Icone di scienza
L’autopresentazione degli scienziati in mostra
a Bologna.
In età moderna
gli scienziati dovevano legittimare la propria posizione nei circoli culturali
e lo facevano anche attraverso un’accurata rappresentazione di sé in quadri, medaglie,
scritti autobiografici ora in mostra a Palazzo Poggi di Bologna.
Nel marzo del
1649 Frans van Schooten manda al proprio maestro, Renè
Descartes, la prova di ritratto
in incisione che doveva accompagnare le opere a stampa del filosofo e scienziato
francese. Il 2 aprile Descartes risponde ringraziando l’amico per il bel lavoro,
ma suggerendo due modifiche, Innanzitutto, bisogna togliere dall’iscrizione che
lo accompagnava il titolo nobiliare per la sua nota avversione nei confronti di
qualsiasi titolo. Inoltre, era da eliminare anche la data di nascita: avrebbe
permesso agli astrologi del tempo di dedurre il tema natale, contribuendo così
a legittimare una disciplina che invece la nuova scienza, di cui Descartes è
uno dei rappresentanti, disprezzava.
Questo è solo un
piccolo episodio della vita di Descartes ma mostra con quanta cura gli
scienziati dell’epoca moderna cercassero di controllare l’immagine che davano
di sé. È proprio
l’autopresentazione degli scienziati il tema della mostra che ha da poco aperto
a Palazzo Poggi di Bologna e intitolata Icone di scienza. Autobiografia e ritratti di naturalisti
bolognesi della prima età moderna (aperta fino al 30 settembre).
Nella storia
della scienza, il Seicento è un momento cruciale. Si mette a punto il primo
nucleo del metodo scientifico, proprio a partire da esperienze come quella di
Descartes, che nel 1637 pubblica anonimo il suo celebre Discorso sul metodo. È anche il secolo di Galileo Galilei e della
nascita della sperimentazione come la intendiamo ancora oggi. Sul fronte
istituzionale, è proprio nel Seicento che nascono le prime accademie delle
scienze: l’Accademia dei Licei (1600), l’Accademia del Cimento (1657), la Royal
Society (1660), l’Accademia Royal des Sciences (1677). Ma è un momento storico
in cui la scienza deve ancora largamente combattere per affermarsi all’interno
dei circoli culturali, <<basti pensare>>, afferma Marco Beretta,
curatore della mostra bolognese, <<che quando Galilei insegnava a Padova
occupava l’ultimo posto nel corteo durante la cerimonia di apertura dell’anno
accademico>>. La gerarchia dei saperi dell’epoca relegava le discipline
scientifiche in una posizione secondaria ed è questo uno dei motivi per cui
tutti gli esponenti della scienza in Età Moderna, compresi quelli talentuosi,
devono faticare per vedere riconosciuto il propri ruolo, per vedere legittimata
la propria disciplina come parte della cultura dell’epoca.
Icone di scienza racconta questo passaggio importante, ma ancora poco esplorato, attraverso 105 oggetti provenienti dal patrimonio secolare dell’Università di Bologna: molti quadri, ma anche medaglie, sculture, monumenti di vario genere e non poche autobiografie. Oltre a far circolare la propria immagine, queste autorappresentazioni mostrano come questi protagonisti della scienza moderna volessero apparire ai posteri, in una complessa e raffinata opera di comunicazione della scienza ante litteram. E che non si trattasse, spesso, di personalità miti lo testimonia in modo emblematico l’iscrizione che l’anatomista Marcello Malpighi ha fatto mettere nella sua Memoria, un dipinto che si trova nell’attuale Biblioteca dell’Archiginnasio, prima sede dello Studio bolognese: “Ti fa meraviglia la brevità di questa iscrizione? Un nome grande non ha bisogno di fronzoli: basta che si pronunzi. Perché si vuole che il marmo traccia il resto? Perché tutte le generazioni parleranno di Malpighi”
Lo stesso Malpighi è stato al centro di dispute scientifiche accesissime, come era tipico dell’epoca. Nel suo caso, alle questioni intellettuali si sono mescolate anche questioni familiari che riguardavano litigi circa terreni contesi con altre famiglie. Ma era tutta la classe di naturalisti a dover legittimare le proprie scoperte in modo per peer review e per riviste specializzate. Per questo motivo per esempio, Domenico Maria da Novara, che è stato anche insegnante di Nicolò Copernico mentre era studente all’università felsinea, faceva grande ricorso all’aneddoto personale per legittimare le proprie osservazioni e scoperte. Nel pronostico astrologico del 1501 (i pronostici rimangono obbligatori per l’astronomo dell’Università fino al 1799) sottolinea come i risultati di cui scrive sono in parte dovuti ai dialoghi tenuti con il senatore e mecenate Mino Roscio: un po’ a dare lustro a uno dei finanziatori dell’impresa scientifica di allora e un po’ a chiamarlo a testimonianza.
A scrivere una
vera e propria autobiografia è Girolamo Cardano,
medico e matematico già molto famoso
nell’Europa dell’Età moderna. La sua vita è sviluppata <<con grande
originalità>> in questo genere letterario emergente. La sua Vita, è
cosparsa di riferimenti ai sogni, che Cardano interpretava come indicazioni per
la giusta via per arrivare alle scoperte. Proprio uno di questi sogni è
rappresentato nel rovescio della medaglia che nel 1544 il medico commissiona a
Leone Leoni per farla circolare nella comunità degli studiosi. Il dritto è,
ovviamente, un ritratto di Cardano stesso.
Alla fine del Seicento, in un contesto di riforma dell’Università basata maggiormente sul merito che sul rango, nasce a Bologna l’Istituto di Scienze. Almeno in parte è il riconoscimento del ruolo che ormai le discipline scientifiche hanno acquisito in questo percorso di legittimazione nell’Età Moderna.
L’Università di Bologna rappresenta un unicum mondiale per la presenza di un certo numero di donne, la cui più famosa Laura Bassi, la prima donna a essere titolare di una cattedra. <<Certo>>, sottolinea Beretta, <<era più facile, trattandosi di fisica sperimentale, una materia che fino ad allora non esisteva>>. Non si pestavano, cioè, i piedi di nessuno che potesse aspirare allo stesso posto. <<È però innegabile che anche papa Benedetto XIV – perché siamo sempre nello Stato Pontificio – diede il proprio benestare perché una donna occupasse una cattedra universitaria>>. Una condizione, quella femminile all’interno dell’accademia, che è andata peggiorando nel secolo successivo e ancora oggi non è un problema superato.Con il sorgere
dell’Istituto di Scienze, la spinta all’autorappresentazione – racconta la
mostra che si fa ancora più sentita e davvero diffusa. È un momento di passaggio decisivo, unito alla
diffusione delle idee illuministiche, che darà la definitiva spinta
all’affermazione delle discipline scientifiche. È proprio <<in questo particolare
contesto intellettuale>>, che ritratto e autobiografia assumono una forma
quasi collettiva, venendo così a costituirsi come una galleria di uomini (ed
alcune donne) la cui esposizione tra i corridoi di Palazzo Poggi sottolinea un
nuovo rito di passaggio della scienza moderna, durante il quale le singole
personalità e abilità confluivano finalmente in un’organizzazione autonoma
capace di valorizzare meriti e funzioni.
M.P.F.
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