MAYA
IL LINGUAGGIO DELLA
BELLEZZA
Si è aperta
nelle sale di Palazzo della Gran Guardia a Verona la mostra Maya. Il linguaggio della bellezza, fino
al 5 marzo 2017.
A 18 anni di
distanza dalla mostra del 1998 sui Maya di Venezia, è tornato in Italia il
racconto della storia di un popolo che non cessa di affascinare per le sue
conoscenze matematiche, per i suoi raffinatissimi sistemi calendariali e per le
sue realizzazioni artistiche.
L’esposizione
– risultato della particolare attenzione per le tematiche specificamente
artistiche di questa civiltà – presenta sculture, stele monumentali, elementi
architettonici, figure in terracotta, maschere in giada, strumenti musicali e
incensieri, che danno la possibilità, al visitatore, di esplorare gli aspetti
artistici di una delle civiltà più affascinanti della storia, attraverso il
tema della bellezza.
La mostra di
Verona affronta per la prima volta il tema della cultura di questo antico
popolo attraverso le parole e i testi degli stessi Maya, utilizzando – come mai
è avvenuto in passato – la più grande rivoluzione antropologica dell’ultimo
secolo: la decifrazione della loro scrittura.
Parallelamente,
l’esposizione offre uno sguardo nuovo, innovativo e sorprendentemente attuale
sull’arte maya a partire dall’individuazione dei maestri, delle scuole e degli
stili: finalmente si ha la possibilità di rapportarsi alle opere attraverso una
lettura storico-artistica e non solo archeologica.
Sculture
dalle forme umane e animali, oggetti d’uso comune, maschere, urne funerarie e
altri reperti di pregio raccontano il mondo Maya nelle quattro sezioni
tematiche della mostra: Il corpo come
tela, Il corpo rivestito, La controparte animale e I corpi delle divinità.
Fregi e
architravi che ricostruiscono antichi ambienti, frammenti di testi, mappe e
simboli di potere ripercorrono duemila anni di storia lungo un articolato
percorso espositivo che racconta la cultura Maya attraverso la decorazione dei corpi
(i Maya erano molto attenti alla bellezza e per questo ornavano il corpo con
interventi temporanei o permanenti come pitture corporali, elaborate
pettinature, tatuaggi e decorazioni dentali); gli abiti e gli ornamenti
utilizzati per indicare lo stato sociale; il loro rapporto con gli animali
simbolo delle forze naturali, dei livelli del cosmo e degli eventi dei miti
cosmogonici; le diverse divinità ed entità sacre adorate da questo popolo, i
sacerdoti che le rappresentavano e i paraphernalia
dei rituali per la prima volta si presenta l’arte maya a partire da
rigorose e specifiche analisi storico-artistiche che sviluppano la tematica
delle attribuzioni e arrivano a individuare i grandi artisti della pittura e
della scultura.
A prima
vista l’arte maya sembra essenzialmente naturalista e con una marcata
preferenza per l’uso di figure umane, animali e vegetali. Tuttavia, osservando
più attentamente le raffigurazioni su terracotta, scultura e pittura murale, è
sorprendente l’enorme diversità di immagini nelle quali un personaggio assume
le caratteristiche e le qualità di un altro o di altri, siano essi uno o
diversi essere soprannaturali, uno o più animali o uno o varie piante o alberi.
Tale personificazione o interpretazione di esseri fantastici, è il risultato di
una visione complessa del mondo sviluppata dai Maya nel corso di interi secoli
di scambi di idee, non solo fra i diversi popoli maya, ma anche fra altre
regioni del Mesoamerica, come il centro del Messico, Oaxaca e la Costa del
Golfo, inclusi popoli allora scomparsi, come gli Olmechi, da cui ereditarono
alcune delle idee fondamentali per elaborare tale visione del mondo.
Prima
sezione: Il corpo come tela
Elemento
comune a tutte le società, attuali e del passato, risultano essere gli
interventi sul corpo umano. Soprattutto nel mondo maya, in cui la bellezza
aveva un ruolo preminente, la popolazione era solita realizzare quotidianamente
acconciature per capelli e pitture su viso e corpo, riservandone invece di
specifiche e particolari in occasione delle festività, al fine di modificare
l’aspetto fisico per ragioni estetiche.
Alcune di
queste pratiche, come le cicatrici e i tatuaggi, hanno cambiato per tutta la
vita l’aspetto delle persone che li avevano ed erano infatti considerati
espressioni visibili di identità culturale e di appartenenza sociale. Tra le
modifiche permanenti hanno acquisito particolare importanza la scarificazione
del viso, la decorazione dei denti e la modifica artificiale della forma della
testa, lo strabismo intenzionale e la foratura per poter portare ornamenti
applicati su orecchie, naso e labbra.
Seconda
sezione: Il corpo rivestito
L’abbigliamento
rappresenta un vero e proprio linguaggio, con un suo vocabolario e una
grammatica e benchè sembri manifestarsi nell’effimero e nel superficiale – va
invece a toccare elementi essenziali e basilari. Per i Maya l’abito è
indicativo dello statu sociale dell’individuo. La maggior parte della
popolazione impegnata in lavori agricoli presenta un abbigliamento semplice: le
donne con la tradizionale blusa chiamata “hulpil”
e la gonna o la tunica, mentre gli uomini con il perizoma legato intorno
alla vita e talvolta un lungo mantello.
La classe
nobile indossava costumi elaborati con accessori come cinture, collane,
copricapo e pettorali tempestati di pietre preziose e piumaggi. I tessuti,
ricchi di colori, erano tinti con indaco, cocciniglia o porpora ed erano
lavorate con tecniche molto complesse – come il broccato, ad esempio – e spesso
presentavano integrazioni di piume.
Terza
sezione: La controparte animale
Gli animali
hanno sempre avuto un posto privilegiato nel simbolismo religioso di diverse
culture.
Molti esseri
provenienti dal mondo degli animali erano considerati sacri dai Maya. Gli
animali erano simboli di forze naturali e livelli cosmici, epifanie di energie
divine, demiurghi tra gli dei e l’uomo, protettori di stirpi e alter ego degli
esseri umani.
Quarta
Sezione: I corpi delle divinità
I Maya
adoravano molte divinità ed entità sacre di diversa natura, che potevano
incarnare i poteri più grandi o essere custodi di piccole piante, di piccoli
corsi d’acqua o delle montagne. Le loro rappresentazioni includono
caratteristiche umane e animali, elementi naturali o immaginari. A questi dei
ed esseri sacri è stata attribuita l’origine di quei terrificanti fenomeni
naturali di cui avevano paura e dell’espressione materiale e spirituale di
tutto ciò che esiste.
I tre grandi
periodi – preclassico, classico e postclassico – che dal 200 a.C. al 1542 d.C.
hanno visto fiorire questo popolo, sono spiegati attraverso straordinari
capolavori dell’arte maya come il Portastendardi,
pregiata scultura risalente all’XI secolo realizzata da un maestro di Chichen Itza ; la Testa raffigurante Pakal il Grande che visse dal 603 al 683 dopo
Cristo e fu il più importante re di Palenque;
la Maschera a mosaico di giada raffigurante un
re divinizzato tipico esempio di maschera funeraria, fondamentale per il
defunto per raggiungere il mondo sotterraneo; e infine come l’Adolescente di Cumpich, importante
scultura risalente al periodo tardo classico ritrovata nel sito archeologico di
Cumpich.
Maria Paola
Forlani
Nessun commento:
Posta un commento