Scoperte e massacri
Ardengo Soffici e le avanguardie a
Firenze
La donazione
di un autoritratto di Ardengo Soffici, da parte degli eredi del grande artista
ed intellettuale toscano, agli Uffizi (Ardengo Soffici, Autoritratto, 1949, Firenze Galleria degli Uffizi), ha stimolato
l’idea di una mostra su questa figura di pittore, scrittore, polemista e
critico d’arte, puntando l’attenzione in particolare sugli anni che lo videro
assumere un ruolo di assoluto protagonista nell’aggiornamento della cultura
figurativa italiana. È infatti da tempo riconosciuto che gli scritti di Soffici
pubblicati tra il primo e il secondo decennio del Novecento e le iniziative
culturali da lui sostenute e organizzate (come la Prima Mostra italiana dell’Impressionismo allestita a Firenze nel
1910) costituirono un momento decisivo per lo svecchiamento e il rinnovamento
dell’arte Italiana.
Ardengo
Soffici è senza dubbio uno degli uomini ai quali l’Italia più deve per la
formazione di una sua coscienza artistica moderna.
Pittore e
scrittore, al fondamento della sua personalità, dice Emilio Cecchi, è un che di
foscoliano: del Foscolo di Didimo
Chierico romantico, scudiero dei classici, cinico e idealista.
Nato a
Rignano sull’Arno nel 1879, educato all’arte nell’ambito dell’accademia fiorentina
ove, malgrado tutto, aveva un certo predominio la personalità del vecchio
Fattori, compiuti da poco i vent’anni come i più spericolati giovanotti di
allora, se ne andò a Parigi. E fu quella Mecca di nuove idee che, dopo essere
rimasto ammirato per le composte figurazioni di un Puvis de Chavannes guardò
l’opera di Ingres, di Delacroix, di Corot, degli impressionisti e quindi
post-impressionisti, soprattutto di Cézanne, che gli rimase più di ogni altro
negli occhi.
Intanto a
Parigi incontrava Derain, Braque, Picasso, tutti giovanissimi allora, e con
loro esponeva al << Salon d’Automne>> ed agli Indipendenti.
Poi nel 1907
tornava in Italia, ma non per questo rompeva i ponti con l’ambiente parigino
dei primi fouve e dei primi cubisti,
anzi quando poteva si recava a visitarli, onde mantenersi al corrente dei loro
ulteriori sviluppi, mentre dal 1909 ne La
Voce
e quindi ne Lacerba, da lui fondata con Giovanni
Papini, dava inizio a quella meritoria azione di propaganda di nuove idee e
ricerche. E sono del 1909 e del 1910 i suoi saggi su Medardo Rosso, di cui fu
tra i primi ad indicare la grandezza, e sugli impressionisti.
La mostra
degli Uffizi su Soffici ha trovato una guida nel suo libro memorabile
Scoperte e massacri. Scritti
sull’arte, edito a
Firenze da Attilio Valsecchi nel marzo del 1919, che raccoglie una scelta di
testi storico artistici pubblicati, per lo più su
“La Voce”, a
partire dal 1908. Alla data cruciale del 1919, appena conclusa la Grande
Guerra, Scoperte e massacri si
presenta come un vero e proprio spartiacque tra due epoche: quella delle
avanguardie europee e quella del “ritorno all’ordine”.
La mostra
fiorentina si apre con una rievocazione di un evento decisivo non solo per il
giovane Soffici, ma per l’intera cultura fiorentina, la Festa dell’Arte e dei Fiori (18 dicembre 1896 – 31 marzo 1897).
A
17 anni Soffici ha modo di visitare varie volte questo grande consuntivo di
cinqant’anni d’arte italiana e europea: una mostra nata sotto l’ala protettiva
del mito di Botticelli, come
dichiarato esplicitamente dal manifesto di Attilio Formilli, con una Flora ispirata alla Primavera degli Uffizi visibile in apertura della mostra. Soffici
adolescente risulta colpito, nel bene e nel male, da varie opere, “ma la vera
rivelazione in quella mostra fu per me Segantini” testimoniato, in mostra, da L’angelo della vita (1894 – 95),
prestigioso prestito dal Szépmȕvészeti Mùzeum di Budapest.
