I Nipoti del Re di Spagna
Anton Raphael Mengs a
Palazzo Pitti
Inserita nel
percorso museale della Galleria Palatina e allestita nella Sala delle Nicchie
che con la sua decorazione neoclassica le offre la cornice perfetta, la mostra
I Nipoti del Re di Spagna. Anton
Raphael Mengs a Palazzo Pitti , (aperta fino all’8 gennaio 2018) a cura di Matteo Ceriana e
Steffi Roettgen (catalogo Sillabe) è focalizzata sui ritratti dinastici dei
Granduchi del casato Asburgo Lorena riunendo un gruppo di opere che non solo
illustrano un importante aspetto del contesto culturale e sociale dell’epoca di
Pietro Leopoldo, ma sono anche una testimonianza vivace del clima cosmopolita
che fece di Firenze un focolare efficace dell’illuminismo di matrice assolutista,
e non solo per l’Italia.
Anton Raphael Mengs, l’artista al centro del discorso
espositivo è, infatti, uno dei protagonisti intellettuali delle riforme
artistiche che si effettuavano in questi anni sia a Roma che a Madrid sotto gli
auspici dell’illuminismo promovendo una nuova visione dell’arte antica e
rinascimentale e inoltre rinnovando i principi dell’educazione artistica in
senso sistematico. Anche se il motivo per il suo soggiorno fiorentino era
piuttosto convenzionale, avendo come pittore di corte il dovere di realizzare
per il suo patrono – il Re di Spagna e nonno materno – i ritratti della
famiglia granducale, la mostra si dedica anche al contributo essenziale di
Mengs ai cambiamenti artistici nell’ambito fiorentino fino oggi piuttosto
negletto dalla critica.
Fulcro della
mostra è il Doppio ritratto di Ferdinando
e di Maria Anna di Lorena in età infantile il di cui acquisto recente ha
messo in moto l’iniziativa per questa mostra. Scoperto e riconosciuto come
opera di Mengs da Stefano Grandesso della romana Galleria Carlo Virgilio che da
decenni si dedica alla rivalutazione di epoche e contesti fuori del solito
repertorio degli antiquari, il dipinto ha trovato la sua degna e giusta dimora
nella Galleria Palatina dove fino ad ora mancavano ritratti dei figli di Pietro
Leopoldo e di Maria Luisa di Borbone, entrambi presenti in mostra con ritratti
singoli, che si accomunano al tenore del contrasto di concetti che fa quasi da
guida per le opere esposte.
Al ritratto di Pietro Leopoldo – sobrio, elegante,
ma anche conscio del proprio ruolo di sovrano – dipinto da Mengs durante la sua
permanenza a Firenze si oppone l’immagine vivace e gioiosa della futura sposa
da ragazza, dipinto da Lorenzo Tiepolo a Madrid nel contesto di una serie degli
infanti borbonici.
Ci voleva lo
straordinario impegno e la lungimiranza dei responsabili delle Gallerie degli
Uffizi per realizzare un acquisto che non solo arricchisce la già poderosa
collezione iconografica dell’istituto fiorentino ma segna anche una svolta
nella percezione dei ritratti dinastici che per decenni sono stati guardati con
poca simpatia il che ha accelerato l’ulteriore scioglimento delle poche
gallerie dinastiche ancora tenute dai casati aristocratici, spesso alienate
senza che si sapesse né da dove provenivano né chi raffigurano. Il grande
numero dei ritratti sradicati che hanno girato nel mercato senza la prospettiva
di poterli attribuire o identificare si spiega da questo fenomeno che equivale
a una perdita di storia sociale e familiare e di contesti culturali.
Al
ritratto dei due arciduchi un tale destino è stato risparmiato perché è
approdato in mano di antiquari esperti che si sono accorti del suo pedigree
eccellente. Così si è messo in moto il meccanismo che ha dato un futuro sicuro
a questo dipinto che però doveva essere prima liberato dalle tracce dei secoli
che avevano oscurato la sua apparenza. Solo allora si è scoperto che non era
stato portato a termine, circostanza che lo rende al giorno d’oggi più
attraente di quanto sarebbe stata nel secolo scorso quando fu ritoccato. Il
quadro appartiene allo stesso contesto dei tre ritratti conservati al Museo del
Prado, che erano stati commissionati da Carlo III di Spagna, raffiguranti i
quattro figli avuti fino a quel momento dai Granduchi di Toscana. L’identità
dei bambini, nati a quasi un anno di distanza l’uno dall’altra, è confermata
dal doppio ritratto del Prado nel quale sono raffigurati, però, in un
atteggiamento e con un’impostazione diversi. Esistono, inoltre, due disegni
presi dal vivo che li ritraggono entrambi a mezzo busto e fanno da tramite fra
il ritratto abbozzato a quello compiuto del Prado.
Ferdinando,
che indossa un abitino di seta rosa con pantaloni che lasciano scoperta una
parte dei polpacci e una sciarpa bianca che lo avvolge in vita, tiene in mano
un grande cappello nero con una piuma sempre di color rosa. Questo
abbigliamento elegante, che rinuncia alla messa in scena del suo rango di
rampollo reale, lo rende più adulto rispetto al pendant madrileno e inoltre gli
conferisce un tocco gioioso grazie al grande copricapo piumato. La sorellina è
vestita con un lungo abitino di colore verde acceso che crea un forte contrasto
con la tenda rossa sullo sfondo e la fodera rossa della poltrona. I tre colori
densi e puri, ma in equilibrio tra di loro, si adattano poco alla gamma
cromatica allora in uso per i ritratti di corte.
Nel suo
stato incompiuto il dipinto della Galleria Palatina esprime una sorprendente
modernità interpretativa della fisionomia e del carattere infantile, tale da
far dimenticare l’eccezionale rango sociale dei fanciulli che qui si presentano
piuttosto come una graziosa coppietta che si prepara al ballo. La vivacità dei
colori abbinati magistralmente accentua l’immediatezza insolita della loro
immagine che si allontana vistosamente dalla ritrattistica ufficiale.
Maria Paola
Forlani
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