Picasso
Sulla spiaggia
Fino al 7
gennaio 2018 la Collezione Peggy Guggenheim presenta, negli spazi espositivi
della Project Rooms, la mostra-dossier Picasso.
Sulla spiaggia, a cura di Luca Massimo Barbero. Inaugurate lo scorso
febbraio, le “Project Rooms” sono due nuove sale destinate ad accogliere
progetti espositivi raccolti e mirati, finalizzati ad approfondire il lavoro di
un artista, o specifiche tematiche legate alla produzione artistica di un
determinato interprete del XX secolo, legato alla collezione di Peggy
Guggenheim.
Attraverso
una selezione unica e raffinatissima di opere, tre dipinti, dieci disegni
realizzati da Pablo Picasso tra febbraio e dicembre del 1937 e una scultura,
esposte insieme per la prima volta, Barbero cerca di gettare nuova luce sul
lavoro dell’artista spagnolo, evidenziando i suoi collegamenti con quel
Mediterraneo che ha avuto un ruolo così importante nella sua carriera
artistica: dalle radici in Spagna, alla vita in Francia, alle relazioni con
artisti e forme d’arte che avevano nel Mediterraneo un punto di riferimento.
Nata dalla collaborazione con il Musée National Picasso-Paris, la mostra,
raccolta e mirata, si snoda attorno a una delle tele più amate da Peggy
Guggenheim, il dipinto picassiano Sulla
spiaggia (La Baignade), appartenente
oggi al museo veneziano. L’esposizione rientra nell’intenso programma di
seminari, pubblicazioni, studi ed esposizioni legato al progetto triennale “Picasso-Mediterranèe”, promosso dal
Musée National Picasso-Paris. Più di sessanta istituzioni hanno immaginato una
serie di mostre sull’opera “ostinatamente
mediterranea” di Pablo Picasso al fine di celebrare la sua arte e questo
suo legame con la cultura del Mediterraneo.
Con le sue numerosissime
rappresentazioni di spiagge e bagnanti, Picasso non ha certamente scoperto un
nuovo soggetto ma ha identificato e rivelato l’unico vero “scenario esterno”
dell’intera sua opera. Come la maggior parte dei suoi temi, il concetto di
spiaggia viene affrontato in maniera sia tradizionale che più propriamente
moderna. Giorgione, Tiziano, Ingres, Puvis de Chavannes, Manet, Cézanne,
Matisse, Renoir sono tutti artisti ai quali Picasso mostra di aver guardato
come fonte di ispirazione per le sue figurazioni e strutture compositive; il
tema del nudo in movimento è tema ricorrente e di primaria importanza per tutti
quegli artisti interessati alla pittura figurativa. Il passo avanti fatto
dall’artista non è dato, tuttavia dal soggetto quanto invece dal modo in cui il
genio spagnolo, collegando l’esperienza individuale alle forme della
tradizione, creò non solo qualcosa di nuovo ma assolutamente rivoluzionario.
Nella pace
del rifugio campestre di Le Tremblay, Picasso dipinge una serie di nature morte
illuminate da stelle improvvisamente apparse, di metafisiche marine, o meglio
di composizioni di grandi figure nude sulla spiaggia, in riva al mare, intente
alla lettura di un libro, piegate nel gioco di una barchetta, mentre
all’orizzonte alto si leva, come a spiarle, la testa smisurata di una compagna,
quasi una nuvola che copra il sole o il sole stesso.
Sono figure
dipinte o piuttosto sculture dipinte? Perché le figure sono assolutamente
plastiche, definite e racchiuse in volumi precisi, geometrici, monocromi che si
staccano con il tono ocra sulla fascia azzurra del mare. Guardando queste
figure non si può non pensare allo scultore inglese Henry Moore, alle sue
figure sdraiate, ai volumi puri attraversati dai fori che confermano l’unità
dello spazio.
In realtà
quando Picasso scolpisce preferisce figure metalliche piatte, oppure invenzioni
che rivisitino e trasformino oggetti conosciuti e banali nella suggestione del
suo suggerimento ironico.
Nel quadro
“va in scena” un ampio contrasto tra umano e non umano – e ancora una volta
Picasso sceglie di rappresentare tre figure, come spesso accade nelle scene di
bagnanti degli anni venti – tra quiete delicata dell’idillio e la tensione
evidente, carica di possibile erotismo, delle forme, dello sguardo
voyeuristico, della non celata e appunto “animale” nudità.
Sei giorni
dopo l’esecuzione di Sulla spiaggia, il
18 febbraio 1937 Picasso dipinge Grande
bagnante con libro, di dimensioni leggermente più ridotte dell’opera
precedente, eppure compressa, articolata, misteriosa forse ancor più delle
bagnanti a cui tradizionalmente si accosta. La spiaggia è ora il teatro del
silenzio, dell’isolamento, della lettura. Il procedimento è radicalmente
pittorico, la resa dei volumi sottilmente allusiva, tutta giocata sugli affondi
delle zone in ombra e gli affioramenti del bianco che trasmigra in un
“tonalismo monocromo” che permea tutta la composizione.
Di lì a poco
tempo Picasso affronta il tema delle bagnanti in chiave “mostruosa”, tanto da
trasformare in Erinni deformi dalle fauci mute e sdentate le sue Due nudi sulla spiaggia 1 maggio 1937, è
certo che questa “ultima bagnante” racchiude il silenzio e la perfezione che
Picasso era andato cercando con i quadri precedenti. Non vi è più racconto di
quotidianità giocosa o il gesto grossolano del mondare il piede, il circuito
dello sguardo è chiuso nella curva mancata della testa che sprofonda verso la
lettura. Il sapiente gioco del pastello e del carboncino suggerisce un’infinità
di slittamenti, di piani che si intersecano e avvolgono, un ipotetico ventre,
cosce pietrificate e improbabili gambe incrociate. La metamorfosi è compiuta.
Regna questo spazio cristallino un essere eterno e sontuoso.
Maria Paola
Forlani
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