Come già
detto nel 1900 Soffici, ventenne è a Parigi in compagnia di Giovanni Costetti e
Umberto Brunelleschi per visitare l’Esposizione Universale: la capitale
francese viene sentita come l’unico luogo dove un giovane artista, liberandosi
della soffocante provincia, può trovare un contatto con la modernità più
bruciante e avventurosa. I primi anni parigini, vissuti nell’ambiente delle
riviste mondane e umoristiche, si collocano ancora entro una sfera simbolista:
i suoi modelli di stile rimangono Puvis de Chavennes (Puvis de Chavannes, Le fanciulle e la Morte, 1872)
e Maurice Denis (Maurice Denis, I pellegrini di Emmaus, 1894-95), come
testimoniato dall’opera il Bagno (1905
– 1906, collezione privata), l’unico pannello decorativo sopravvissuto da
quelli realizzati da Soffici tra il 1905 e il 1906 per il Grand Hotel delle
Terme di Roncegno.
Frutto
precoce del lungo periodo trascorso da Soffici a Parigi è il celebre saggio su
Cézanne pubblicato su “Vita d’Arte” nel giugno del 1908, il primo studio
organico apparso in Italia sull’artista: Cézanne non è più, come nel 1904, un
protagonista del gruppo impressionista, ma ora, all’interno di una rilettura
primitivista che ne accentua l’assoluta modernità, è diventato il superatore
dell’impressionismo e il precursore di Picasso come attesta il dipinto, Paesaggio (Campagnes de Bellevue) del
1885-87) (Washington DC, The Phillips Collection).
L’occasione
di massacrare senza pietà tutta la “bella pittura” che trionfava nei salotti
borghesi e nelle grandi esposizioni internazionali, offerta dalle recensioni
delle Biennali veneziane del 1909 e del 1910, si collega alla possibilità di
poter assistere alle celebri retrospettive di Courbet e Renoir, ricordate anche
dal giovane Roberto Longhi come una vera e propria “liberazione” (Gustave
Courbet, Il ponte dell’asino).
La
fondamentale “Prima esposizione italiana dell’impressionismo francese e delle
sculture di Medardo Rosso”, aperta a Firenze nei locali del Lyceum Club in via Ricasoli dal 20
aprile al 15 maggio 1910, fu organizzata da Soffici ricorrendo ai principali
mercanti parigini e ad alcuni illuminati collezionisti fiorentini: tra le opere
esposte (con dipinti di Cézanne, Degas, Renoir, Monet, Pissaro, Gauguin, Van
Gogh) spiccava l’antologica di Medardo Rosso; dello scultore è esposto in
mostra per l’occasione l’Ecce puer, (1906,
Venezia, Galleria internazionale d’Arte moderna di Ca’Pesaro.
La passione
per la pittura di Henri Rousseau, fomentata dalla riscoperta che gli ambienti
dell’avanguardia parigina avevano attuato di quel linguaggio apparentemente
così incolto ed infantile e divulgata da un coraggioso saggio su “La Voce” nel
settembre del 1910.
Nel maggio del
1911 Soffici, di ritorno da Parigi, visita la mostra futurista di Milano, di
cui nel mese successivo redige una feroce e sarcastica stroncatura:
cominciarono così i rapporti, controversi, con il gruppo di artisti che si
erano raccolti attorno a Marinetti. Nel 1913, con la nascita di “Lacerba”,
Soffici e Papini decidono di unirsi “all’unica forza di avanguardia in Italia”.
Esemplari furono le decorazioni murali ideate da Soffici per la casa di Papini a Bulciano (Ardengo Soffici, Pannelli decorativi per la “Stanza dei manichini” di Bulciano, 1914, Firenze, collezione privata).
Proprio la
ricostruzione, mai fino ad oggi tentata, della cosiddetta “stanza dei
manichini” di Bulciano costituisce uno dei punti focali più emozionanti e
spettacolari di questa mostra fiorentina.
Maria Paola
Forlani
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