Matisse
ma che, negli anni bui della Seconda
guerra mondiale, dà luogo a quadri stupefacenti a firma di Braque, Picasso o
Bonard, in un dialogo invisibile con l’artista isolato a Vance.
La figura di
Matisse domina l’arte della prima metà del XX secolo. Artista prolifico e
curioso, durante tutta la sua carriera è stato al centro dei dibattiti sulla
scena artistica: volta a volta capogruppo dei fauves, osservatore critico del cubismo, discepolo e amico dei suoi
predecessori Signac, Renoir, Maillot, Bonard, maestro di un’accademia e
dell’intera generazione degli espressionisti europei e rivale di Picasso.
Nella
sezione “dipingere la pittura. Gli atelier di Matisse” gli anni Quaranta
segnano la stagione del ritorno alla pittura e degli “interni” di Vence.
Matisse pone nuovamente al centro del suo lavoro il motivo della finestra. La
rappresentazione dell’atelier costituisce all’epoca un tema ricorrente per
molti artisti – Picasso, Braque, Dufy o Giacometti – come immagine riflessiva e
autoreferenziale della pittura in cui si combinano affermazioni del “mestiere”,
spazio ove ritirarsi e della concentrazione di fronte alla follia del mondo, e
infine spazio mentale.
La sezione “Il
Modernismo. La svolta degli anni Trenta” presenta una novità di lettura nel
percorso dell’artista.
Alla svolta
della seconda guerra mondiale, i grandi artisti figurativi – Matisse, Léger,
Picasso, Dufy – modificano il loro stile inclinando verso un trattamento
grafico più sciolto e schematico, verso una tavolozza di colori primari che
fanno impercettibilmente eco al linguaggio modernista di Le Corbusier o di
Mondrian.
Così i
dipinti di Matisse realizzati dopo la grande decorazione per Barnes ( La dance) ritrovano una nuova economia
formale che oggi si collega chiaramente all’estetica degli anni Cinquanta.
Nel 1947,
Matisse inventa un nuovo procedimento tecnico, il guazzo ritagliato che gli
permette di ritagliare “al vivo” nel colore. Le nuove problematiche che Matisse
genera avranno conseguenze considerevoli sul lavoro degli artisti delle
generazioni successive, espressionisti astratti come Rothko o Sam Francis, i
protagonisti di Support/Surface come Bioulés, Viallat o Pincemin ma anche
Hantal e molti altri ancora. Grazie alla diffusione della sua opera negli Stati
Uniti per merito del figlio Pierre (che aveva aperto una prestigiosa galleria
d’arte a New York), alle mostre delle sue opere tarde in Francia e al complesso
decorativo e architettonico della cappella di Vence, l’arte di Matisse feconda
l’arte del XX e del XXI secolo.