Gherardo delle Notti
Quadri bizzarrissimi e cene allegre
La mostra Gherardo delle Notti. Quadri bizzarrissimi e
cene allegre (Firenze, Galleria degli Uffizi, aperta fino al 24 maggio) a
cura di Gianni Papi (catalogo Giunti) è in assoluto la prima che viene dedicata
a Gerrit van Honthorst, il grande artista olandese che trascorse in Italia
circa dieci anni fra il 1610-1611 e il 1620, quando all’inizio dell’estate fece
definitivamente ritorno nella natia Utrecht.
Il periodo dell’attività
italiana del pittore è quello qualitativamente più ricco e denso di novità
stilistiche. Il suo accostamento alla rivoluzione caravaggesca fu pressoché
immediato e i suoi primi dipinti attestano la forza e la crudezza dell’arte di
un giovane pittore nordico folgorato dal naturalismo del Merisi.
Honthorst diventò in poco
tempo un grande protagonista e le sue prove ebbero l’onore di occupare altari
importanti delle chiese romane e genovesi, successo non così comune per un
maestro di forte impronta naturalistica. Ben presto fu ricercato da prestigiosi
collezionisti, come il marchese Vincenzo Giustiniani e il Granduca di
Toscana
Cosimo II. È proprio anche grazie alla passione di Cosimo II per
Gherardo se oggi Firenze, e nella fattispecie
Anche l’ambasciatore mediceo
a Roma, Piero Guicciardini, commissionò a Gherardo nel 1619 la pala per
l’altare della sua cappella (la maggiore) in santa Felicita: quella grande Adorazione dei pastori dipinta a lume
di notte, che fu vittima dell’attentato
mafioso degli Uffizi nel 1993.
Gli anni italiani di Gherardo
sono quelli irripetibili dell’esplosione caravaggesca, gli anni in cui da ogni
parte d’Italia, dalla Francia, dalle Fiandre giungevano a Roma ondate di
artisti, sicuri di poter trovare nella città pontificia occasioni di studio e
di lavoro che nessun’altra città d’Europa poteva consentire. La precedente
educazione artistica presso Abraham Bloemaert (la stessa avuta da Terbruggen
artista suo conterraneo, già in Italia da qualche anno prima rispetto
all’arrivo di Honthorst, e assai più amato ed apprezzato da Roberto Longhi)
viene rapidamente cancellata dagli stimoli e dalle novità che Roma offriva.
Agli Uffizi, nella prima sala
della mostra, in cui vengono esposte opere di pittori che costituiscono
precedenti importanti per Honthorst (come Luca Cambiaso), sono presenti dipinti
di artisti attivi a Roma nel momento dell’arrivo del pittore olandese, che
possono averlo impressionato per le violente soluzioni luministiche come la Deposizione di Lucca di Paolo Guidotti e la grande
e sorprendente Negazione di san Pietro della
collezione Spier a Londra, al momento l’unica opera riconducibile alla stagione
italiana di Terbrugghen.
Già in questa sala, a
confronto con questi dipinti, è collocato uno dei grandi quadri della prima
fase di Honthorst, quella segnata da un luminismo molto violento e da atmosfere
più crude, nordiche, che appunto possono avvicinarlo a Terbrugghen e al
misterioso autore della Derisione di
Cristo della chiesa dei Cappuccini di Roma: la
Preghiera di Giuditta prima di uccidere Oloferne della Galleria Aaron di Parigi, cui seguono, per rappresentare
questo periodo iniziale del pittore, che dura probabilmente fino al 1614, il Cristo morto con due angeli del Palazzo
reale di Genova, la Cena con sponsali della Galleria degli
Uffizi e Gesù nella bottega di san
Giuseppe della Bob Jones University di Greenville.
Intorno alla metà del secondo
decennio del Seicento lo stile del pittore matura verso un linguaggio di grande
solennità caravaggesca e di equilibrata tensione stilistica, che lo faranno
particolarmente apprezzare da coloro che saranno i suoi principali committenti
a Roma: da una parte i fratelli Benedetto e Vincenzo Giustiniani (massimi collezionisti di opere
caravaggesche), dall’altra l’ordine religioso dei carmelitani. Per Vittore
Giustiniani, Honthorst eseguirà il meraviglioso Cristo dinanzi a Caifa, che
Oltre a questi grandi
capolavori pubblici, in mostra è una sequenza clamorosa di dipinti capitali
della stagione italiana, attestanti il livello di qualità e di profondità
espressiva, nonché la sofisticata gestione delle luci provocate dalle candele e
dalle torce, che Gerrit raggiunse nel secondo lustro del secondo decennio dalla
Derisione di Cristo del Los Angeles
Country Museum al Sansone e Dalila del
Museum of Art di Cleveland, dal Cristo
nell’Orto degli ulivi al Gesù nella
bottega di san Giuseppe,
dalla Negazione di san Pietro del Musée des Beaux-Arts di Rennes all’Orfeo del Palazzo Reale di Napoli, alle
tele già citate degli Uffizi tra le quali la celebre Adorazione del Bambino.
La successiva fase olandese,
cominciata dall’estate del 1620, è connotata nei suoi primi anni da un
linguaggio che risente dell’esperienza italiana, sebbene i contrasti
luministici rapidamente si attenuino, le atmosfere si alleggeriscano, le scene
conviviali diventino sempre più allegre fino all’eccesso; ma la qualità resta
molto alta, come testimoniano i pochi, selezionatissimi dipinti che in mostra
appartengono alla stagione di Utrecht: la Negazione di san Pietro di Minneapolis, il Figliol prodigo
dell’Alte Pinakothek di
Monaco di Baviera e il famoso Violinista
allegro del Rijksmuseum di Asterdam.
Due sale sono dedicate alle
opere di pittori contemporanei a Gherardo sulla scena romana, che mostrano
rapporti con lui in un fecondo scambio: Dirck van Baburen, anch’egli di
Urtrecht; Spadarino; Bartolomeo Manfredi, come Honthorst autore di fondamentali
scene conviviali; Giovan Francesco Guerrieri e Domenico Fiasella, che si
cimentarono in notevoli esperimenti a luce artificiale. Chiude la mostra la
sezione che documenta la grande influenza avuta dal pittore sullo sviluppo del
filone di pittura a lume di notte di candela, di Francesco Rustici, di Rutilio
Manetti, di Adam de Coster, di Mathias Stomer.
Maria Paola Forlani
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