Alla maniera di Guido Reni
Dipinti dai depositi della Pinacoteca
Nazionale di Bologna
Guido Reni (Bologna 1575 –
1642) entra nell’ambito dei Carracci dopo un primo allunato presso Domenico
Calvaert (Anversa, Belgio 1540 – Bologna, 1619), fiammingo di nascita ma
bolognese di adozione, un pittore ancora legato al manierismo. Intorno al 1600
il Reni è a Roma mentre Annibale Carracci lavora alla
Galleria Farnese e Caravaggio terminato il ciclo di San
Luigi dei Francesi, sta per iniziare le tele di Santa Maria del Popolo. Ha così modo di maturarsi, confrontando le
due diverse personalità, di ognuna delle quali è debitore nella ricerca
della propria via.
A Roma il Reni soggiorna
(salvo qualche viaggio a Bologna) per vari anni, conquistandosi una posizione
di primo piano, finchè, nel 1614, torna definitivamente in patria dove,
universalmente ammirato, resta fino alla morte.
La grande fama di Guido Reni,
durata inalterata non soltanto in Italia, ma anche in Francia, come modello di
perfezione classica fino a tutto il neoclassicismo, ha subito un declino dal
romanticismo in poi, quando si è visto, in quella perfezione, un edonismo
esteriore e, nei suoi quadri religiosi, un pietismo controriformistico
edificante. Ovviamente nel secolo scorso e in questi ultimi decenni la sua
pittura è stata riconosciuta criticamente per la sua grandezza e per il suo
straordinario valore.
Il dilemma del Reni consiste
nel <<desiderio, in lui acutissimo, di una bellezza antica, ma che
racchiuda un’anima cristiana>> (Longhi). Egli torna all’ideale di
bellezza assoluta del rinascimento, che, a sua volta, ha la sua più lontana
origine non nel classicismo greco ma quello romano, e che permette anche nel
Seicento, trovando la sua formulazione nelle parole del teorico Giovan Pietro
Bellori, il quale, nella seconda metà del secolo, scriverà che, essendo gli
oggetti creati dalla natura sempre imperfetti, <<li nobili pittori e
scultori – si formano – nella mente un esempio di bellezza superiore, ed in
esso riguardando emendano la
Natura >> (1672).
Nella scuola di Guido Reni
passarono secondo il Malvasia oltre duecento allievi italiani e stranieri, due
generazioni di pittori che si sono misurati con gli insegnamenti e lo stile del
grande maestro.
L’evento consente di mettere
a confronto un cospicuo gruppo di dipinti di notevole qualità, custoditi nei
depositi della Pinacoteca Nazionale di Bologna, che fino ad ora sono stati
esposti per periodi limitati, solo in occasione di mostre temporanee e mai
tutti insieme. Il dialogo tra le opere realizzate dagli artisti formati alla
scuola reniana, permette di cogliere la pluralità di differenti registri con
cui gli allievi, educati nel mito del “divino” Guido, ne interpretarono la
lezione, diffondendola in Italia e in Europa.
“Fu tanta e tale insomma la fama e ‘l grido ch’egli
ebbe, che parve, che a suoi tempi non fosse stimato buon pittore chi d’essere
stato suo scolare non si fosse potuto pregiare; facendogli gran fortuna il sol
nome di un tanto maestro…” C.C. Malvasia.
I 21 dipinti esposti sono
opere di artisti attivi tra la prima e la seconda metà del ‘600 che si
formarono nell’ambito della scuola di Guido Reni o che furono influenzati dalla
sua maniera. Questi artisti divennero interpreti della lezione del classicismo
reniano, operando la diffusione di questo gusto nel contesto culturale
bolognese, italiano ed europeo.
La mostra si apre con l’intenso
ritratto di Guido Reni di Simone Cantarini, l’unica opera permanentemente
esposta nelle sale della Pinacoteca Nazionale di Bologna, il percorso
espositivo si articola quindi in cinque sezioni.
Le prime due sezioni
illustrano il metodo di insegnamento praticato all’interno della scuola reniana
che si fondava sulla pratica del disegno dal vero e da modelli grafici del
maestro, in sintonia con l’insegnamento dei Carracci e le teorie dell’Agucchi e
del Bellori. In queste sezioni sono esposte opere di Giovan Giacomo Sementi e
di Francesco Gessi che appartengono alla prima generazione degli allievi di
Reni.
La terza e la quinta sezione
presentano dipinti di artisti che frequentarono la bottega del Reni negli anni
Trenta, quando la fama dell’artista, in seguito alla commissione di opere da
parte della corte spagnola, francese e inglese raggiunse un apice europeo.
È in questo periodo che approdarono alla sua bottega
artisti provenienti da tutte le parti d’Italia: dalle Marche Simone Cantarini,
dalla Lombardia Carlo e Pier Francesco Cittadini, da Napoli Nunzio Rossi per
citarne solo alcuni, ma anche pittori stranieri quali i francesi Pietro Lauri e
Jean Boulanger e il fiammingo Desubleo, mentre tra i pittori bolognesi che
frequentarono la bottega del maestro in questo periodo, sono da ricordare
Giovan Battista Bolognini, Lorenzo Lolli e Giovan Andrea Sirani.
“Fra questi il più notevole e manifesto era poi sempre
la moltitudine degli scolari, che come di tutti i paesi, formavano con la
varietà delle lingue e de’ costumi un curioso e dilettevole compendio di tutte
le nazioni in una sola casa così con indiscreto miscuglio che terminava per lo
più in contrasti, bagordi ed insolenze, tenevano sempre stordito ed impegnato
il maestro”
C.C. Malvasia
Un’ultima sezione della
mostra è dedicata ai dipinti da stanza che si ispirano in larga misura ai
prototipi reniani, raffiguranti soggetti allegorici, mitologici o le eroine
della storia antica o biblica che godettero di una larga fortuna presso la
committenza del tempo.
“Seguirono la sua maniera, o cercarono accostarvi
sempre, non solo suoi allievi, come il Pesarese, il Gessi, il Sementi, il
Cagnacci, il Lanfranco e simili, ma que’d’altre città e di contrarie anco
scuole, come Andrea Sacchi, lo stesso Cortona, il Maratti ed ogni altro
caricando anch’essi sterminatamente di biacca; e come avverte Ridolfi, tutti
dopo Tintoretto aver procurato d’imitare la sua forza ed energia, così tutti
dopo Guido, han cercato la sua tenerezza…”
C.C. Malvasia
Maria Paola Forlani
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