Canova, Hayez, Cicognara
L’ultima gloria di Venezia
“tutto ciò che concerne Venezia è o
fu degno d’osservazione;
il vederlo fa l’effetto di un sogno,
i suoi annali sono un romanzo”
Lord Byron
Fino al 2
aprile 2018 le Gallerie dell’Accademia di Venezia presentano la mostra
Canova, Hayez, Cicognara. L’ultima
gloria veneziana (
catalogo Marsilio) a cura di
Fernardo Mazzocca, Paola Marini e Roberto De Feo: nell’anno delle celebrazioni
del bicentenario dell’apertura di un museo di qualità internazionale, che
divenne il primo risarcimento rispetto alle perdite di tanti capolavori in
grande parte sottratti alle chiese e alle Scuole soppresse, l’esposizione
costituisce l’occasione per onorare un momento speciale della storia artistica
della Serenissima, rievocando quella stagione di rilancio culturale che si
afferma nel 1815 con il ritorno da Parigi dei quattro cavalli di San Marco,
opera simbolo della città.
Il regista
indiscusso di questa favorevole congiuntura fu il conte Leopoldo Cicognara
(Ferrara, 26 novembre 1767 – Venezia, 5 marzo 1834), intellettuale e presidente
dell’Accademia di Belle Arti, che insieme all’amico Antonio Canova, nume
tutelare di questo progetto, e a Francesco Hayez, lavorò per dare vita ad un
museo di rilievo internazionale, capace di valorizzare lo straordinario
patrimonio artistico della Serenissima, promuovendo allo stesso tempo l’arte
contemporanea.
Gli anni
presi in considerazione da questa mostra sono stati un periodo di grandi
speranze, un momento contraddittorio e singolare nella millenaria storia di
Venezia.
L’inizio e
la fine sono rappresentati da due eventi epocali, destinati a rimanere a lungo
impressi nella memoria collettiva: il ritorno sul pronao della basilica di San
Marco, il 13 dicembre 1815, dei quattro cavalli bronzei, che nel 1797 erano
stati trasferiti a Parigi e issati sull’Arco di Trionfo del Carrousel, e la
morte nel 1822, proprio a Venezia, di Antonio Canova, in singolare coincidenza
con la decisione da parte di Francesco Hayez di abbandonare la sua patria per
trasferirsi definitivamente a Milano.
Ed è
importante introdurre in primis la
figura chiave del conte ferrarese Leopoldo Cicognara, con il suo spirito
intraprendente e europeo, che degli eventi rievocati in questa mostra è stato
il grande interprete con l’amico Canova,
figure considerate allora le sole glorie europee dell’Italia
contemporanea.
La reputazione e la dimensione internazionale di Cicognara,
alimentata dai suoi
numerosi
viaggi di
aggiornamento, furono soprattutto legate alla
Storia della scultura ancora insuperata come visione
d’insieme della storia di quell’arte nel nostro paese dalla tarda antichità
sino a Canova, cui veniva dedicato l’ultimo volume della monumentale opera
.
Quello che più colpisce in Cicognara, e ne determina in qualche modo
l’indiscutibile grandezza, è la capacità che ha sempre dimostrato di unire
all’incessante attività di storico ed erudito uno straordinario impegno
militante, per cui ha saputo reggere, in un momento davvero difficile, la
gestione dell’immenso patrimonio artistico veneziano e nello stesso tempo
seguire da vicino lo sviluppo dell’arte contemporanea. La sua attività di
tutela e la formazione di un grande museo, individuato anche come strumento per
incoraggiare leve di giovani artisti da inserire sia nelle commissioni
pubbliche sia nel mercato, cercando così di creare una nuova figura
professionale, erano iniziate da quando nel 1808 aveva preso in mano le redini
dell’Accademia di Venezia.
La mostra
con oltre 130 opere di rilievo, allestita negli spazi al pianterreno del museo
mette in luce le figure dei protagonisti della vicenda che si propone di
narrare – Leopoldo Cicognara, Antonio Canova, Francesco Hayez – e introduce
alcuni dei temi più significativi che l’hanno caratterizzata: dal ritorno a
Venezia delle opere d’arte asportate dai francesi, all’acquisizione della
collezione di disegni del segretario dell’Accademia di Belle Arti di Milano
Giuseppe Bossi; dalla ricostruzione dell’Omaggio delle Province Venete
all’Austria, alla produzione degli artisti contemporanei, agli anni veneziani
di George Byron, cruciali per lo sviluppo del Romanticismo.
Nel
percorso, organizzato in dieci sezioni, spicca la riunione e il ritorno a
Venezia dopo duecento anni, della serie di manufatti inviati nel 1818 alla
corte di Vienna per il quarto matrimonio dell’imperatore Francesco I e noti
come l’ “Omaggio delle Province Venete”. Sono esposti la Musa Polimnia di Canova, dipinti, gruppi scultorei, due are e
altrettanti grandi vasi di marmo, un tavolo realizzato in bronzo e legno con il
piano ricoperto da pregiati vetri di Murano e preziose rilegature, opera dei
migliori artigiani veneti del tempo, rappresentanti della più alta e unitaria
produzione artistica del Neoclassicismo.
Ma l’esempio
più significativo di un riuscito connubio tra le arti “liberali” e quelle “meccaniche” fu l’inserimento, da parte di
Cicognara dell’Assunta di Tiziano
nella sala dell’Accademia. Possiamo solo immaginare la magia di
quell’allestimento, quando i venti colorati provenienti da quello che Canova e
Cicognara consideravano il più bel quadro del mondo si riverberavano sul
candore di quella statua eretta
<<sul bilico ove gira al soffio dell’aria che
spira nell’aprire una finestra, e all’appressarsi del dito mignolo d’una
donzella>>. Così si esprimeva Cicognora in una straordinaria
emozionante lettera a Canova l’8 agosto 1817, aggiungendo:
Essa signoreggia così quella gran
sala ove è posta nel centro che produce un effetto meraviglioso, e quello che
più di tutto è osservabile si è l’ascendente della realtà sugli oggetti
dell’illusione. Quella sala coperta dei capi d’opera dell’arte meravigliosi fra
i quali il più bel Tiziano che siasi visto da occhi umani la quale sbalordiva
entrando chiunque aveva occhi, ora tutto cede al rilievo, alla verità, e la
povera pittura si contenta di far mestiere di fondo all’opera di
scalpello>>.
La
<<povera pittura>> sarà destinata a far ancora <<di
fondo>> in un’altra occasione, quando il 16 ottobre 1822 davanti all’Assunta saranno collocate le spoglie
mortali di Canova per la solenne memoria celebrata da Cicognara, come è
ricordato nel celebre dipinto di Borsato esposto all’Accademia nel 1822.
Maria Paola
Forlani
Nessun commento:
Posta un commento