Giovanni Bellini
La Trasfigurazione
La Galleria
d’Italia – Palazzo Montanari di Intesa Sanpaolo di Vicenza presenta al pubblico
fino all’11 dicembre La Trasfigurazione,
capolavoro di Giovanni Bellini
Proveniente
dal Museo di Capodimonte di Napoli. Curata con il museo partenopeo,
l’esposizione dà avvio a Vicenza alla rassegna L’Ospite illustre, che propone nelle sedi museali di Intesa
Sanpaolo un’opera di assoluto rilievo proveniente da collezioni italiane e
straniere, legate alla storia della città nella quale è temporaneamente
ospitata.
Ѐ la prima volta che La
Trasfigurazione torna a essere ammirata a Vicenza, dopo lunghi secoli di
assenza. La preziosa tavola ha infatti un forte legame con il territorio,
essendo stata identificata come la pala eseguita da Bellini attorno al 1479 per
la cappella Fioccardo nel Duomo di Vicenza. La sua presenza oggi a Palazzo
Leoni Montanari costituisce quindi un temporaneo ritorno nella città cui era
originariamente destinata.
Giovanni
Bellini, Trasfigurazione, 1480 –
1485; olio su tavola; m 1,15 x 1,51. Napoli, Galleria di Capodimonte
Secondo il Vangelo di Matteo (XVII, 1), Gesù
condusse Pietro, Giacomo e Giovanni su un alto monte (il Tabor) e qui si
<<trasfigurò>>. Comparvero Mosè ed Elia e parlarono con lui. Allora
una nube luminosa li ricoprì, si udì la voce di Dio provenire dalla nube e i
discepoli <<caddero faccia a terra ed ebbero molta paura>>.
La Trasfigurazione è opera capitale di
Giovanni Bellini. L’artista veneziano rinuncia a rappresentare, secondo la
narrazione evangelica e secondo l’iconografia tradizionale, i tre protagonisti
(Cristo, Mosè, Elia) in alto e i tre apostoli (Pietro, Giacomo, Giovanni) in
basso sul colle Tabor, limitandosi a indicare la differenza gerarchica fra i
due gruppi con le diverse posizioni: sono, tutti uomini che vivono in un'unica
natura amica. Per questo rinuncia anche alla prevalenza quantitativa delle
figure paesaggio, stabilendo così un nuovo rapporto fra l’uomo e la natura.
Nella
pittura fiorentina, che intorno al ’60 inizia il processo di inserimento
dell’uomo nel suo ambiente naturale, il primo resta sempre dominatore. Con
Bellini si viene invece creando una relazione egualitaria, per la quale l’uomo
e la natura convivono
senza
predominanza dell’uno sull’altra o viceversa, una religione nella quale tutto
il creato è ugualmente importante. Lo spazio, in quest’opera non è realizzato
con l’impianto prospettico-geometrico fiorentino. Anzi per evitare la centralità
del punto di vista, la recinzione rustica in primo piano è obliqua rispetto
alla disposizione trasversale delle figure. Il senso della distanza è creato
dal passaggio graduale dei toni di colore, dal marrone dei primi piani all’azzurro
del cielo, perché i colori caldi avvicinano, quelli freddi allontanano. Questa
scoperta di Bellini non è conseguenza di ricerca scientifica; tuttavia, forse
intuitivamente, egli crea la prospettiva cromatica che diventerà una
caratteristica della pittura tonale veneta. Tutto è costruito con il colore.
Cristo, dai riflessi luminosi della candida veste che lo avvolge, riceve
leggerezza, quasi una levitazione, che esprime il suo
<<trasfigurarsi>>.
Giovanni
Bellini ha trasformato l’alto monte in una bella campagna in cui ha inserito,
al centro sullo sfondo, due monumenti ravennati: il Mausoleo di Teodorico, e il campanile di Sant’Apollinare in Classe. L’opera è firmata.
Ad
accogliere l’Ospite illustre sono
altri due capolavori esposti con La
Trasfigurazione, prestigiosi lasciti di Giovanni Bellini alla città, per
decenni fonte di suggerimenti per gli artisti locali e per secoli occasioni di
ammirazione collettiva.
