STORIE
Dell’ IMPRESSIONISMO
I grandi protagonisti da Monet a
Renoir da Van Gogh a Gauguin
Ѐ tutto un grande mistero!
Per voi che pure volete bene al
piccolo principe, come per me, tutto cambia nell’universo se in qualche luogo,
non si sa dove, una pecora che non conosciamo ha, sì o no, mangiato una rosa.
Guardate il cielo e domandatevi: la pecora ha mangiato o non ha mangiato il
fiore? E vedrete che tutto cambia…Ma i grandi non capiranno mai come questo
abbia tanta importanza.
Antoine de
Saint - Exupéry
Si chiama
“Storie dell’Impressionismo” la mostra aperta al Museo di Santa Caterina fino
al 17 aprile 2017, curata da Marco Goldin per festeggiare i vent’anni di Linea
d’ombra, la sua “creatura” attraverso cui ha organizzato tantissime mostre che
hanno raccolto ben 10 milioni di visitatori, partendo proprio da Treviso dove ora è ritornato come protagonista ad operare.
La mostra è
raccontata in 140 opere (soprattutto dipinti, ma talvolta anche fotografie e
incisioni a colori su legno) e sei capitoli, con un forte intento di natura
didattica. Per dire in ogni caso non solo quel mezzo secolo che va
dall’Ottocento fino ai primissimi anni del Novecento, ma anche quanto la
pittura in Francia aveva prodotto, con l’avvento di Ingres a inizio Ottocento,
nell’ambito di un classicismo che sfocerà, certamente con minore tensione
creativa, nelle prove, per lo più accademiche, degli artisti del Salon. Ma
anche, con Delacroix, entro i termini di un così definito romanticismo che interesserà
molti pittori delle nuove generazioni, fino a Van Gogh.
L’esposizione
è suddivisa in sei sezioni, che consentono al visitatore di percorrere un
cammino tra capolavori che hanno segnato una delle maggiori rivoluzioni nella
storia dell’arte di tutti i tempi.
Il percorso
inizia con Lo Sguardo e il silenzio
Percorso del ritratto da Ingres a
Degas a Gouguin
Scrive
Ingres: <<Voglio però che si sappia che ormai da tempo le mie opere
riconoscono solo la disciplina degli antichi, dei grandi maestri del secolo di
gloriosa memoria in cui Raffaello fissò i confini eterni e indiscutibili del
sublime dell’arte.>>
Il
riferimento all’antico, e in modo particolare a Raffaello, è costante
nell’opera di Ingres, ed è per questo motivo che in mostra si vede, quale segno
distintivo, una copia proprio dell’autoritratto di Raffaello conservato agli
Uffizi.
Per tale
circostanza la presenza di Ingres, al principio dell’esposizione, trova il suo centro piuttosto che nelle opere
più sfarzose della maturità, nell’evidenza quasi dialettale dei volti da lui
dipinti nel primo decennio dell’Ottocento, in un età di poco superiore ai
vent’anni.
Sono quadri
come questi, posti quale incipit a
capo di tutto il percorso, che mostrano quell’attitudine a un realismo anche
silenzioso e segreto che sarà importante per pittori come Courbet e poi Manet,
Degas, Renoir, tutti intenti a dipingere la verità e l’assoluto di un volto
colmo d’anima.
Prima che
tutto sia terremotato dall’ingresso sulla scena di Van Gogh e Gauguin, i quali
puntando ogni loro fiche sulla resa
antinaturalistica del reale, segnano uno scarto ulteriore, e ormai proto
novecentesco nella pittura.
Per stare nella natura
Quando al
Salon del 1852, Courbet presenta Le
ragazze del villaggio, si attua una vera e propria rivoluzione, nel
realizzare una scena di vita vera, ambientata nella regione della Franca Contea
natale. Non è un caso che la sezione ponga vicine ai quadri “nuovi” anche
alcune opere che ci fanno comprendere come gli anni sessanta dell’Ottocento
fossero ancora un decennio in cui persisteva una stretta convivenza degli
stili. Per cui alle figure ambientate dei pittori del naturalismo di Barbizon –
da Troyon, a Millet, a Corot – si affiancavano quelle dei pittori del Salon, a
cominciare dal suo divo, Bouguereau, ma anche quelle dei primi impressionisti,
per dire già delle bellissime spiagge normanne di Boudin, tutte sparse, nella
luce del temporale imminente o del tramonto avvenente, di figure soprattutto
femminili sulla riva del mare.
Con la linea ferroviaria che finalmente collega
Parigi a Le Havre e Honfleur, con la costruzione delle case di vacanza per i
parigini ricchi, con l’apertura di alberghi e casinò a ridosso delle spiagge. Ѐ quella che venne appunto definita la
vie moderne, che apre definitivamente
la strada delle opere che seguiranno di Pissaro, Renoir, Monet. Tutti loro impegnati a rendere l’esperienza
intima della vita all’aria aperta, soprattutto nella dimensione del giardino,
come Monet ci mostra in modo meraviglioso nel suo capolavoro del 1873, La casa dell’artista ad Argenteuil.
Nel Novecento a passi veloci (ma in
silenzio)
Nel primo
decennio del XX secolo, mentre era intento al suo poema così variato delle
ninfee, Claude Monet rese tra le altre questa dichiarazione: << Quelli
che dissertano sulla mia pittura, concludono che sono giunto all’ultimo grado
di astrazione e di immaginazione legato al reale. Sarei più lieto se volessero
riconoscervi il dono, l’abbandono totale di me stesso.>> Ѐ lo sprofondamento sempre più
accentuato, e quasi cieco dentro la materia del colore, per colui che era
partito dalla registrazione del dato di natura. Mentre Cézanne, soprattutto
nell’ultimo decennio della sua vita, dà luogo alla costruzione quasi eroica
delle forme, siano esse natura morta, volti e figure o paesaggio.
Alla fine
della mostra il percorso presenta solo alberi. Alberi di Cézanne e alberi di
Monet.
Su un’unica
parete, due quadri. Il primo dipinto in Provenza a Chȃteau Noir e il secondo nel giardino
di Giverny. Negli alberi di Cézanne non c’è più trama, più racconto, nulla di
più se non l’atto del vedere e la sua trasformazione in nucleo della realtà. Il
tornare a quel punto interno e invisibile che costituisce l’architettura stessa
del mondo naturale.
Gli alberi
di Monet attuano certamente una delle visioni più radicali ed estreme da lui
operate nello scorcio finale della vita, prima delle Grandi decorazioni.
Il pittore
non accetta più la visione convenzionale, ma ricerca la prospettiva dell’anima.
Tutto si schiaccia contro i suoi occhi e la materia di quei rami, e di
quell’acqua che sale dallo stagno in riflessi, è poltiglia alata, materia che
occupa tutto lo spazio. Il vuoto è dentro la materia e la materia è pieno e
vuoto insieme, in una stordente
profondità di superficie, come aveva fatto per vie diverse lo stesso Cézanne.
Annullando
l’idea del luogo, e dipingendo invece tutto il tempo dentro lo spazio, Cézanne
e Monet aprono con la loro arte fenomenale al XX secolo.
Maria Paola
Forlani