domenica 1 luglio 2018

ISLAM


Islam e Firenze

Arte e collezionismo dai Medici al Novecento


La giraffa che il Sultano d’Egitto Qayt Bay inviò in dono a Lorenzo il Magnifico nel 1487, e che testimoniava i buoni rapporti che intercorrevano fra la corte dei Medici e il mondo islamico, ebbe purtroppo vita breve: seppure tenuta in stalle speciali fatte appositamente costruire nella villa di Poggio a Caiano e in via della Scala, a Firenze, si incastrò con la testa fra le travi del soffitto e morì, spezzandosi l’osso del collo, meno di due mesi dopo.
Animale praticamente sconosciuto nella Firenze di allora, fu celebrato in pittura da artisti come Francesco Botticini, Giorgio Vasari, Bachiacca, Piero di Cosimo. Quella impagliata che si vede agli Uffizi, proveniente dal museo di storia naturale de La Specola, nell’ambito della grande mostra “Islam e Firenze. Arte e collezionismo dai Medici al Novecento”  è invece quella che il Vicerè d’Egitto donò al Granduca Leopoldo II negli anni 30 del XIX secolo.
Si tratta di una sontuosa rassegna di arte islamica, curata da Giovanni Curatola e organizzata dagli Uffizi con il Museo Nazionale del Bargello, altra sede espositiva (catalogo Giunti), aperta fino al 23 settembre. Ė un’occasione unica per scoprire conoscenze, scambi, dialoghi e influenze tra le arti di Occidente e Oriente.
La mostra mette in evidenza non solo gli interessi per la cultura islamica ben radicati già nel collezionismo mediceo, e continuati fino in epoca moderna, ma testimonia anche la fascinazione estetica per l’Oriente che, senza pregiudizi, ha sempre permeato l’arte europea.

 E inoltre porta alla nostra attenzione l’importanza fondamentale degli scambi commerciali, ma soprattutto intellettuali e umani, nel bacino mediterraneo e oltre, come mezzo di arricchimento e di pace.

Per D’Agostino, il direttore dei Musei del Bargello, la rassegna è “importante non soltanto per capire il ruolo dei Medici e di Firenze nei rapporti con il vicino e lontano Oriente nel Rinascimento e oltre, ma anche per svelare al pubblico il ruolo fondamentale che la città gigliata ebbe alla fine dell’Ottocento negli scambi intellettuali e collezionistici italiani e stranieri per la creazione di nuclei museali di arte islamica e di eccellenza museografica, tra cui quello del Museo Nazionale del Bargello è a tutt’oggi uno dei più importanti in Italia.


L’interesse antico di Firenze per il mondo islamico, è testimoniato già nei diari dei mercanti fiorentini Simone Sigoli, Leonardo Frescobaldi e Giorgio Gucci che nel 1384, durante il loro pellegrinaggio in Terrasanta, visitarono anche il Cairo e Damasco, stupiti dalla quantità e dalla straordinaria bellezza dei manufatti tanto che arrivano ad affermare: “…veramente tutta cristianità per un anno si potrebbe fornire di mercanzia in Damasco”.


Protagonista di questa iniziativa congiunta tra Bargello e Uffizi è dunque l’arte islamica con i suoi straordinari tappeti, i “mesci roba” e vasi “all’azzimina” ovvero ageminati (tecnica di lavorazione dei metalli per ottenere una decorazione policroma), vetri smaltati, i cristalli di rocca, gli avori, le ceramiche a lustro: queste ultime in verità provenienti dall’Islam Occidentale, la Spagna, e da noi chiamate majolica dall’ultimo porto di partenza, Majorca.

A Firenze si conserva un nucleo importantissimo di arte islamica, quasi 3.300 opere donate nel 1889 dall’antiquario lionese Louis Carrand al Museo Nazionale del Bargello, già allora tra i principali musei d’Europa. La sala islamica del Bargello fu allestita nel 1982 da Marco Spallanzani e da Giovanni Curatola, su impulso di Paola Barocchi e dell’allora direttrice, Giovanna Gaeta Bertelà, che hanno posto il meglio dell’Islam in relazione con Donatello e i capolavori della statuaria del Rinascimento.

La mostra si articola in due sedi espositive: al Bargello viene illustrato un periodo fondamentale di ricerca, collezionismo e allestimenti museali di fine Ottocento e inizio Novecento, con opere della già citata donazione Corrand e dell’altro grande collezionista inglese, Fredeerick Stibbert, ma anche dei toscani Stefano Bardini e Guido Franchetti. In quegli anni Firenze era frequentata da importanti collezionisti, italiani e stranieri, direttori di musei, curatori, conoscitori, tra i quali Wihelm von Bode e Bernard Berenson, entrambi estimatori anche di arte islamica
. Ė in quel clima culturale, grazie anche alla lungimiranza di grandi direttori del Bargello come Igino Benvenuto Supino, che si formò una delle più importanti collezioni di arte decorative del mondo: e all’epoca l’Islam non era certo considerato periferico, tutt’altro.

Agli Uffizi, l’altra sede espositiva, sono raccolte le testimonianze artistiche dei contatti fra Oriente e Occidente: le suggestioni (a partire dai caratteri arabi delle aureole della Vergine e di San Giuseppe e dai costumi nell’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano) e i ritratti di sultani della serie gioviana per mano di Cristofano dell’Altissimo.
E ancora gli esemplari preziosi della lavorazione dei metalli, ricercatissimi già dai tempi di Lorenzo il Magnifico, le ceramiche orientali, o quelle ispano-moresche con stemmi nobiliari fiorentini. Stoffe e grandi tappeti provenienti dall’Egitto mamelucco di fine Quattrocento o degli inizi del Cinquecento, entrati molto presto nelle collezioni medicee-granducali, i vetri, i metalli che hanno influenzato la coeva produzione italiana, e non ultimi gli splendidi manoscritti, fra i quali spiccano le pagine del più antico codice datato (1217) del “Libro del Re” del persiano Firdusi, posseduto dalla Biblioteca Nazionale, e gli esemplari orientali della Biblioteca Medicea Laurenziana, rari per datazione e provenienza.


Un percorso spettacolare, vario, e affascinante attraverso secoli di scambi e contaminazioni culturali, arricchito anche di prestiti provenienti da importanti musei italiani.

Maria Paola Forlani



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