Il
celeberrimo Battesimo di Cristo, la
grande pala (misura 4 metri in altezza per 263 cm. di base) datata tra il 1500
e il 1502 e conservata in Santa Croce, e il Cristo
crocifisso in un cimitero ebraico, tavola in stupefacente stato di
conservazione collocata in Palazzo Chiericati. Giovanni Bellini visitò Vicenza
diverse volte, ammirandola profondamente e ricordandola più e più volte nelle
sue combinazioni architettoniche di città ideali e nell’abituale calma silente
e sospesa della sua pittura.
Il Battesimo di Cristo
Olio su
tela, firmato “IOANNES BELLINVS” sul
cartellino fissato a una roccia.
In una delle
sue ultime pale d’altare Bellini realizza un’ormai perfetta fusione tra figure
e paesaggio. La scena del Battesimo viene immersa in uno scenario montano, che
forma una sorta di anfiteatro naturale. La figura di Cristo, seminuda, è al
centro della composizione; la sua frontalità e l’espressione di calma quasi
soprannaturale sono riprese dall’immagine bizantina del Pantocrator, che Bellini aveva utilizzato per la Trasfigurazione conservata a Napoli.
Alla sua destra, in posizione sopraelevata, ma in ombra, il Battista allunga,
il braccio con la ciotola d’acqua, che diventa così punto focale dell’intera
composizione. Il suo gesto, peraltro, è soltanto un tramite, in quanto il vero
Battesimo è la discesa dello Spirito Santo: la tela è infatti percorsa
verticalmente da un asse divino, su cui sono allineati Cristo, la ciotola, la
colomba e la figura del Padre, circondata da coppie di cherubini, il cui colore
riprende quello delle vesti di Dio. Il collegamento visivo tra la zona celeste
e quella terrena è fornito dalle cime azzurre che si profilano all’orizzonte e
della linea delle nuvole gialle, rese luminose dalla luce calda di un tramonto.
Ancora una volta, cielo e paesaggio non sono elementi di contorno, bensì
portatori di sentimenti e significati, tanto quanto le figure. All’evento sacro
assistono tre angeli, le cui vesti costituiscono un momento di accensione
cromatica rispetto alla generale tonalità bruna della tavolozza. Alla macchia
rossa di uno dei mantelli fa da controaltare il pappagallo in primo piano.
Bellini lo raffigura con cura lenticolare, applicata del resto a ogni dettaglio
della scena, dai sassi visibili sul fondo del fiume alle gocce d’acqua che
cadono dalla ciotola, dai merli della rocca sulla collina alle foglie e ai
ciuffi d’erba. Straordinaria è anche la resa delle ombre lunghe e della luce,
che proviene da destra, toccando il cartellino della firma, il perizoma e il
corpo di Cristo, il braccio del Battista, l’interno della ciotola.
In Palazzo
Chiericati, in concomitanza con la riapertura dopo il completamento dell’Ala
Novecentesca, il curatore scientifico Giovanni Federico Carlo Villa ha voluto
dedicare una mostra dossier, raffinatissima, al Cristo crocifisso in un cimitero ebraico, opera patrimonio di
Palazzo Thiene. La tavola è preziosa per l’originalità del soggetto
rappresentato. Infatti non si è difronte a una ‘tipica’ Crocifissione.
Qui Bellini
colloca il solo Cristo crocifisso in un ambiente del tutto atipico,
caratterizzato da tre lapidi tombali che forma ed iscrizioni dichiarano
ebraiche, in un
paesaggio
extraurbano prossimo a una città che appare a un tempo reale e ideale.
La
riflessione su queste tre opere è un’occasione unica, in concomitanza con la
ricorrenza del cinquecentenario della morte del grande artista, per un
approfondimento su un momento fondamentale su le sorti della pittura veneta e
conseguentemente di quella italiana, prima, ed europea, poi.
Maria Paola
Forlani
Nessun commento:
Posta un commento