Van Gogh
Tra il grano e il cielo
Van Gogh è
protagonista di una grande esposizione a lui dedicata fino all’8 aprile 2018
nella Basilica Palladiana di Vicenza a cura di Marco Goldin (Catalogo Linea
d’Ombra).
Van Gogh. Tra grano e cielo, presenta eccezionalmente un numero
altissimo di opere del pittore olandese, 43 dipinti e 86 disegni. Con l’apporto
fondamentale di quello scrigno vangoghiano che è il Krőller-Müller Museum in Olanda. La mostra
ricostruisce con precisione l’intera vicenda biografica, ponendo dapprincipio
l’accento sui decisivi anni olandesi, che dall’autunno del 1880 nelle miniere
del Borinage, per la verità in Belgio, fino all’autunno del 1885 a conclusione
del fondamentale periodo di Nuenen, sono una sorta di stigmate infiammata e
continuamente protratta. Una vera e propria via crucis del dolore e nella
disperazione del vivere. Ѐ come entrare nel laboratorio dell’anima di Van Gogh, in quel
luogo segreto, solo a lui noto, nel quale si sono formate le sue immagini.
Spesso nella
condivisione dei temi in primo luogo con Jean-François Millet e poi con gli artisti
della cosiddetta Scuola dell’Aia, una sorta di versione olandese della Scuola
di Barbizon.
E in questo
laboratorio ci si addentra con rispetto e con circospezione, facendosi aiutare
dalle fondamentali lettere che Vincent inviava, come un vero e proprio diario
del cuore straziato, in modo particolare al fratello Théo, ma non solo. Le
lettere costituiscono quindi, giorno dopo giorno, come fogli di un diario, il
filo conduttore della mostra, perché attraverso le parole si possa penetrare
fino in fondo nel mistero struggente della bellezza di un’opera che non cessa
di affascinarci. Perché così fortemente connaturate alla presentazione di una
vita sempre al limite. Dalle prime lettere legate all’attività artistica, del
settembre del 1880, quando compaiono i disegni inaugurali, fino a quella
conclusiva in tasca quando si spara un colpo di rivoltella, alla fine di luglio
di dieci anni dopo, a Auvers-sur-Oise.
L’indubbia
malattia psichica che l’ha portato al suicidio ha creato intorno a Van Gogh la
leggenda del disadattato. Ma Van Gogh non era un romantico disperato,
disadattato sul terreno personale e sociale.
Ė vero, egli è sempre combattuto tra il desiderio di isolarsi dalla banale
volgarità del mondo e la voglia di “ritornare dall’esilio…nel mondo della
pittura”, dove tuttavia bisogna tener testa agli intrighi continuamente
tessuti. Ma in questo perenne conflitto, il suo spirito non si piega, non
rinuncia, non si assuefà alla mediocrità che sembra vincente.
In politica,
come tanti altri, Van Gogh è un “repubblicano” (nel senso di allora) deluso, ma
ancora capace di trasportare nell’arte gli ideali che in politica non vede
realizzabili. Realizzarli nell’arte è invece possibile e necessario.
Sintomatica una lettera da Arles, scritta nei giorni in cui Van Gogh dipingeva
il postino Roulin. Dopo aver dichiarato che ciò che aveva imparato a Parigi,
cioè le idee degli impressionisti, se ne andava e che le sue idee erano state
più “fecondate” da quelle di Delacroix che dalle loro, Van Gogh espose con
grande chiarezza il rapporto che deve esistere nel quadro tra il contenuto
umano e quello sociale (“Noi abbiamo letto La
Terre e Germinal, i romanzi di Zola; e se dipingiamo un contadino, vorremmo
mostrare che questa lettura ha fatto corpo con noi”).
