Pupi Avati
Prepara il suo prossimo film a
Rovigo, tratto dal suo romanzo
Il Signor Diavolo
Nella
semplicità della cultura arcaica contadina era tutto più definito, così tanto
che il Diavolo poteva essere identificato anche con un povero innocente, un
ragazzino con problemi fisici e mentali: lo racconta il regista e scrittore nel
suo romanzo “Il Signor Diavolo” Edizione Guanda (pagine 202, euro 16,00).
Sulla pagina
e col suo cinema, in tanti film come “Balsamus,
l’uomo di Satana”, “Thomas e gli indemoniati”, “La mazurka del barone, della
santa e del ficofiorone”, “La casa delle finestre che ridono”, “Zeder” e “L’arcano incantatore”, Avati è grande
cantastorie degli intrecci fra occulto, credenze popolari e religiose.
Il romanzo:
“Il Signor Diavolo”
Anni
cinquanta, Italia. Il pubblico ministero Furio Momentè sta raggiungendo Venezia
da Roma, inviato dal tribunale per un processo delicato. Un ragazzino di
quattordici anni ha ucciso un coetaneo, e la Curia romana vuole vederci chiaro,
perché nel drammatico caso è implicato un convento di suore e si mormora di
visioni demoniache. All’origine di tutto c’è la morte, due anni prima, di
Paolino Osti. Malattia, hanno detto i medici, ma secondo Carlo, il suo migliore
amico, Paolino è morto per una maledizione: Emilio lo ha fatto inciampare
mentre, in chiesa portava l’ostia consacrata per la comunione. Sacrilegio…E
Paolino sul letto di morte avrebbe mormorato “Io voglio tornare”. “Far tornare”
l’amico per Carlo è diventata un’ossessione che ha messo in moto oscuri rituali
e misteriosi eventi. Fino alla morte di Emilio, ucciso da Carlo con la fionda
di Paolino. Almeno così pare…
Pupi Avati
punta sui personaggi e sull’ambientazione per catturare il lettore e
invischiarlo in una storia torbida che fa leva sulle sue paure ancestrali.
A Lio
Piccolo, nel cattolicesimo veneto, paese di poche anime, avvolto nelle nebbie e
circondato dalle paludi della laguna veneziana, un ragazzino uccide un
coetaneo. Gli anni sono quelli del dopoguerra, ancora pesantemente segnati
dalla distruzione e dalle privazioni del conflitto; il caso potrebbe essere di
facile risoluzione, vista l’ammissione di colpa dell’imputato, se il giovane
assassino non avesse tirato imballo niente di meno che il Maligno in persona, una
suora e un sacrestano.
Un omicidio
vendetta, istigato da esponenti del clero, perpetuato ai danni di un ragazzo
con disturbi fisici e mentali e accusato di essere il diavolo in persona. Un
potenziale scandalo in grado di ledere molti interessi, religiosi ma anche (e
soprattutto) politici.
A indagare
il caso, col compito di calmare le acque, sollevando Chiesa da ogni tipo di
sospetto e assicurando il consenso democristiano della comunità, viene mandato,
dal Ministero della Giustizia di Roma, l’Ispettore Furio Momentè. Personaggio
ambiguo, tormentato e in cerca di riscatto personale e professionale, Momentè è
destinato a scontrarsi con le radicali credenze di un mondo contadino chiuso in
se stesso, geloso custode dei propri segreti e prigioniero di una religiosità
spesso gretta e venata di arcaiche superstizioni.
Pupi Avati
ci immerge in una storia intensamente nera, ritratto di una provincia non
addomesticata, mai del tutto compresa, un profondo Norest intriso di religione
e di superstizione e in cui i confini tra vita e mistero si spostano come
l’orizzonte delle paludi. Un mondo dove tutto sembra possibile. Anche
l’intervento del diavolo.
Maria Paola
Forlani
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