Rinasce Palazzo Fulcis.
Il nuovo Museo di Belluno
Magnifica dimora dell’Arte
Tiziano
Ospite d’eccezione con
La “ Madonna Barbarigo
dell’Ermitage”
Tremila
metri quadrati di spazio espositivo su cinque piani e articolato in 24 stanze;
stucchi e affreschi settecenteschi recuperati, un allestimento rispettoso ed
emozionante a Belluno torna a splendere Palazzo Fulcis destinato a nuova sede
della collezione d’arte del Museo Civico, dopo attento restauro finanziato da
Fondazione Cariverona e costato circa 8 milioni di euro e un accurato progetto
museografico.
Bartolomeo
Montagna, Domenico Tintoretto, Matteo Cesa, Andrea Brustolon, Marco e
Sebastiano Ricci, Ippolito Caffi, ma anche preziose collezioni di porcellane, i
rari bronzetti e le placchette rinascimentali, la raccolta di disegni e le
incisioni di altissimo pregio hanno ora una prestigiosa dimora.
Oltre 600
opere della collezione dei Musei Civici di Belluno – una delle più antiche di
tutta la regione – dal Medioevo al Novecento, sono ospitate nelle rinnovate e
funzionali sale di Palazzo Fulcis, uno degli edifici più importanti del
Settecento veneto. Belluno si arricchisce così di un nuovo spazio museale, già
di per sé un’opera d’arte, destinato a diventare il gioiello culturale delle
Dolomiti.
Per
celebrare l’apertura di Palazzo Fulcis non poteva tuttavia mancare il grande
Tiziano, nativo del Cadore, ed ecco allora l’omaggio alla città di un
prestigioso museo internazionale. Direttamente dal Museo Statale Ermitage di
San Pietroburgo – per la prima volta in Italia, dopo oltre centocinquanta anni
– è giunto a Belluno fino al 1 maggio 2017 la celebre “Madonna Barbarigo”, opera realizzata dal maestro intorno gli anni
Cinquanta del XVI secolo. Dopo un lungo ed eccezionale restauro, che ne ha
rivelato la sorprendente qualità originale, il magnifico dipinto, amato da
Tiziano tanto da conservarlo in casa propria fino alla morte, è ora affiancato
in mostra, da due opere dello stesso soggetto provenienti dal Museo di Belle
Arti di Budapest e dalla Galleria degli Uffizi di Firenze.
L’apertura
del Museo Civico di Belluno nel restaurato Palazzo Fulcis, segna un
momento
particolarmente importante per la città dolomitica, che sta ripensando la
cultura e l’identità del territorio e la sua offerta alla luce di una serie di
interventi strutturali in atto nel cuore di Belluno, non solo il Fulcis ma
anche il restauro in corso di Palazzo Bembo, la futura apertura del Museo
archeologico, i lavori di ristrutturazione dell’Auditorium Comunale nell’antico
Palazzo dei Vescovi-Conti, a creare un triangolo della cultura assolutamente
unico.
Il vero
obiettivo del progetto museografico di Palazzo Fulcis è stato quello di
inserire in modo adeguato le diversificate collezioni civiche in uno spazio
architettonico fortemente connotato. I nuovi ampi spazi museali hanno infatti
reso possibile innanzitutto l’esposizione di nuclei collezionistici e di opere
prima sacrificate o non esposte, a causa degli spazi limitati del Palazzo dei
Giuristi, seguendo uno sviluppo, a partire dal primo piano, il più possibile
cronologico o per fondi collezionistici, questi ultimi collocati soprattutto
nell’ala nord-orientale dell’edificio.
Qui, il
visitatore trova la collezione Zambelli con una delle raccolte di porcellane
del Settecento più importante del Veneto, la collezione di gioielli Prosdocimi
Buzzoli, le matrici xilografiche della tipografia Tissi e, a rotazione, il
materiale delle ricche raccolte grafiche del museo, che ora dispone di uno
spazio consono per valorizzare sia i notevoli disegni – dall’eccezionale album di
Andrea Brustolon ai lavori di Diziani, fino ai fogli di Demin e Paoletti – sia
le importanti stampe della collezione, tra le quali ad esempio, il fondo
Alpago-Novello (oltre 1400 fogli).
Il percorso
del Museo è modulato in base alla natura e alla consistenza, nei diversi
periodi, della collezione civica, che sostanzialmente si è formata attraverso
donazioni, a partire dalla raccolta di dipinti del medico bellunese Antonio
Giampiccoli nel 1872.
Così gli
inizi dell’arte bellunese, nel Quattro e Cinquecento, sono testimoniati
dall’opera di Simone da Cusighe (compresi due pannelli di un polittico
smembrato recentemente acquisiti sul mercato antiquario) e di Matteo Cesa, con
l’importante episodio degli affreschi della Caminata, dalle
bellissime tavole della fine del Quattrocento (due eccezionali Madonne con il
Bambino) di Bartolomeo Montagna
uno degli
artisti più importanti per la diffusione nella terraferma veneta del linguaggio
rinascimentale di Giovanni Bellini e Antonello da Messina, dai lavori di
Pomponio Amalteo, Domenico
Tintoretto, Bernardino Licinio, Francesco Frigimetica o Palma il Giovane, fino alla raccolta di bronzetti e di plachette di
Florio Miari che conserva alcuni degli esemplari più importanti della
bronzistica italiana.
Tuttavia è
l’arte del Seicento e soprattutto del Sette e Ottocento il cuore delle
collezioni della città cantata da Buzzati. Nelle stanze al secondo piano
dell’edificio
è possibile
seguire il racconto di queste stagioni, nel quale non solo sono state messe in
evidenza le personalità più importanti ma anche dove sono stati enucleati
alcuni temi conduttori nodali per la storia dell’arte a Belluno: il genere del
paesaggio, dove Marco Ricci, Antonio Diziani e Giuseppe Zais prima e Ippolito
Caffi e Alessandro Seffer poi hanno creato opere di importanza nazionale, il
tema dell’intaglio del ligneo e della terracotta preparatoria per tale
produzione, che in
Andrea Brustolon – ricordato da Honoré di Balzac nel Il cugino Pons (1847) come il “Michelangelo del legno” – e in
Valentino Panciera Besarel vide due esponenti di primo livello; la scultura
dell’Ottocento e le tematiche risorgimentali e del ritratto.
Sempre al
secondo piano, in una dei corridoi coperti e affacciati sul cortile, per godere
al meglio della luce naturale e nel contempo obbligare a quella visione
ravvicinata per la quale erano stati pensati, è pure esposta la raccolta di
tavolette votive della chiesa di Sant’Andrea, che consente un vero viaggio nel
tempo, dal Cinquecento all’Ottocento, nella devozione e nei costumi del popolo
Bellunese.
Maria Paola
Forlani
Nessun commento:
Posta un commento