Dolci trionfi e finissime piegature
Sculture in zucchero e tovaglioli
per le nozze fiorentine di Maria de’
Medici
La mostra “Dolci trionfi e
finissime piegature. Sculture in zucchero e tovaglioli per le nozze fiorentine
di Maria de’Medici”, aperta alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti di Firenze
fino al 7 giugno 2015, a
cura di Giovanna Giusti e Riccardo Spinelli (catalogo Sillabe), viene proposta
nella circostanza dell’Expo 2015 di Milano. L’esposizione prende avvio,
appunto, dal banchetto tenutosi in Palazzo Vecchio la sera del 5 ottobre 1600
per le nozze fiorentine di Maria de’Medici.
Di questo storico evento –
fondamentale anche per gli esiti della musica e della drammaturgia moderna –
gli storici ne hanno conoscenza dettagliata e documentata e, grazie alla
puntuale Descrizione che ne dette
Michelangelo Buonarotti il Giovane, ci sono noti tutti gli allestimenti
progettati dall’architetto (oltre scultore, scenografo, ingegnere) Bernardo Buontalenti per la tavola
regia e per quella degli ospiti e da
Jacopo Ligozzi circa
il fantasmagorico mobile, una ‘credenza’ a forma di giglio di Francia,
realizzato per presentare ai convenuti al banchetto ben duemila pezzi del
tesoro mediceo.
Inoltre, la documentazione
archivistica relativa a questa cerimonia, conservata presso l’archivio di stato
di Firenze, ha messo in evidenza il ruolo cardine avuto sia dalle sculture
realizzate per l’occasione in zucchero, ‘alimenti decorativi’ concepiti alla
stregua di veri e proprie opere d’arte – non a caso esemplificate su illustri
prototipi contemporanei dovuti agli scultori fiorentini di fine Cinquecento
quali Giambologna, Pietro Tacca, Gasparo Mola – sia quello delle virtuosistiche
piegature di tovaglioli di lino, ugualmente proposte nel corso del banchetto
alla meraviglia dei partecipanti.
Nel riprodurre in zucchero
alcuni dei capolavori della bronzistica del tempo concorsero i maestri
sopradetti – che sovrintesero il lavoro – così come artigiani – artisti
specializzati dei quali i documenti riportano i nomi e le relative professionalità,
mentre dei maestri ‘piegatori’ impegnati in quella circostanza, rimane ancora
sconosciuta l’identità.
Le sculture in zucchero
prodotte per il banchetto del 5 ottobre e ricordate dal Buonarotti, alcune di
dimensioni considerevoli (quella che raffigura Enrico IV a cavallo era alta due
braccia, cioè 115
centimetri e “Divinità”, alle ‘Cacce’ e a temi venatori
e pastorali suscitarono l’ammirazione della regina e degli ospiti,
qualificandosi come espressione raffinata della genialità degli artefici fiorentini
in un’occasione come questa, d’importanza politico-diplomatica senza precedenti
per Casa Medici.
Prendendo dunque le mosse da
queste nozze e da queste feste, l’esposizione cerca di rievocare il banchetto
con una suggestiva ricostruzione sia della ‘mensa regia’, sia della ‘credenza
del giglio’ e del suo arredo. Fulcro della rievocazione storica è la
riproduzione d’alcune di quelle figure in zucchero, oggi dovute alla sapiente
manualità della Fonderia a Strada in Chianti che hanno seguito rigorosamente le
tecniche di fusione tradizionali, parimente, le fantastiche ‘piegature’ di
tovaglioli realizzate dal maestro Joan Sullas si offrono come documento e
trasmissione di un’arte che vide a Firenze, con questo celebre banchetto, il
suo apogeo.
Sono pure presenti in mostra
le effigi dei principali protagonisti – la
neo-regina Maria ed Enrico IV – così come quelle dei tanti ‘comprimari’ che
dettero vita alla cerimonia e ai loro apparati. Tra questi, Michelangelo Buonarotti il Giovane che
ne redasse la puntuale cronaca; gli artisti che prestarono la loro opera nel
produrre oggetti o nel dirigerne la realizzazione (Gianbologna, Ligozzi, Cigoli, Buontalenti);
i musicisti e i letterati –
presenti con i libretti e gli spartiti degli spettacoli – che allietarono sia
il banchetto della sera del 5 ottobre, sia la recita dell’Euridice
rappresentata il giorno
successivo a Pitti.
Il 7 ottobre, si corse un palio sulla piazza del Prato (del quale resta memoria in una stupenda incisione della serie dei Capricci
di Callot), mentre l’8
ottobre Maria e il suo seguito, dopo un opulento banchetto nella ‘Sala delle
Statue’ a Pitti, furono omaggiati di uno spettacolo organizzato nel suo
‘casino’ in Valfonda da Riccardo Riccardi, del quale siamo a conoscenza da
alcuni affreschi posti nelle lunette di una sala al piano terreno
dell’edificio.
La sera del 9 ottobre fu poi
la volta della rappresentazione, nel Teatro Mediceo, del Rapimento di Cefalo su testo di Gabbriello Chiabrera, musiche di
Giulio Caccini e altri, scene e apparati di Bernardo Buontalenti coadiuvato da
Alessandro Pieroni. – che segnò la fine degli eventi legati al matrimonio
regale, conclusosi “con tanto universal diletto e contentamento”.
Il 13 ottobre Maria, “non
senza tenerezza comune di questa patria svisceratissima in verso di lei”,
lasciò Firenze alla volta di Livorno accompagnata dal granduca e dai principi
Medici, salutata dal popolo al suo passare. Arrivata a Pisa, vi rimase per
tutta la giornata del 14 recandosi nella chiesetta di Santo Stefano dei
Cavalieri e raggiungendo nel pomeriggio il porto labronico. Il giorno
successivo, la neo-regina si recò al santuario di Montenero a chieder la grazia
d’un tranquillo viaggio per mare e il 16 salpò alla volta di Marsiglia, con
numerosissimo seguito (circa milletrecento persone), salutata dai famigliari,
prendendo posto su una galera dell’ordine stefaniano
“per tanta vaghezza per
meraviglioso, e ricchissimo lavoro composta” – secondo Buonarotti, non
inferiore, in ricchezza e comodità, a quella che solcando il fiume Cidno
trasportava la Regina
d’Egitto – messale a disposizione da Ferdinando I, estremo omaggio della terra
toscana a questa principessa medicea salita al trono di Francia.
Maria Paola Forlani
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