Significativo
in mostra è il pastello Vecchio che
soffre (1882). Il 24 novembre Van Gogh scrisse al fratello Théo: <<
Ieri e oggi ho disegnato due figure di un vecchio che siede con i gomiti sulle
ginocchia, tenendosi la testa fra le mani. Molto tempo fa Schuitemaker ha
posato per me e ho tenuto il disegno perché ne volevo fare uno migliore un
giorno. Forse ne farò una litografia. Quanto è bella la figura di un vecchio
operaio, con i suoi abiti rattoppati in fustagno e il capo calvo>>.
Nel febbraio
del 1888 Van Gogh lascia Parigi per il sud della Francia. Si stabilisce ad Arles
e scopre la Provenza sotto la neve. Quando arriva la primavera, nell’aria
trasparente fili di luce candida s’impigliano nei rami come fiocchi di neve
mischiati ai fiori dischiusi. In questa luce, Vincent pensa di aver trovato il
paradiso; dipinge senza sosta. Lo stile delle stampe giapponesi, così evidente
nelle opere di questo periodo, nasce dai rapporti tra il colore e il tratto che
definiscono uno spazio e un’atmosfera, una forma e una luce da cui il chiaroscuro
è assolutamente escluso. Nel Ponte di
Langlois (in mostra) quest’influsso si manifesta nel modo di utilizzare i
colori chiari, limpidi e trasparenti e nella nettezza calligrafica del disegno.
<<Il paese mi sembra altrettanto bello del
Giappone, per la limpidezza dell’atmosfera e gli effetti di vivacità del
colore. Le acque formano delle macchie di un bel verde smeraldo e di un blu
carico nei paesaggi, così come li vediamo nei tessuti>>. Vincent a
Bernard.
Continua la
rappresentazione desolante di vecchi raccolti nel loro dolore con un’opera di grande carica drammatica Vecchio che soffre (“Alle porte
dell’eternità”) (1890).
Scrive al
fratello Théo: <<Per me i disegni sono come il seme, e più si semina più
si può sperare di raccogliere>>. Disegna quindi <<un’intera massa
di povera gente>>, in particolare le persone dell’ospizio. Qui conosce
Adrianus Zuyderland, l’anziano che gli è servito da modello per il disegno,
citato nella lettera al fratello dal quale trarrà la litografia Alle porte dell’eternità da cui deriva
il titolo dell’opera presente in mostra. Più di sette anni dopo, infatti,
esattamente nel maggio del 1890, Van Gogh riprende, trasportandolo per la prima
volta sulla tela, questo soggetto tanto amato.
Il
<<vecchio che siede assorto nei suoi pensieri, e che altre volte
l’artista aveva descritto come raccolto in preghiera, assume questa volta una
connotazione dolorosa cui non è estranea la condizione stessa dell’artista che,
da fine febbraio a fine aprile del 1890, ha trascorso un periodo di forte
prostrazione psicologica nell’istituto di Saint-Paul-de-Mausole a Saint- Rémy,
dove è ricoverato dal maggio precedente. Dopo aver superato questa crisi che
aveva messo <<in pericolo ciò che mi resta di ragione e di capacità
lavorativa>>, l’artista recupera quel po’ di serenità che gli consente di
tornare al lavoro.
In
quest’ultimo tempo a Saint-Rémy, che precede di poco la tragica conclusione a
Auvers della sua esistenza, Van Gogh significativamente riprende alcuni motivi
del periodo di Nuenen intitolandoli Ricordi
del Nord.
L’opera Vecchio che soffre (esposta in mostra)
può essere letta anche nei termini di un’identificazione tra lo stato d’animo
dell’artista e quello del soggetto dipinto che sente, ormai, la propria
esistenza “alle porte dell’eternità”.
La figura in
una posizione di totale raccoglimento ha il suo fulcro nei pugni nervosamente
chiusi a nascondere il volto. Amplificato dalla nuda stanza, di un tenue verde
violaceo, in cui arde appena un piccolo fuoco dalle deboli fiamme, il senso di
muta sofferenza è ulteriormente accentuato da una pennellata frammentata, breve
e insistita che costruisce i volumi della figura. A contenerli, con morbido ductus, corre lungo tutto l’abito una
linea di un blu profondo.
Maria Paola
Forlani
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